2011-02-16 15:03:10

Scontri e proteste in Yemen, tensione alta in Tunisia, prime scintille in Libia


La protesta antigovernativa dilaga anche oggi nel mondo arabo. Scontri si segnalano in Libia, dove sarebbero decine i feriti, e nello Yemen. La situazione resta tesa anche Tunisia. Il servizio di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

Il fuoco della protesta arriva ad infiammare anche la Libia, dove questa notte a Bengasi sono scoppiate proteste contro il leader libico Gheddafi; proteste sfociate in scontri con le forze di sicurezza, intervenute per bloccare la manifestazione. Eppure i media locali non riferiscono nessuna notizia del genere, e anzi parlano di molteplici manifestazioni di sostegno a Gheddafi. Ed anzi insistono sul rilascio, in giornata, di 110 detenuti, ora rinchiusi nel carcere 'Abu Salim' di Tripoli per appartenenza al Gruppo Combattente Islamico, un'organizzazione integralista ritenuta fuori legge. Nello Yemen, anche stamattina – ed è il quinto giorno consecutivo – giovani hanno invaso le strade della capitale Sana’a per chiedere le dimissioni del presidente Saleh, al potere da 32 anni; anche qui si segnalano incidenti e feriti, in particolare 2 giornalisti, picchiati in piazza. Solo ieri la polizia aveva disperso i manifestanti che si dirigevano verso il palazzo presidenziale. Situazione più tranquilla, ma non serena, invece, in Tunisia, dove un gruppo di giovani di tendenza salafita ha organizzato una protesta nel centro di Tunisi per chiedere la chiusura della locale sinagoga. Attesa piena di tensione, infine, in Algeria, per la manifestazione di sabato, indetta da partiti d'opposizione, sindacati e associazioni, membri del Collettivo nazionale per la democrazia e il cambiamento.

La protesta in Libia
La rivolta politica e sociale che ha interessato i Paesi arabi potrebbe dunque dilagare anche in Libia, dove da oltre 40 anni è al potere il colonnello Muhammar Gheddaffi. Sulla situazione venutasi a creare in Libia, Stefano Leszczynski ha intervistato Camille Eid, giornalista esperto di Paesi arabi per il quotidiano "Avvenire":RealAudioMP3

R. – La situazione libica soffre di progetti di "democrazia ereditaria" - visto che anche lui stava preparando il figlio alla successione - di libertà di stampa inesistente: ci sono tutti gli elementi per provocare una rivolta e cambiare questo stato dei fatti.

D. - Allo stesso tempo però appare uno dei Paesi più difficili dove potere immaginare un’opposizione organizzata al regime…

R. - Questo è vero perché la repressione è stata dura negli ultimi anni a cominciare dagli islamici fino a tutti i partiti di sinistra o affini. Non dimentichiamo che l’Europa è stata complice di questa repressione perché hanno considerato come stabilità questa permanenza di una dittatura. Ricordiamo che la Libia è stata, per esempio, cancellata dalla lista degli “Stati canaglia” e che ha trovato un compromesso sulla vicenda di Lockerbie in cambio di un controllo dell’emigrazione dei clandestini verso l’Europa - cosa che poi la Libia non ha completamente onorato - e di una rinuncia al suo programma nucleare.

D. - La Libia si differenzia un po’ dagli altri Stati in cui ci sono state le rivolte per la debolezza di un sistema di opposizione ben strutturato. Questo potrebbe lasciare aperta l’ipotesi di una protesta guidata dall’islam radicale in Libia?

R. – Bisogna ammettere che i Fratelli musulmani o dei partiti affini è attivo. Ci sono state diverse sollevazioni di musulmani negli ultimi anni. D’altra parte il governo ha anche rilasciato nei mesi scorsi alcuni detenuti politici, in gran parte islamici, proprio come gesto di apertura. I partiti libici dell’opposizione si sono riuniti ultimamente in una conferenza nazionale dell’opposizione: una piattaforma che raggruppa, sì, dei musulmani ma non solo e, quindi, è attesa anche per domani una manifestazione di massa perché ricorre l’anniversario di un’intifada scoppiata nel febbraio del 2006. Bisogna vedere se può rappresentare la scintilla di una rivolta in Libia. Bisogna vedere quanto tempo ci vorrà, perché un regime come quello di Gheddafi non avrà nessuna paura di utilizzare la forza militare pur di reprimere le aspirazioni del suo popolo. (bf)








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