Divampa la protesta nel mondo arabo: manifestazioni e scontri in Libia e in Iran
La protesta antigovernativa dilaga anche oggi nel mondo arabo. Scontri si segnalano
in Libia, dove sarebbero decine i feriti, e nello Yemen. La situazione resta tesa
anche Tunisia. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Il fuoco
della protesta arriva ad infiammare anche la Libia, dove questa notte a Bengasi sono
scoppiate proteste contro il leader libico Gheddafi; proteste sfociate in scontri
con le forze di sicurezza, intervenute per bloccare la manifestazione. Eppure i media
locali non riferiscono nessuna notizia del genere, e anzi parlano di molteplici manifestazioni
di sostegno a Gheddafi. Ed anzi insistono sul rilascio, in giornata, di 110
detenuti, ora rinchiusi nel carcere 'Abu Salim' di Tripoli per appartenenza al Gruppo
Combattente Islamico, un'organizzazione integralista ritenuta fuori legge. Nello Yemen,
anche stamattina – ed è il quinto giorno consecutivo – giovani hanno invaso le strade
della capitale Sana’a per chiedere le dimissioni del presidente Saleh, al potere da
32 anni; anche qui si segnalano incidenti e feriti, in particolare 2 giornalisti,
picchiati in piazza. Solo ieri la polizia aveva disperso i manifestanti che si dirigevano
verso il palazzo presidenziale. Situazione più tranquilla, ma non serena, invece,
in Tunisia, dove un gruppo di giovani di tendenza salafita ha organizzato una protesta
nel centro di Tunisi per chiedere la chiusura della locale sinagoga. Attesa piena
di tensione, infine, in Algeria, per la manifestazione di sabato, indetta da
partiti d'opposizione, sindacati e associazioni, membri del Collettivo nazionale
per la democrazia e il cambiamento.
La protesta in Libia La rivolta
politica e sociale che ha interessato i Paesi arabi potrebbe dunque dilagare anche
in Libia, dove da oltre 40 anni è al potere il colonnello Muhammar Gheddaffi. Sulla
situazione venutasi a creare in Libia, Stefano Leszczynski ha intervistato
Camille Eid, giornalista esperto di Paesi arabi per il quotidiano "Avvenire":
R. – La situazione
libica soffre di progetti di "democrazia ereditaria" - visto che anche lui stava preparando
il figlio alla successione - di libertà di stampa inesistente: ci sono tutti gli elementi
per provocare una rivolta e cambiare questo stato dei fatti.
D. - Allo
stesso tempo però appare uno dei Paesi più difficili dove potere immaginare un’opposizione
organizzata al regime…
R. - Questo è vero perché la repressione è stata
dura negli ultimi anni a cominciare dagli islamici fino a tutti i partiti di sinistra
o affini. Non dimentichiamo che l’Europa è stata complice di questa repressione perché
hanno considerato come stabilità questa permanenza di una dittatura. Ricordiamo che
la Libia è stata, per esempio, cancellata dalla lista degli “Stati canaglia” e che
ha trovato un compromesso sulla vicenda di Lockerbie in cambio di un controllo dell’emigrazione
dei clandestini verso l’Europa - cosa che poi la Libia non ha completamente onorato
- e di una rinuncia al suo programma nucleare.
D. - La Libia si differenzia
un po’ dagli altri Stati in cui ci sono state le rivolte per la debolezza di un sistema
di opposizione ben strutturato. Questo potrebbe lasciare aperta l’ipotesi di una protesta
guidata dall’islam radicale in Libia?
R. – Bisogna ammettere che i Fratelli
musulmani o dei partiti affini è attivo. Ci sono state diverse sollevazioni di musulmani
negli ultimi anni. D’altra parte il governo ha anche rilasciato nei mesi scorsi alcuni
detenuti politici, in gran parte islamici, proprio come gesto di apertura. I partiti
libici dell’opposizione si sono riuniti ultimamente in una conferenza nazionale dell’opposizione:
una piattaforma che raggruppa, sì, dei musulmani ma non solo e, quindi, è attesa anche
per domani una manifestazione di massa perché ricorre l’anniversario di un’intifada
scoppiata nel febbraio del 2006. Bisogna vedere se può rappresentare la scintilla
di una rivolta in Libia. Bisogna vedere quanto tempo ci vorrà, perché un regime come
quello di Gheddafi non avrà nessuna paura di utilizzare la forza militare pur di reprimere
le aspirazioni del suo popolo. (bf)
Scontri in Iran Resta sempre
delicata la situazione anche in Iran. Scontri stamattina a Teheran durante funerali
di uno dei due giovani morti durante le manifestazioni anti governative di lunedì.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Ancora scontri
a Teheran tra sostenitori del governo e manifestanti antigovernativi. A renderlo noto
è la televisione di Stato precisando che gli scontri sono avvenuti stamani durante
i funerali di un giovane morto lunedì scorso. Il governo ha organizzato funerali di
Stato per il ragazzo e precisato che il giovane, definito un martire della Repubblica
islamica, era uno studente appartenente alle milizie dei volontari islamici, che lunedì
hanno appoggiato la polizia anti-sommossa contro le manifestazioni dell'opposizione.
