Entrate nel canale di Suez le due navi da guerra iraniane
Sono entrate all’alba di stamani nel Canale di Suez le due navi da guerra iraniane
di cui si parla da giorni. Si tratta del primo passaggio del genere dalla Rivoluzione
iraniana del 1979. Il servizio di Fausta Speranza:
Il passaggio
delle due navi, una fregata ed una nave di approvvigionamento, è stato autorizzato
dal Consiglio militare al potere in Egitto dall'11 febbraio, dopo la cacciata di Mubarak.
Una scelta diplomatica non semplice per il giovane governo ad interim: il Cairo è
un alleato degli Stati Uniti, ha un trattato di pace con Israele e le sue relazioni
con l'Iran sono tese da oltre tre decenni. A proposito di Israele, ha parlato subito
di “grave provocazione”. Al momento si è pronunciato un portavoce del Ministero israeliano
degli esteri: la presenza militare iraniana nel Mediterraneo – ha detto - “è provocatoria,
senza precedenti e rappresenta una sfida alla comunità internazionale”. Bisogna dire
però che si tratta di commenti alle notizie che vengono dall’Egitto: non ci sono ancora
conferme ufficiali della presenza delle navi da parte di Israele. Le due navi dovrebbero
raggiungere un porto siriano, presumibilmente quello di Tartus.
In Egitto,
tre generali parlano del cambiamento politico in atto nel Paese Il vicepresidente
nominato da Hosni Mubarak prima di lasciare il potere, il capo dei servizi segreti
Omar Suleiman, non è al palazzo presidenziale, come qualcuno aveva sospettato, ma
si trova a casa sua e non avrà alcun ruolo nel futuro dell'Egitto. Lo hanno affermato
con certezza, mettendo così fine ad una serie di voci che continuavano a circolare
in Egitto, tre generali che fanno parte del Consiglio Supremo delle Forze Armate,
Mohamed el Addar, Mokhtar el Molla e Mahmoud Shaheen, in un'intervista alla rete tv
egiziana "Dream". Inoltre i tre alti ufficiali hanno sostenuto che il governo attuale,
presieduto dal generale Ahmed Shafiq, anch'esso nominato da Mubarak nei suoi ultimi
giorni al potere, e che oggi ha subito un rimpasto, non avrà alcun ruolo nell'organizzazione
alle prossime elezioni legislative e presidenziali. Ne sarà nominato uno nuovo per
questo scopo, ma non è stato precisato quando. Stamane si è recato al Cairo il ministro
degli Esteri italiano, Frattini. Ha incontrato il capo del Consiglio Supremo delle
Forze armate egiziane, maresciallo Tantawi e poi il segretario generale della Lega
Araba, Amr Moussa.
Ancora scontri in Yemen tra manifestanti e filogovernativi Brevi
scontri sono avvenuti oggi a Sanaa tra manifestanti antigovernativi e sostenitori
del presidente Ali Abdallah Saleh con un bilancio di cinque feriti. Circa 200 manifestanti,
in gran parte studenti, accampati in una piazza davanti all'università hanno tentato
di avvicinarsi ad un'altra piazza ad qualche centinaio di metri dove si erano radunati
militanti del Congresso popolare generale (Cpg, il partito al potere). Questi hanno
allora attaccato i dimostranti con bastoni e pugnali, ferendone cinque, prima che
la polizia intervenisse a separare i due gruppi. La notte scorsa sono stati circa
un migliaio i dimostranti che hanno passato la seconda notte consecutiva sulla piazza
di fronte all'università di Sanaa, ribattezzata “Piazza della liberazione”, senza
incursioni dei filogovernativi. Saleh, al potere da 32 anni, ha detto ieri che lascerà
solo se sconfitto in elezioni.
In centinaia in piazza in Bahrein per respingere
le concessioni del governo Centinaia di manifestanti rimangono stamani nel
centro della capitale del Bahrein, Manama, respingendo le concessioni del governo,
mentre la città si prepara a una manifestazione dell'opposizione. Contemporaneamente,
in un altro quartiere di Manama, una processione funebre ha accompagnato le spoglie
di un manifestante sciita ucciso da spari dell'esercito. Le forze dell'ordine non
si vedono nei pressi della centrale Piazza delle Perle, ribattezzata piazza della
Liberazione, occupata da sabato scorso dai manifestanti. "No al dialogo, no al dialogo",
grida la folla. Volontari controllano il traffico, mentre gruppi di studenti si dirigono
verso la piazza.
Algeria: i disoccupati scesi nuovamente in piazza ad Anabba Ancora
proteste dei disoccupati ad Annaba, nell'Est dell'Algeria. Diversi tafferugli sono
scoppiati ieri tra le forze di sicurezza e le decine di manifestanti riuniti davanti
alla sede della prefettura (wilaya). 7 giovani sono rimasti feriti, uno è grave. Le
autorità stanno tentando di riportare le calma. Hanno avviato un censimento dei disoccupati
e annunciato la creazione di circa 7 mila posti di lavoro.
Ancora sbarchi
di irregolari sulle coste italiane Proseguono gli sbarchi di migranti provenienti
dalle coste della Tunisia verso Lampedusa, nonostante le avverse condizioni del mare.
Stamane i carabinieri ne hanno bloccati 43, che erano riusciti ad approdare direttamente
sulla terraferma. Nel corso della giornata di ieri altri 197 tunisini avevano raggiunto
l'isola su quattro barconi. In questo momento, nel Centro di prima accoglienza di
Lampedusa si trovano meno di mille immigrati, dopo i massicci trasferimenti avvenuti
a partire dal pomeriggio di ieri con un ponte aereo verso altri Cpt di Sicilia, Puglia
e Calabria.
