In Africa è nata una nuova Nazione: con un plebiscito di voti, quasi il 99% degli
aventi diritto, la popolazione del Sudan ha approvato la separazione della regione
del Sud. La capitale sarà Juba e la proclamazione ufficiale dell'indipendenza è fissata
per il 9 luglio 2011. La Radio Vaticana vuole dedicare il suo Editoriale della
settimana agli uomini e alle donne del Sudan, che con una partecipazione eccezionale
alle votazioni (86% della popolazione registrata si è effettivamente recato alle urne,
e di questo il 52% era costituito da donne) hanno dato chiaro segno di un coraggioso
risveglio del proprio orgoglio e del proprio senso di identità.
La separazione
dei due Stati è tuttavia un processo anche complesso, sofferto, e i prossimi mesi
saranno cruciali per la nuova Nazione: le urgenze della normalizzazione politica,
dello sviluppo e della lotta alla povertà devono essere affrontate con il sostegno
della Comunità Internazionale, ma non possono prescindere dal perdono e dalla riconciliazione
sociale.
È l’appello lanciato dallo stesso presidente sud sudanese Salva Kiir
Mayardit, la domenica successiva al referendum durante una celebrazione nella Cattedrale
S. Teresa, a Juba: "Per i nostri fratelli e sorelle morti, in particolare per quelli
che sono periti durante i combattimenti, noi dobbiamo perdonare coloro che hanno causato
la loro morte, come ha fatto Cristo sulla croce".
Anche i vescovi sudanesi
hanno ricordato a più riprese che il responso della consultazione “non deve essere
visto come una minaccia dalle due parti ma come un’opportunità. L’indipendenza non
significa la fine delle relazioni tra Nord e Sud. La secessione è una divisione di
terre, non di persone. Cooperazione e collaborazione dovranno continuare in uno spirito
di buon vicinato”.
Un’importante verifica di queste premesse sarà costituita,
nel prossimo futuro, dalle condizioni di accoglienza per i numerosi profughi che sono
fuggiti in questi anni, ma che hanno diritto a ritornare nel proprio paese.
In
un’intervista raccolta dalla redazione inglese per l’Africa della Radio Vaticana,
il Vescovo di Rumbek (nel Sud Sudan) mons. Cesare Mazzolari sottolinea che la tutela
della pace e della giustizia sono valori fondamentali che l’intera società sudanese
dovrà impegnarsi a promuovere negli anni a venire, a cominciare proprio dal contesto
locale, nei rapporti tra le varie etnie del Sud. La nuova Nazione deve innanzitutto
integrarsi nel suo interno. “Durante gli anni di guerra, alcune tribù sono state privilegiate
militarmente e politicamente. L’onore di determinati gruppi e clan è stato ha volte
offeso – spiega mons. Mazzolari - c’è bisogno di una dose enorme di perdono. Dobbiamo
superare le ostilità, seppellire il desiderio della vendetta per fare nascere un Paese
nel quale ci integriamo, viviamo insieme e lavoriamo per il bene comune, con un vero
amore di patria, un amore per la nostra identità e per quei valori che riteniamo fondamentali.
Dobbiamo metterci in cammino per una vera riconciliazione, sacrificando gli interessi
particolari, l’avidità e il prestigio personale, perché questo Paese nasca e cammini
insieme”.
Ma quali sono le prospettive future per il Sud Sudan? Prenderà
il via con l’indipendenza quell’era di pace e sviluppo, che i sudanesi hanno sognato
durante il mezzo secolo passato?
I dati attuali non sono incoraggianti. La
povertà è estremamente diffusa e i “nuovi cittadini” dipendono per il 78% da un’agricoltura
di sussistenza. Della popolazione superiore ai 15 anni, solo il 27% sa leggere e scrivere.
Inoltre, migliaia di persone originarie del Sud - e che avevano abbandonato questa
terra durante gli anni di guerra – sono tornate al meridione in occasione del Referendum.
Secondo i dati dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati sono 180 mila i profughi,
che a causa del nuovo esodo hanno perso la casa e ogni proprietà. Aspettavano di ritrovare
le proprie famiglie o di ricevere un sostegno da parte del Governo in termini di terra
e lavoro; si trovano invece accolti in campi di emergenza, teoricamente temporanei
ma che rappresentano da settimane la loro realtà. “Come Chiesa siamo già attivi
per l’accoglienza di questi rifugiati: abbiamo offerto i nostri locali, le scuole,
svolgiamo per loro la nostra opera umanitaria, pastorale e iniziative di educazione
civica” prosegue mons. Mazzolari. “La preghiera intensa che abbiamo diffuso in tutto
il mondo perché il Referendum andasse bene è stata esaudita. Adesso la nostra impresa,
spirituale e umana, deve continuare in favore dell’integrazione di tutti i sudanesi”.
Secondo
Padre Daniele Moschetti, comboniano da anni impegnato sul territorio e profondo conoscitore
del Sudan, la realtà locale continuerà ad essere un complicato intreccio geopolitico
e militare, in cui gli interessi economici sono spesso prevalenti, rispetto al bene
della popolazione. E anche se oggi in Sudan sono dispiegati circa 10.000 peacekeeper
dell'Onu (a garanzia del rispetto degli accordi di pace del 2005) la tenuta della
“pace” resta un'incognita e molti critici stranieri sono scettici riguardo alla capacità
del Sud di amministrarsi da solo. Proprio per questo, è auspicabile che il nuovo
corso di un Sud Sudan indipendente non sia preso alla leggera e venga sostenuto tanto
dai colossi delle multinazionali del petrolio e minerarie presenti, quanto dagli organismi
della politica mondiale, che dovranno vigilare e seguire seriamente questo processo
nei mesi che verranno. È importante che la Comunità Internazionale aiuti la nuova
Nazione a garantire un vero pluralismo sia attraverso un processo costituzionale che
coinvolga tutte le rappresentanze politiche sia con una corretta governance globale.
Sono
grandi la speranza e le aspettative che spingono la gente ad avere fiducia in un cambiamento
che è storico non solo per il Sudan, ma per tutta l’Africa. La Chiesa accompagnerà
la popolazione in questo cammino di maturazione politico-sociale, promuovendo i valori
cristiani di fraternità e perdono. “Le persone si sono aperte, hanno scoperto un senso
di identità, un senso di libertà e la loro capacità di affrontare anche le sfide più
difficili. Dobbiamo comunicare loro che la forza di sopportare tutte le indigenze
viene da Dio. Alle congregazioni religiose che volessero venire a dare il proprio
contributo per il rinnovamento del Sudan noi diamo il benvenuto”, è l’invito P. Mazzolari.