Secondo fonti dell’opposizione, invece, il ragazzo faceva parte del quartier
generale di Hossein Moussavi, uno dei leader della protesta. Proprio Moussavi ha salutato
oggi quelle che ha definito le ''grandi manifestazioni'' svoltesi lunedì, respingendo
ogni interferenza di “stranieri” nelle vicende interne del Paese. Il presidente
iraniano Ahmadinejad ha affermato che i "nemici" che hanno organizzato le manifestazioni
dell'opposizione falliranno nella loro campagna contro il governo. Ieri, infine,
il presidente americano Barack Obama ha condannato le violenze in Iran e ha detto
di sperare che, come successo in Egitto, gli iraniani “abbiano il coraggio” di continuare
a protestare.
Bahrein, preoccupazione degli Stati Uniti Gli Stati
Uniti hanno espresso preoccupazione per le violenze registrate nelle ultime ore in
Bahrein e chiedono a tutte le parti in causa di porre fine agli scontri. Ieri nel
Paese due persone sono morte in scontri avvenuti durante una manifestazione anti-governativa.
Nuovi disordini sono esplosi durante i funerali di una delle vittime.
Egitto,
fase di transizione In Egitto si procede nella riorganizzazione istituzionale
nella fase post Mubarak. L’esercito, attualmente al potere nel Paese, ha fatto sapere
di voler emendare rapidamente la Costituzione. Il servizio di Mariapia Iacapraro:
Il Consiglio
Supremo delle Forze Armate ha annunciato che emenderà una nuova costituzione entro
10 giorni. Entro due mesi verrà inoltre indetto un referendum popolare. I militari
hanno dichiarato in un comunicato che l’obiettivo è di “trasferire il potere ricevuto
ad autorità civili e a un presidente eletto in elezioni libere e corrette che riflettano
la volontà del popolo”. Per la fine della fase di transizione, come annunciato dai
militari, bisognerà attendere le elezioni legislative e presidenziali che secondo
diverse fonti si dovrebbero tenere a settembre. Dopo le manifestazioni che hanno portato
alle dimissioni di Hosni Mubarak, si susseguono inoltre preoccupanti notizie: il direttore
della Rete araba d’informazione dei diritti umani, Gamal Eid, ha detto che centinaia
di persone, probabilmente arrestate durante le proteste, sono ancora introvabili e
considerate “disperse”. Sempre più pesante, poi, il bilancio delle vittime. Mancano
cifre ufficiali, ma secondo l'Onu e Human Rights Watch, le persone rimaste uccise
durante le manifestazioni sono almeno 300. Nel Paese, intanto, rimarranno chiuse
fino a domenica le banche, a causa dello sciopero dei dipendenti.
Anche la Borsa del Cairo resterà chiusa, fino a quando la situazione non sarà tornata
normale. Resta ancora avvolta nel mistero, infine, la sorte di Mubarak per alcune
fonti gravemente malato e addirittura in coma. Secondo altre sarebbe morto e per il
sito arabo-israeliano al-Arab, invece, l’ex presidente si troverebbe
in Israele.
India, nuovi sforzi contro la corruzione Linea dura
del governo indiano contro la corruzione. Il premier Singh, alla luce delle ultime
inchieste che negli ultimi mesi hanno coinvolto alcuni ministri, ha garantito punizioni
esemplari assicurando che non intende lasciare il suo incarico. Il primo ministro
ha inoltre aggiunto di ''non avere paura di comparire davanti a una commissione di
inchiesta parlamentare'', come richiesto dall'opposizione, che per protesta ha bloccato
l'attività parlamentare.
Italia: Berlusconi all’indomani del rinvio a giudizio “Non
sono affatto preoccupato e, per amor di patria, di questo non parlo”. Lo ha detto
il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, durante una conferenza
congiunta con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti il giorno dopo il suo rinvio
a giudizio con rito immediato per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile.
Il processo inizierà il 6 aprile prossimo davanti ai giudici della quarta sezione
penale in composizione collegiale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
non ha commentato la notizia del rinvio a giudizio, ma ha affermato che questi sono
“tempi difficili” per il Paese.
Filippine, processo di pace Il governo
filippino e i ribelli comunisti del Fronte Democratico Nazionale (Ndf) si sono riuniti
a Oslo per avviare con la mediazione norvegese un nuovo processo di pace. Gli ultimi
negoziati tra le due parti, terminati senza alcun risultato concreto, risalgono al
2004.
Grecia, riforma del trasporto pubblico Via libera in Grecia
al disegno di legge sulla riforma del trasporto pubblico. Dopo un acceso dibattito
tra governo e partiti di opposizione, il testo è stato approvato la scorsa notte.
I lavoratori del comparto, dopo oltre un mese di sciopero si sono riuniti fuori dal
Parlamento per esprimere ancora una volta la loro opposizione al progetto di riforma.
(Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 47