Pakistan: duplice attentato in Baluchistan e Peshawar, 1 morto
e diversi feriti Doppio attacco dinamitardo in Baluchistan e Peshawar, in Pakistan.
Un camionista è stato ucciso e un altro è rimasto ferito nella provincia meridionale
pachistana di Baluchistan. A Peshawar, capoluogo della provincia nord occidentale
di Khyber Pakhtukwa, un altro ordigno azionato a distanza ha seminato il panico tra
i passanti in un popolare bazar della zona centrale di Saddar. Almeno 14 passanti
sono stati feriti. La bomba si trovava davanti a un negozio.
L’Ue all’Afghanistan:
indipendenza per chi assiste le donne vittime di violenza L'Unione europea
(Ue) ha raccomandato al governo dell'Afghanistan di sostenere le organizzazioni indipendenti
che aiutano le donne che hanno subito violenza, rinunciando a prendere il controllo
delle istituzioni che se ne occupano, come è stato annunciato. In un comunicato diffuso
a Kabul, di cui dà conto oggi l'agenzia Pajhwok, l'Alto rappresentante per la politica
estera comunitaria, Catherine Ashton, ha manifestato preoccupazione per l'annuncio
di modifiche nei regolamenti dei rifugi dove vengono accolte donne che sfuggono a
abusi fisici e matrimoni forzati. La settimana scorsa il ministro pro tempore per
gli Affari delle donne, Husn Bano Ghazanfar, ha annunciato, ricevendo subito l'appoggio
del presidente Hamid Karzai, l'intenzione di assumere la supervisione diretta delle
undici istituzioni registrate in Afghanistan.
In Cina la moglie del Premio
Nobel Liu Xiaobo parla di famiglia in ostaggio Liu Xia, moglie del premio Nobel
per la pace, Liu Xiaobo, ha detto che lei e la sua famiglia sono ancora “tenuti in
ostaggio”. Le parole, pronunciate nel corso di una breve conversazione on line con
un amico, che le ha riportate, costituirebbero i primi contatti con la donna dallo
scorso ottobre, quando fu dato l'annuncio della vittoria del Nobel al marito. Le informazioni
sulla situazione di Liu Xia sono da allora state pochissime. In un primo tempo si
era ritenuto che la donna fosse stata messa agli arresti domiciliari nella casa di
Pechino, dove viveva con il marito, mentre più di recente l'ipotesi più probabile
sembra essere quella che Liu Xia si trovi presso l'abitazione dei suoi genitori. Liu
Xiaobo sta scontando una condanna di 11 anni di carcere per incitamento alla sovversione
di stato come autore della Carta 08, un documento in cui si auspicano riforme democratiche
nel Paese e si affrontano anche diversi temi di natura politica considerati sensibili
dal governo di Pechino. Alla consegna del premio Nobel il dissidente cinese è stato
rappresentato da una sedia vuota in quanto nè alla moglie nè ad altri membri della
famiglia o amici è stato consentito di recarsi ad Oslo a ritirare il premio in sua
vece. Le autorità cinesi, subito dopo la notizia della vittoria del premio, misero
anche sua moglie agli arresti domiciliari, impedendole da allora qualsiasi contatto
con l'esterno.
65 morti accertati per il terremoto in Nuova Zelanda Una
devastante scossa di terremoto ha colpito la città di Christchurch, nell'Isola Meridionale
della Nuova Zelanda, mentre in Italia era piena notte. Almeno 65 persone hanno perso
la vita. Il servizio di Mariapia Iacapraro:
Il terremoto,
di bassa profondità e magnitudo 6.3, ha devastato la città di Christchurch, seconda
città del Paese per importanza, di circa 400 mila abitanti. Il sisma ha colpito la
città durante l'ora di pranzo quando palazzi, uffici e centri commerciali erano molto
affollati. Forte dunque la preoccupazione per almeno 200 persone che potrebbero essere
rimaste sotto le macerie. In tutto questo un particolare segnale di speranza è arrivato
da alcuni studenti nipponici rimasti intrappolati in un edificio di sei piani che
hanno chiesto aiuto via mail. "Stiamo assistendo a quello che può rivelarsi il giorno
più buio nella storia neozelandese", ha commentato il primo ministro, John Key, che
ha proclamato lo stato di emergenza nazionale. Il aindaco di Christchurch ha paragonato
la città a una zona di guerra. Dalle autorità, intanto, è arrivato l'ordine ai cittadini
di lasciare libere le strade per favorire il transito dei servizi di emergenza. Lo
scorso 4 settembre un'altra scossa aveva colpito la città, senza però causare vittime.
Mediazione
indonesiana tra Thailandia e Cambogia Thailandia e Cambogia hanno accettato
oggi il dispiegamento di un contingente di osservatori indonesiani non armati nell'area
del tempio di Preah Vihear, conteso tra i due Paesi, per il cui controllo quattro
giorni di scontri a inizio febbraio hanno causato almeno 11 morti. La decisione è
stata annunciata dall'Asean, l'organizzazione dei Paesi del sud-est asiatico, dopo
un vertice tenutosi a Jakarta. Le violenze scoppiate il 4 febbraio - anche a colpi
di artiglieria - sono state le peggiori dall'inizio della disputa nel 2008, quando
l'Unesco inserì l'antico luogo di culto indù nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità,
riaprendo così la ferita thailandese provocata dall'attribuzione del Preah Vihear
alla Cambogia da parte dell'Onu, nel 1962. Nelle ultime settimane, i due Paesi sono
apparsi più volte a un passo dalla guerra, con entrambi i governi ad accusarsi a vicenda
sulla responsabilità di aver iniziato gli scontri, utilizzando la carta del nazionalismo
anche per scopi di politica interna. (Panoramica internazionale a cura di Fausta
Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno
LV no. 53