84 morti in Libia e fermento e scontri in Bahrein, Yemen, Algeria e Gibuti
Sarebbero almeno 84 i morti negli ultimi due giorni in Libia per la repressione delle
manifestazioni di protesta contro Gheddafi da parte delle forze di sicurezza. Lo rivela
un rapporto di Human Rights Watch. Stamani, la situazione appare tranquilla.
Della Libia, ma anche di altri Paesi arabi ci riferisce Fausta Speranza:
In Libia
il procuratore generale apre un'inchiesta sulle uccisioni di questi giorni e fa sapere
di voler “accelerare le procedure per giudicare tutti quelli che sono colpevoli di
omicidio o di saccheggi". Per la Ong "Human Rights Watch", i morti per la repressione
sono stati soprattutto a Bengasi, capoluogo della Cirenaica tradizionalmente ostile
a Gheddafi. Venti persone sono state uccise giovedì, 35 ieri. Intanto in nottata nel
Paese è stato bruscamente interrotto il collegamento Internet. Ma l’attenzione non
può essere rivolta solo alla Libia. Fermento e scontri continuano a registrarsi in
vari Paesi arabi. In Bahrein l'opposizione respinge l'offerta di negoziato avanzata
dal principe ereditario e conquista di nuovo la piazza, dopo alcuni scontri con la
polizia che cercava di impedirlo. In Yemen, a Sanaa, uno studente morto in scontri
con i filogovernativi e altri 5 feriti. In Algeria, la polizia cerca di impedire la
manifestazione che sta richiamando migliaia di persone nella capitale Algeri. E un
deputato algerino del partito di opposizione "Raggruppamento per la cultura e la democrazia"
(Rcd), Tahar Besbes, cade in coma per un pugno di un agente. C’è poi Gibuti, Paese
del Corno d’Africa: nell’omonima capitale disordini tra gli oppositori del regime
del presidente Ismal Omar Guelleh e le forze dell'ordine. Piccoli gruppi di dimostranti
lanciano pietre contro i poliziotti che replicano con gas lacrimogeni. Ieri una manifestazione
antigovernativa era degenerata in scontri. Resta da dire che gli sciiti sauditi hanno
inscenato una piccola manifestazione nelle province petrolifere orientali del Regno
saudita per chiedere il rilascio di alcuni loro compagni arrestati. L'Arabia Saudita,
principale esportatore mondiale di petrolio, teme che la rivolta nel vicino Bahrein,
dove la maggioranza sciita chiede le dimissioni del governo sunnita, possa propagarsi
alle province orientali, dove vive la minoranza sciita e dove si trovano i giacimenti
petroliferi.
Tunisia: secondo fonti francesi, è morto il deposto presidente
Ben Ali L'ex presidente tunisino Zine al-Abidine Ben Ali è morto, secondo fonti
francesi citate dall'emittente di informazione continua "France 24". Il decesso dell'ex
leader tunisino, deposto il 14 gennaio dopo 23 anni al potere, sarebbe avvenuto dopo
due giorni di coma.
Musulmani e copti nel primo partito a base religiosa
autorizzato in Egitto Il Tribunale Amministrativo Superiore del Cairo ha autorizzato
con decisione definitiva la costituzione del primo partito politico egiziano a base
religiosa, composto da musulmani e copti. È il partito Al Wasat (in arabo approssimativamente
"Nel Mezzo"), il cui fondatore è Abu El Ela Madi, appartenenente ad una corrente di
giovani moderati della Confraternita dei Fratelli Musulmani, ma in forte contrapposizione
con la dirigenza tradizionale del movimento. Lo ha appreso l'Ansa da fonti giudiziarie.
La decisione del Tribunale Amministrativo Superiore ha annullato quella precedente
di non concedere l'autorizzazione, presa dalla Commissione per gli affari dei partiti
politici del Consiglio Consultivo della Shura (Senato), presieduta dall'ex presidente
dello stesso, Safwat El Sherif. Il Consiglio della Shura è stato sciolto nei giorni
scorsi, insieme con l'Assemblea del Popolo (Camera) dal Consiglio Supremo delle Forze
Armate che rappresenta temporaneamente la presidenza della repubblica egiziana. Abu
El Ela Madi aveva presentato più volte la richiesta di costituzione del partito, nel
1996, nel 1998 e nel 2004. Ogni volta era stata respinta perchè la Costituzione egiziana
non ammette la presenza di partiti politici su base religiosa. Un altro esponente
di punta della formazione è l'avvocato Essam Sultan, anch'egli appartenente alla corrente
moderata dei Fratelli Musulmani e che, come Madi, ha sostenuto l'iniziativa rivoluzionaria
dei dimostranti di piazza Tahrir e delle formazioni di giovani come il 6 Aprile.
