Il Rapporto 2010 della rete "Social Watch": per un'economia a misura d'uomo e contro
la speculazione
Mattinata di mobilitazione in favore di un’economia più attenta ai bisogni delle società,
con la presentazione nazionale del Rapporto 2010 della rete Social Watch – un coordinamento
internazionale che associa oltre 400 organizzazioni impegnate nella promozione della
giustizia sociale – e lo svolgimento di manifestazioni a sostegno della Campagna ZeroZeroCinque
per la tassazione delle transazioni finanziarie, sia in piazza a Roma che in altri
30 Paesi nei cinque continenti. “La lotta alla povertà non rappresenta ancora una
priorità per i governi, gli obiettivi del Millennio non saranno raggiunti entro il
2015, e i movimenti sociali in Tunisia e in Egitto – Stati che pure hanno registrato
tassi di crescita annui del 5-6 per cento – ne sono un segnale chiaro”. Lo ha affermato
Jason Nardi, coordinatore per l’Italia di Social Watch, al quale Silvia
Koch ha chiesto di spiegare i punti salienti del Rapporto 2010 e i parametri usati
per valutare il livello di sviluppo umano:
R. – Quello
che vediamo è che, specialmente negli ultimi due anni, a seguito della cosiddetta
crisi finanziaria globale, ma anche delle altre crisi concomitanti – quella energetica,
quella alimentare, quella democratica in generale – a fronte di crescite economiche
di vari Paesi, i nostri indici registrano invece che il benessere e la qualità della
vita in molti Stati è diminuito. Una buona parte della popolazione, soprattutto quella
giovanile, non ha lavoro ed anche una variazione del costo del pane o dei generi primari
fa la differenza.
D. – Quale eco ha il Rapporto di Social Watch in
Italia e all’estero?
R. – A livello delle Nazioni Unite c’è una certa
attenzione: lo Undp, che si occupa di programmi di sviluppo, ha adottato nelle ultime
edizioni anche i nostri indici nelle ultime edizioni. A livello italiano, è più complesso
e la situazione è molto grave: la risposta in termini di politiche non c’è. E’ tempo
veramente di ripensare il paradigma di sviluppo, di ripensare il ruolo della società
civile, di pretendere dai governi che rispettino non solo gli impegni presi, ma che
rispettino anche i diritti umani fondamentali, sociali ed economici di tutti.
Andrea
Baranes, portavoce della Campagna ZeroZeroCinque: l’altra mobilitazione
in piazza oggi a Roma e in molte altre città del mondo, ci spiega cos’è la Ttf, la
tassa sulle transazioni finanziarie…
R. – E’ una tassa molto piccola
dello 0,05 per cento sulla compravendita di titoli: cosa vuol dire questo? Se io sono
uno speculatore che compro e vendo centinaia di volte questo titolo per guadagnare
su piccole oscillazioni dei prezzi, dovrei pagare centinaia di volte questa tassa
molto piccola, ma che diventerebbe una tassa molto grande. Quindi si tratta di uno
strumento straordinario per fermare la speculazione e senza danneggiare in nessun
modo gli investimenti, l’economia reale o i piccoli risparmiatori. Se applica nella
sola zona euro, il gettito sarebbe di 200 miliardi di euro l’anno; se applicata a
livello internazionale, sarebbe di 650 miliardi di dollari, che secondo le reti della
società civile dovrebbero andare per metà per obiettivi interni di spese sociali –
welfare – per rimettere in sesto i conti pubblici devastati dalla crisi; l’altra metà
per obiettivi internazionali e cioè per la cooperazione allo sviluppo e per la lotta
ai cambiamenti climatici. (mg)