L'Ue e la Libia, l'equilibrio difficile tra diplomazia e affari. Il parere del prof.
Andrea Santini
La crisi che sta sconvolgendo la Libia è destinata ad avere fortissime ripercussioni
economiche in tutta l’Unione Europea. Immediate sono state, ad esempio, le reazioni
dei mercati energetici, con la crescita del prezzo del greggio e la minaccia di sospensione
delle forniture di gas. Una situazione pericolosa, generata soprattutto dagli stretti
interessi energetici e finanziari che negli anni hanno legato questo Paese arabo –
e in particolare la sua leadership politica – ai sistemi economici degli Stati membri.
Ad Andrea Santini, docente di diritto dell’Unione Europea, Stefano Leszczynski
ha chiesto come mai l’Unione non abbia mai messo in pratica i principi etici a quali
è giuridicamente vincolata:
R. – Il trattato
come modificato dal Trattato di Lisbona contiene chiare indicazioni sui principi e
gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione ed è molto chiaro nel dire che l’azione
dell’Unione sulla scena internazionale si fonda su principi che comprendono, tra l’altro,
la democrazia, lo stato di diritto, l’universalità ed indivisibilità dei diritti dell’uomo
e il rispetto della dignità umana. Quindi, questi principi sono enunciati come chiari
riferimenti che l’Unione ha nel costruire relazioni con Paesi terzi.
D.
– Tuttavia, professore, sembra che questa condizionalità spesso ceda il passo a interessi
economici …
R. – Questo, se vogliamo, è poi anche uno dei problemi concreti
nel passare dalle affermazioni di principio alla fattiva realizzazione di questi principi,
e questo fa sì che in effetti queste clausole di condizionalità siano state applicate
fino ad oggi solamente in situazioni estreme, mentre in qualche modo sono state aggirate,
hanno trovato applicazioni molto più flebili in situazioni pur difficili ma non così
estreme.
D. – Oltre al malfunzionamento tecnico della politica estera
europea, a volte si ha un po’ l’impressione che l’Europa abbia proprio paura di andare
contro i propri interessi. E’ così?
R. – Certamente, in questo momento
probabilmente l’Unione sta vivendo anche una sorta di crisi di identità, in questo
come – direi – anche in altri settori più prettamente economici, se vogliamo.
D.
– Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea per recuperare terreno, rispetto a quanto sta
avvenendo ora nel Mediterraneo?
R. – Innanzitutto, l’Unione Europea
sarà necessariamente costretta, in qualche modo, dagli sviluppi più recenti che riguardano
da Libia da ultima, ma che nei giorni scorsi hanno riguardato l’Egitto e, prima ancora,
la Tunisia a ripensare in qualche modo la propria politica nei confronti del Mediterraneo.
D.
- Insomma, una interpretazione del Mediterraneo che vada un pochino al di là della
mera fucina di migranti clandestini …
R. – Sì: migranti da un lato,
energia, forse, dall’altro, ma al momento i rapporti con il Mediterraneo finora sono
stati probabilmente troppo centrati solo ed esclusivamente su questi due aspetti.
(gf)