Prima
sessione del G20 finanza a Parigi Ha preso il via la prima sessione di lavoro
del vertice G20 finanza a Parigi con la presenza dei ministri dell'Economia e dei
banchieri centrali dei Paesi che fanno parte dell'organismo. Per tutta la notte i
delegati hanno cercato di predisporre un accordo, sanando le divergenze fra i Paesi,
sul tema degli indicatori per misurare le performance economiche dei Paesi che possono
generare squilibri a livello internazionale, squilibri all'origine della crisi. Secondo
una prima ipotesi di lavoro il complesso di principi da approvare prevede due indicatori
di squilibrio interno, il deficit e debito pubblico e il risparmio privato, e due
di squilibrio esterno, il saldo delle partite correnti o della bilancia commerciale
e le riserve di cambio. Ed è proprio su questi due punti, e in particolare sul primo,
che si registrano i maggiori dissensi che, peraltro, sono trasversali ai diversi 'blocchi'
tradizionali: Europa, Stati Uniti e Paesi emergenti. Anche a questo vertice tuttavia
gli occhi sono puntati sulla Cina, che chiede soprattutto di escludere il saldo corrente
dai parametri, sostituendolo con la bilancia commerciale.
Kuwait: feriti
per disordini scoppiati per la richiesta di arabi apolidi di cittadinanza Trenta
persone sono rimaste ferite ieri in Kuwait in scontri avvenuti tra forze di sicurezza
e arabi apolidi che chiedono la cittadinanza. Lo si è appreso oggi da fonti della
sicurezza. La dimostrazione a Jahra, a nordest di Kuwait City, è la prima nello Stato
arabo da quando a dicembre è cominciata la serie di proteste nei Paesi del Maghreb,
in Egitto e in Medio Oriente. Secondo le fonti, 50 persone sono state arrestate. Le
fonti hanno anche riferito di una protesta simile di circa 80 persone nel villaggio
di Salibiya. Il Ministero dell'interno ha fatto sapere che i manifestanti hanno tirato
pietre contro le forze di sicurezza che hanno risposto con idranti e fumogeni. Sette
feriti sono agenti. I dimostranti sono arabi senza alcuna nazionalità, in gran parte
discendenti da popolazioni nomadi del deserto, e che risiedono da lungo tempo nell'emirato.
La nazionalità del Kuwait, che comporta grossi benefici dal punto di vista del welfare,
viene loro negata in base alla rigida legislazione nazionale.
Elezioni in
Uganda 14 milioni di persone in Uganda sono state chiamate ieri alle urne per
il voto presidenziale e legislativo. Il servizio di Giulio Albanese:
I risultati
ufficiali dovrebbero essere resi noto entro le 15 di domani. Il presidente uscente
Yoweri Museveni, al potere dal 1986, è dato – come al solito – per favorito, contro
altri sette candidati. Il principale è Kizza Besigye, ex medico personale di Museveni,
già candidato nelle precedenti elezioni e perseguitato dall’attuale regime. Nessun
dato ancora per quel che riguarda l’affluenza, che – dalle prime testimonianze – non
sarebbe altissima: a riprova che si sta consolidando nel Paese una sorta di disaffezione
nei confronti della politica. Secondo alcuni osservatori stranieri, in alcuni seggi
non si sarebbe addirittura raggiunto il 30 per cento dei votanti, malgrado una endemica
corruzione, l’inossidabile regime di Museveni ha ottenuto in questi anni, grazie soprattutto
agli investimenti stranieri, una discreta crescita economica, anche se questo processo
ha drammaticamente acuito la divaricazione tra la danarosa oligarchia al potere e
i ceti meno abbienti, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione
ugandese.
Rammarico Ue per il mancato voto Onu contro la colonizzazione
israeliana L'Alto rappresentante per la politica Estera dell'Unione europea,
Catherine Ashton, ha espresso disappunto per il mancato “consenso” al Consiglio di
sicurezza dell'Onu sul progetto di risoluzione araba che condanna la colonizzazione
israeliana. Senza riferirsi agli Stati Uniti che hanno posto il veto al documento,
la Ashton ha “rilevato con rincrescimento che non è stato possibile trovare un consenso
sulla risoluzione sulle colonie”. “La posizione della Ue sulle colonie, inclusa Gerusalemme
est, è chiara”, ha aggiunto: “Sono illegali per il diritto internazionale, sono un
ostacolo alla pace e una minaccia a una soluzione a due Stati”, israeliano e palestinese.
