In tutto il mondo cresce l’attesa per la cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo
II, il primo maggio prossimo. Uno degli aspetti più luminosi della testimonianza di
Karol Wojtyla è stato il modo in cui ha vissuto la sua lunga malattia. Proprio da
qui muove la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, sul
binomio malati-Chiesa, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo
del Centro Televisivo Vaticano:
Era stato
Giovanni Paolo II a volere che la Chiesa celebrasse ogni anno una Giornata mondiale
del malato, in febbraio, nel giorno dedicato alla Madonna di Lourdes. La malattia
è parte così essenziale dell’esperienza umana da essere necessariamente anche nel
cuore di ogni esperienza di fede. Tocca ogni persona, o direttamente nella sua carne
e nella sua mente, o nelle persone vicine e care, o nell’ambiente circostante, e coinvolge
nel più profondo dell’animo, sfidando l’amore, la speranza, la fede stessa. Gesù Cristo,
con la sua attenzione ai sofferenti, con la sua personale passione e morte, è la parola
di conforto più credibile per i malati, e così deve cercare di esserlo la Chiesa intera,
animatrice di solidarietà e amore in ogni dimensione della comunità umana.
Ci
prepariamo alla Beatificazione di Giovanni Paolo II, grande testimone della malattia
vissuta nella fede. Il modo in cui l’ha vissuta – per sé e per noi – è uno dei motivi
principali per cui tutti siamo convinti della sua santità. Come Gesù che porta la
croce, è anch’egli un grande amico e intercessore per ogni malato. Ma oltre al conforto,
c’è l’impegno. Dice Benedetto XVI: “La misura dell’umanità si determina nel rapporto
con la sofferenza e il sofferente. Questo vale per il singolo come per la società.
Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e a contribuire perché la sofferenza
sia condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Spe
salvi, 38). La sofferenza chiama e può suscitare amore. Tantissimo amore. Senza di
essa non conosceremmo le profondità dell’amore. Chiediamo di capirlo e di viverlo,
per crescere nell’umanità.