L'ambasciatore italiano al Cairo: i mutamenti in Nordafrica, inizio di una lunga transizione
In migliaia oggi, in Bahrein, hanno partecipato ai funerali delle 3 vittime durante
le proteste di ieri contro la monarchia. Nel vicino Yemen, invece, si contano quattro
morti. Le dsimostrazioni antigovernative sono riprese anche in Giordania, mentre in
Egitto sono attese almeno due milioni di persone in Piazza Tharir per la ‘giornata
della vittoria’, indetta per festeggiare le dimissioni di Mubarak. Trionfalistici
i toni utilizzati dai Fratelli Musulmani che hanno definito l’appuntamento il frutto
della rivoluzione mentre i vertici delle Forze armate, che attualmente guidano il
Paese, hanno annunciato che nessun membro dell’esercito si candiderà alle prossime
presidenziali. Sulla situazione egiziana, Antonella Palermo ha intervistato
l'ambasciatore italiano al Cairo, Claudio Pacifico:
R. – Effettivamente,
si è trattato - come in tutta questa ondata che si espande nella regione - di un fenomeno
molto complesso. Ci sono state motivazioni che indubbiamente sono state colte da tutti,
come questa richiesta - legittima e comprensibile - di una parte della società e dei
giovani di avere una società evidentemente più libera, più avanzata. Questa richiesta
ha interagito con un’altra richiesta, anch’essa evidentemente non solo condivisibile,
ma che ha anche suscitato grande solidarietà: la richiesta di miglioramento dei poveri
e dei diseredati, anch'essa innescata dall’onda lunga della grande crisi economica
internazionale. Tutto ciò ha posto le premesse per una speranza di poter realizzare
una società più libera e più aperta. Sarà, però, un processo lungo.
D.
– Martedì prossimo è prevista la missione dell’Alto Rappresentante europeo per la
politica estera e di sicurezza comune, Catherine Ashton: cosa si aspetta da questa
visita, ambasciatore?
R. – Questa coincidenza fra l’arrivo della Signora
Ashton e il ministro degli Esteri italiano, mi sembra una coincidenza molto importante
e che fa parte dell'impegno dell’Europa, per quanto concerne l’Ashton, e per l’Italia,
per il ministro Frattini, a promuovere un’azione europea occidentale per cercare di
sostenere sia economicamente, sia politicamente e civilmente questo processo.
D.
– Come ciò che è successo e che sta continuando a succedere in Egitto sta condizionando
la vicina Libia?
R. – Credo che in Libia siano in percentuale molto
minore presente le classi sociali che sono il frutto di uno sviluppo e di una apertura
occidentale. In Egitto, protagonisti di quanto è successo sono stati giovani di livello
culturale superiore; in Libia tutto questo è molto più difficile vederlo con numeri
analoghi. Questo perché si tratta di una società anzitutto molto più sparsa sul territorio,
e poi forse perché in Libia si corre ancora di più il rischio che le proteste, più
che essere finalizzate a una crescita democratica e di sviluppo, possano diventare
ostaggio di un altri movimenti, che con i valori della democrazia e i grandi principi
ideali nei quali noi crediamo hanno veramente molto poco a vedere.