2011-02-18 14:05:29

Il cardinale Erdő al Comitato congiunto Ccee-Kek: cristiani uniti nel costruire la pace


Dopo il tema della salvaguardia del Creato e quello delle migrazioni, il programma deciso nel 2008 dal Comitato congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e della Conferenza delle Chiese europee (Kek) prosegue con il tema della pace e il contributo che i cristiani sono chiamati a dare per la sua piena realizzazione. Di questo hanno discusso oggi in riunione i membri del Comitato congiunto, alla presenza del cardinale Péter Erdő, presidente della Ccee, che nel suo intervento ha sottolineato come oggi il mondo abusi del concetto di pace, che viene generalmente inteso con “assenza di guerra”. “La vera pace significa molto di più", ha affermato, chiedendosi subito dopo: "Potremmo forse parlare di pace quando nel mondo ci sono persone discriminate per la loro nazionalità o religione? Gravi forme di discriminazione che a volte si traducono in vera e propria persecuzione”. Il porporato ha evidenziato come a volte, invece, la pace sia intesa come “tolleranza passiva”, ossia un tacito accordo a lasciarsi reciprocamente stare almeno finché i diritti individuali sono rispettati. “La pace che il Signore ci ha lasciato e che vuole donarci anche oggi non è questo – ha aggiunto – è basata sulla verità di Dio e dell’uomo. Il Signore ci chiama, infatti, a scoprire la ricchezza e la bellezza delle varie forme dell’identità e della comunione e a riconoscere l’importanza vitale della diversità e il valore delle nazioni come comunità di lingua, storia, cultura, esperienze storiche e tradizioni religiose”. Il presidente della Ccee, infine, ha affrontato il tema dell’ecumenismo, ricordando il pensiero espresso da Papa Benedetto XVI poche settimane fa, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: “Il Santo Padre riconosce il cammino ecumenico fatto negli ultimi decenni – ha affermato – i passi avanti che sono stati fatti su svariati punti e i rapporti di stima e rispetto reciproco che si sono sviluppati tra le Chiese e le comunità ecclesiali, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo”. “Ma il Papa ci ricorda anche quello che ancora manca – ha concluso – quell’unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nella prima comunità di Gerusalemme. Un’unità espressa nella confessione di una sola fede, che è un imperativo morale, risposta a una precisa chiamata del Signore. Occorre, quindi, vincere la rassegnazione e proseguire con passione il cammino con un dialogo serio per approfondire il patrimonio teologico, la reciproca conoscenza, la formazione ecumenica delle nuove generazioni e soprattutto la conversione del cuore e la preghiera”. (A cura di Roberta Barbi)







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