Dimostranti in piazza a Pechino e Shanghai per una "Rivoluzione dei gelsomini" cinese
Le manifestazioni che stanno percorrendo il mondo arabo stanno avendo un’appendice
anche in Cina. La polizia ha disperso ieri a Pechino e Shanghai raduni ispirati da
un appello circolato su Internet per una ''Rivoluzione dei gelsomini'', proprio sul
modello di quelle avvenute in Tunisia, Egitto, Algeria e non solo. A Pechino, a radunarsi
sono state alcune decine di persone e uno studente, poi fermato, ha lanciato un mazzo
di gelsomini in aria. Un'altra manifestazione di qualche decina di dimostranti si
è svolta a Shanghai, dove tre giovani sarebbero stati fermati dalla polizia. Sulla
possibilità che l’onda delle proteste nel mondo arabo dilaghi anche in Cina, Giada
Aquilino ha raccolto il commento di Fernando Mezzetti, esperto di questioni
asiatiche:
R. – Ci potrebbe
essere un’onda che arrivi nello Xinjiang: lo Xinjiang è
la regione musulmana della Cina, nell’Asia centrale. Ci sono già state proteste negli
anni scorsi, anche con delle stragi, con decine e decine di morti. La Cina
ormai non è più chiusa come lo era un tempo: sicuramente tutto lo Xinjiang sa ciò
che è avvenuto in Tunisia, in Egitto, nel Bahrein.
D. – Da Piazza Tienanmen
ad oggi sono cambiate le richieste dei giovani cinesi?
R. – Ci sono
aspettative crescenti, naturalmente. La paura di Pechino è proprio quello di una nuova
Tienanmen. E’ troppo somigliante a Tienanmen quello che è successo al Cairo: Piazza
Tahrirpresidiata dai manifestanti e dagli oppositori, come a
lungo avvenne nel 1989 a Tienanmen. La Cina non permetterà un ripetersi di quegli
eventi. E questo con una repressione in atto, che è già in corso. In altri termini:
“Fate quello che volete, purché non vi occupiate di politica”. Questa sarà la sfida,
perché c’è anche malcontento sociale. Con le riforme si sono create classi sociali
che non esistevano sotto il maoismo: c’è il contrasto tra ricchi e poveri; tra chi
ha e chi non ha.
D. – Le notizie delle proteste a favore della democrazia
nei Paesi arabi hanno avuto vasta eco in Cina sull’equivalente locale di Twitter,
che peraltro invece è bloccato dalla censura. Il presidente Hu Jintao ha annunciato
di voler rafforzare i controlli su Internet…
R. – Certamente. Loro parlano
sempre di erigere una “grande muraglia elettronica”: ma questa “grande muraglia elettronica”
non potrà mai impedire il flusso delle notizie. Non dimentichiamo che la Cina è il
Paese in cui è più diffuso Internet, siamo a 450 milioni di abbonati, più o meno.
Quindi è un’illusione pensare di poter fermare il flusso di notizie. I cinesi sanno
quello che è avvenuto. Comunque la prevenzione è sempre stata in atto, non soltanto
da Piazza Tienanmen in poi, ma da sempre. Oggi in Cina c’è questo dualismo tra pluralismo
economico e monopolio del potere da parte del partito. E’ una tensione in atto ormai
da anni, che stanno cercando di ammortizzare, favorendo la creazione di ricchezza.
Ma quanto potrà durare ancora la compressione di questa tensione è il grande punto
interrogativo. (mg)