“Al momento - ha ancora detto la Ashton - abbiamo bisogno di fare tutto il possibile
per una ripresa urgente dei negoziati fra le parti”. Gli Usa hanno posto ieri il veto
a un progetto di risoluzione araba di condanna alla colonizzazione israeliana al quale
gli altri 14 membri del Consiglio di Sicurezza avevano votato a favore.
I
talebani spezzino il legame con al Qaeda: così, la Clinton parla dell'Afghanistan E'
salito a otto morti e oltre 60 feriti il bilancio provvisorio dell'assalto realizzato
oggi da un commando armato di sette persone alla filiale di Jalalabad (provincia orientale
afghana di Nangarhah) della Kabul Bank. L'attacco è stato rivendicato dal portavoce
dei talebani, Zabihullah Mujahid, secondo cui alla sua realizzazione hanno contribuito
tre kamikaze. Ieri, in un’altra cruenta giornata in cui hanno perso la vita 18 persone,
dei legami da tagliare tra talebani e al Qaeda ha parlato il segretario di Stato,
Hillary Clinton. Sulle valutazioni politiche dell’amministrazione Usa, da Washington
Elena Molinari:
“I talebani
afghani non possono resistere alle pressioni americane: dovranno scegliere se rompere
o meno i rapporti con al Qaeda”. È questo l’ultimatum lanciato, ieri, dal segretario
di Stato Usa ai ribelli afghani: “Non possono aspettare che ce ne andiamo; non possono
sconfiggerci e – ha detto - non possono scappare da questa decisione”. Hillary Clinton
parla all’Asia Society di New York, dove ha sottolineato che l’offensiva militare
e l’intensificata spinta diplomatica americana porteranno alla separazione tra i talebani
indeboliti ed al Qaeda e alla riconciliazione con quelli che rinunceranno alla violenza.
Questa separazione lascerebbe al Qaeda da sola e in fuga, ha spiegato. Clinton ha
poi ribadito l’intenzione dell’amministrazione Obama di iniziare il processo di ritiro
delle truppe dall’Afghanistan il prossimo luglio, ma ha sottolineato che questo non
porterà ad un indebolimento della posizione degli alleati sul terreno. “Rimarremo
fino al 2014 – ha aggiunto – e con la leadership afghana, che si rafforza, un processo
di riconciliazione politica diventerà plausibile”. Il segretario di Stato Usa ha poi
annunciato che il veterano diplomatico Marc Grossman sostituirà Richard Holbrooke,
morte improvvisamente a dicembre, nel ruolo di inviato speciale dell’amministrazione
Obama per il Pakistan e l’Afghanistan.
Nuova condanna a Guantanamo Un
carcerato sudanese di Guantanamo, la base Usa sull'isola di Cuba, è stato condannato
a 14 anni di carcere per cospirazione con Al Qaeda e per avere fornito appoggio materiale
a terroristi. La pena pronunciata in serata è frutto di un patteggiamento: in realtà
l'uomo, Nur Uthman Muhammed, rimarrà in carcere per qualche anno soltanto. A Guantanamo
dal 2002, Muhammed è il sesto carcerato ad essere stato condannato da un tribunale
militare della base Usa.
“Camicie rosse” in piazza a Bangkok Circa
30 mila “camicie rosse” antigovernative thailandesi sono scese in piazza oggi a Bangkok,
nella quarta grande manifestazione pacifica organizzata dall'inizio del 2011, in coincidenza
del nono mese dalla repressione dello loro proteste dell'anno scorso, costate 91 morti
e 1.800 feriti. I manifestanti - sostenitori dell'ex premier in autoesilio Thaksin
Shinawatra ed espressione in particolare delle classi medio-basse e rurali - stanno
tuttora presidiando la Ratchaprasong Intersection, l'incrocio nel centro della capitale
da loro occupato per due mesi nel 2010. In precedenza erano affluiti in massa davanti
alla Corte Suprema, che nelle prossime settimane dovrebbe esprimersi sulla richiesta
di cauzione da parte di sette leader “rossi” tuttora in carcere con l'accusa di terrorismo.
Le manifestazioni si stanno svolgendo sotto l'occhio della polizia anti-sommossa e
giungono in un periodo in cui il governo di Abhisit Vejjajiva - di fronte alle simultanee
proteste dei “rossi” e delle “camicie gialle” nazionaliste che gli chiedono inflessibilità
sulla questione del tempio di Preah Vihear, conteso con la Cambogia - ha reintrodotto
un provvedimento che dà maggiori poteri alle forze di sicurezza. Nelle ultime settimane,
Abhisit - il cui mandato scade a fine anno - ha prospettato elezioni anticipate entro
il prossimo giugno. I sondaggi evidenziano un testa a testa tra la coalizione di governo
e il partito Puea Thai, che riunisce i fedelissimi di Thaksin. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza).
Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LV no. 50