Libia, raid aerei e centinaia di morti. Stop alle forniture di gas verso l'estero
In Libia, per il secondo giorno consecutivo l’aviazione avrebbe compiuto raid aerei
sui manifestanti riuniti nel centro di Tripoli. Le informazioni mancano di verifiche,
ma si parla ancora di centinaia di morti. E intanto, mentre si procede all’evacuazione
degli stranieri, si segnala il progressivo stop delle forniture di gas verso i Paesi
esteri. Lo si apprende da fonti qualificate di settore, che spiegano come la situazione
sia particolarmente complicata. La cronaca delle ultime ore, nel servizio di Amina
Belkassem:
Continua
il massacro in Libia. Secondo il canale satellitare Al Jazeera, uno dei pochi presenti
nel Paese, nuovi raid aerei sono avvenuti anche questa mattina su Tripoli, mentre
siti dell’opposizione parlano di migliaia di manifestanti diretti verso la Piazza
Verde nel centro della capitale. Alcuni abitanti riferiscono di continui scontri e
di un vero e proprio massacro compiuto contro i manifestanti che reclamano la fine
del regime del colonnello Gheddafi, al potere da 42 anni – un record per l’Africa
e per tutto il mondo arabo. Dopo le voci che lo davano in fuga verso il Venezuela,
Gheddafi ha fatto ieri notte una breve apparizione alla televisione di Stato: “Sono
a Tripoli”, ha esclamato. Seif al Islam, uno dei figli del leader, ritenuto suo probabile
successore – almeno fino alla rivolta di questi giorni – ha ammesso che sono stati
effettuati dei bombardamenti dell’esercito, però non contro la popolazione ma su depositi
di armi lontani dai centri abitati. Intanto, continua l’esodo degli stranieri. L’aeroporto
di Tripoli è nel caos, mentre si segnala la fuga via terra di migliaia di tunisini.
Anche l’Anp si è detta pronta ad accogliere gli sfollati palestinesi, mentre l’esercito
egiziano ha annunciato che rafforzerà i confini con la Libia, lasciati ormai senza
nessun controllo. Un valico, ha comunque assicurato il Cairo, sarà aperto per permettere
il passaggio dei feriti. La crisi che sta sconvolgendo la Libia è destinata
ad avere fortissime ripercussioni economiche in tutta l’Unione Europea. Immediate
sono state, ad esempio, le reazioni dei mercati energetici, con la crescita del prezzo
del greggio e la minaccia di sospensione delle forniture di gas. Una situazione pericolosa,
generata soprattutto dagli stretti interessi energetici e finanziari, che negli anni
hanno legato questo Paese arabo – e in particolare la sua leadership politica
– ai sistemi economici degli Stati membri. Ad Andrea Santini, docente di Diritto
dell’Unione Europea, Stefano Leszczynski ha chiesto come mai l’Unione non abbia
mai messo in pratica i principi etici a quali è giuridicamente vincolata:
R. – Il
trattato come modificato dal Trattato di Lisbona contiene chiare indicazioni sui principi
e gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione ed è molto chiaro nel dire che l’azione
dell’Unione sulla scena internazionale si fonda su principi che comprendono, tra l’altro,
la democrazia, lo stato di diritto, l’universalità ed indivisibilità dei diritti dell’uomo
e il rispetto della dignità umana. Quindi, questi principi sono enunciati come chiari
riferimenti che l’Unione ha nel costruire relazioni con Paesi terzi.
D.
– Tuttavia, professore, sembra che questa condizionalità spesso ceda il passo a interessi
economici…
R. – Questo, se vogliamo, è poi anche uno dei problemi concreti
nel passare dalle affermazioni di principio alla fattiva realizzazione di questi principi.
E questo fa sì che, in effetti, queste clausole di condizionalità siano state applicate
fino ad oggi solamente in situazioni estreme, mentre in altro modo sono state aggirate,
hanno trovato applicazioni molto più flebili in situazioni pur difficili ma non così
estreme.
D. – Oltre al malfunzionamento tecnico della politica estera
europea, a volte si ha un po’ l’impressione che l’Europa abbia paura di andare contro
i propri interessi. E’ così?
R. – Certamente, in questo momento probabilmente
l’Unione sta vivendo anche una sorta di crisi di identità, in questo come – direi
– anche in altri settori più prettamente economici, se vogliamo.
D.
– Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea per recuperare terreno, rispetto a quanto sta
avvenendo ora nel Mediterraneo?
R. – Innanzitutto, l’Unione Europea
sarà necessariamente costretta, in qualche modo, dagli sviluppi più recenti che riguardano
la Libia da ultima, ma che nei giorni scorsi hanno riguardato l’Egitto e, prima ancora,
la Tunisia, a ripensare in qualche modo la propria politica nei confronti del Mediterraneo.
D.
- Insomma, una interpretazione del Mediterraneo che vada un al di là della mera fucina
di migranti clandestini…
R. – Sì: migranti da un lato; energia, forse,
dall’altro. Finora, i rapporti con il Mediterraneo sono stati probabilmente troppo
centrati solo ed esclusivamente su questi due aspetti. (gf)