All’udienza generale, il Papa parla di San Giovanni della Croce: la fede non è
un fardello, ma luce per la nostra vita
Benedetto XVI ha dedicato la catechesi dell’udienza generale di stamani, in Aula Paolo
VI, a San Giovanni della Croce, grande mistico del XVI secolo, amico di Santa Teresa
d’Avila. Il Papa ha ripercorso la vita del Santo spagnolo e si è soffermato sull’insegnamento
spirituale del “Dottore mistico” e riformatore dei carmelitani. La sua dottrina, ha
osservato il Papa, descrive “un cammino sicuro per giungere alla santità, lo stato
di perfezione cui Dio chiama tutti noi”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
San Giovanni
della Croce, ha detto Benedetto XVI, ci insegna che seguire Cristo “non è un fardello”,
ma è la luce che ci aiuta nella vita di ogni giorno. Il Papa ha rammentato che l’esistenza
del Santo spagnolo non fu un “volare sulle nuvole mistiche”: fu invece molto dura,
“pratica e concreta”. Di qui, ha sottolineato che l’esperienza di San Giovanni della
Croce è un modello per tutti, non solo per poche anime elette:
“Se
un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali, e sopporta più
facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa
è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù”.
La
santità, ha affermato il Papa, non è opera nostra, ma è un aprire le finestre della
nostra anima alla luce di Dio, affinché possa trasformare la nostra vita. Santità,
ha soggiunto, è dunque innanzitutto lasciarsi amare da Dio:
“Preghiamo
il Signore perché ci aiuti a trovare questa santità di lasciarsi amare da Dio, che
è la vocazione di noi tutti e la vera redenzione”.
Ha così ripercorso
la vita di San Giovanni della Croce, segnata da sofferenze, difficoltà e incomprensioni
sempre superate con un’incrollabile fiducia nel Signore. Ed ha ricordato l’amicizia
spirituale con Teresa d’Avila, assieme alla quale riformarono la famiglia religiosa
carmelitana. Il Pontefice ha enumerato le opere maggiori del Santo: “Ascesa al Monte
Carmelo”, “Notte oscura”, “Cantico spirituale” e “Fiamma d’amor viva”. Ad accomunare
questi testi mistici è il cammino di purificazione progressiva dell’anima per scalare
la vetta della perfezione cristiana. Una vetta simboleggiata dal Monte Carmelo:
“Tale
purificazione è proposta come un cammino che l’uomo intraprende, collaborando con
l'azione divina, per liberare l'anima da ogni attaccamento o affetto contrario alla
volontà di Dio.La purificazione, che per giungere all'unione
d’amore con Dio dev’essere totale, inizia da quella della vita dei sensi e prosegue
con quella che si ottiene per mezzo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità,
che purificano l'intenzione, la memoria e la volontà”.
Del resto,
San Giovanni della Croce, nella “Notte oscura”, descrive l'aspetto “passivo”, ossia
l'intervento di Dio nel processo di “purificazione” dell'anima. “Lo sforzo umano,
infatti – ha sottolineato il Papa – è incapace da solo di arrivare fino alle radici
profonde delle inclinazioni e delle abitudini cattive della persona: le può solo frenare,
ma non sradicarle completamente”. D’altro canto, ha rilevato, quello che rende
l'anima pura e libera “è eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose”:
“Il
lungo e faticoso processo di purificazione esige lo sforzo personale, ma il vero protagonista
è Dio: tutto quello che l'uomo può fare è 'disporsi', essere aperto all'azione divina
e non porle ostacoli. Vivendo le virtù teologali, l’uomo si eleva e
dà valore al proprio impegno. Il ritmo di crescita della fede, della speranza e della
carità va di pari passo con l’opera di purificazione e con la progressiva unione con
Dio fino a trasformarsi in Lui”.
Quando si giunge a questa
meta, ha constatato, “l’anima si immerge nella stessa vita trinitaria” così da amare
Dio “con il medesimo amore con cui Egli la ama, perché la ama nello Spirito Santo”.
Ecco perché, ha detto il Pontefice, San Giovanni della Croce sostiene che “non esiste
vera unione d’amore con Dio se non culmina nell’unione trinitaria”. Al
momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rivolto un pensiero affettuoso alle Missionarie
della Carità presenti in Aula Paolo VI, ringraziandole per la “gioiosa testimonianza
cristiana che rendono nei diversi continenti, sulle orme della loro indimenticabile
fondatrice” Madre Teresa di Calcutta. Quindi, ha rivolto un saluto ai coordinatori
regionali dell’Apostolato del mare, in occasione del convegno promosso dal Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, incoraggiandoli ad “individuare
adeguate risposte pastorali ai problemi dei marittimi e delle loro famiglie”.