2011-02-21 13:04:57

La popolazione ha scelto il Sud Sudan


In Africa è nata una nuova Nazione: con un plebiscito di voti, quasi il 99% degli aventi diritto, la popolazione del Sudan ha approvato la separazione della regione del Sud. La capitale sarà Juba e la proclamazione ufficiale dell'indipendenza è fissata per il 9 luglio 2011.
La Radio Vaticana vuole dedicare il suo Editoriale della settimana agli uomini e alle donne del Sudan, che con una partecipazione eccezionale alle votazioni (86% della popolazione registrata si è effettivamente recato alle urne, e di questo il 52% era costituito da donne) hanno dato chiaro segno di un coraggioso risveglio del proprio orgoglio e del proprio senso di identità.

La separazione dei due Stati è tuttavia un processo anche complesso, sofferto, e i prossimi mesi saranno cruciali per la nuova Nazione: le urgenze della normalizzazione politica, dello sviluppo e della lotta alla povertà devono essere affrontate con il sostegno della Comunità Internazionale, ma non possono prescindere dal perdono e dalla riconciliazione sociale.

È l’appello lanciato dallo stesso presidente sud sudanese Salva Kiir Mayardit, la domenica successiva al referendum durante una celebrazione nella Cattedrale S. Teresa, a Juba: "Per i nostri fratelli e sorelle morti, in particolare per quelli che sono periti durante i combattimenti, noi dobbiamo perdonare coloro che hanno causato la loro morte, come ha fatto Cristo sulla croce".

Anche i vescovi sudanesi hanno ricordato a più riprese che il responso della consultazione “non deve essere visto come una minaccia dalle due parti ma come un’opportunità. L’indipendenza non significa la fine delle relazioni tra Nord e Sud. La secessione è una divisione di terre, non di persone. Cooperazione e collaborazione dovranno continuare in uno spirito di buon vicinato”.

Un’importante verifica di queste premesse sarà costituita, nel prossimo futuro, dalle condizioni di accoglienza per i numerosi profughi che sono fuggiti in questi anni, ma che hanno diritto a ritornare nel proprio paese.

In un’intervista raccolta dalla redazione inglese per l’Africa della Radio Vaticana, il Vescovo di Rumbek (nel Sud Sudan) mons. Cesare Mazzolari sottolinea che la tutela della pace e della giustizia sono valori fondamentali che l’intera società sudanese dovrà impegnarsi a promuovere negli anni a venire, a cominciare proprio dal contesto locale, nei rapporti tra le varie etnie del Sud. La nuova Nazione deve innanzitutto integrarsi nel suo interno. “Durante gli anni di guerra, alcune tribù sono state privilegiate militarmente e politicamente. L’onore di determinati gruppi e clan è stato ha volte offeso – spiega mons. Mazzolari - c’è bisogno di una dose enorme di perdono. Dobbiamo superare le ostilità, seppellire il desiderio della vendetta per fare nascere un Paese nel quale ci integriamo, viviamo insieme e lavoriamo per il bene comune, con un vero amore di patria, un amore per la nostra identità e per quei valori che riteniamo fondamentali. Dobbiamo metterci in cammino per una vera riconciliazione, sacrificando gli interessi particolari, l’avidità e il prestigio personale, perché questo Paese nasca e cammini insieme”.

Ma quali sono le prospettive future per il Sud Sudan?
Prenderà il via con l’indipendenza quell’era di pace e sviluppo, che i sudanesi hanno sognato durante il mezzo secolo passato?

I dati attuali non sono incoraggianti. La povertà è estremamente diffusa e i “nuovi cittadini” dipendono per il 78% da un’agricoltura di sussistenza. Della popolazione superiore ai 15 anni, solo il 27% sa leggere e scrivere. Inoltre, migliaia di persone originarie del Sud - e che avevano abbandonato questa terra durante gli anni di guerra – sono tornate al meridione in occasione del Referendum. Secondo i dati dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati sono 180 mila i profughi, che a causa del nuovo esodo hanno perso la casa e ogni proprietà. Aspettavano di ritrovare le proprie famiglie o di ricevere un sostegno da parte del Governo in termini di terra e lavoro; si trovano invece accolti in campi di emergenza, teoricamente temporanei ma che rappresentano da settimane la loro realtà.
“Come Chiesa siamo già attivi per l’accoglienza di questi rifugiati: abbiamo offerto i nostri locali, le scuole, svolgiamo per loro la nostra opera umanitaria, pastorale e iniziative di educazione civica” prosegue mons. Mazzolari. “La preghiera intensa che abbiamo diffuso in tutto il mondo perché il Referendum andasse bene è stata esaudita. Adesso la nostra impresa, spirituale e umana, deve continuare in favore dell’integrazione di tutti i sudanesi”.

Secondo Padre Daniele Moschetti, comboniano da anni impegnato sul territorio e profondo conoscitore del Sudan, la realtà locale continuerà ad essere un complicato intreccio geopolitico e militare, in cui gli interessi economici sono spesso prevalenti, rispetto al bene della popolazione. E anche se oggi in Sudan sono dispiegati circa 10.000 peacekeeper dell'Onu (a garanzia del rispetto degli accordi di pace del 2005) la tenuta della “pace” resta un'incognita e molti critici stranieri sono scettici riguardo alla capacità del Sud di amministrarsi da solo.
Proprio per questo, è auspicabile che il nuovo corso di un Sud Sudan indipendente non sia preso alla leggera e venga sostenuto tanto dai colossi delle multinazionali del petrolio e minerarie presenti, quanto dagli organismi della politica mondiale, che dovranno vigilare e seguire seriamente questo processo nei mesi che verranno. È importante che la Comunità Internazionale aiuti la nuova Nazione a garantire un vero pluralismo sia attraverso un processo costituzionale che coinvolga tutte le rappresentanze politiche sia con una corretta governance globale.

Sono grandi la speranza e le aspettative che spingono la gente ad avere fiducia in un cambiamento che è storico non solo per il Sudan, ma per tutta l’Africa.
La Chiesa accompagnerà la popolazione in questo cammino di maturazione politico-sociale, promuovendo i valori cristiani di fraternità e perdono. “Le persone si sono aperte, hanno scoperto un senso di identità, un senso di libertà e la loro capacità di affrontare anche le sfide più difficili. Dobbiamo comunicare loro che la forza di sopportare tutte le indigenze viene da Dio. Alle congregazioni religiose che volessero venire a dare il proprio contributo per il rinnovamento del Sudan noi diamo il benvenuto”, è l’invito P. Mazzolari.







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