2011-02-15 14:22:07

Il Concilio Vaticano II e la libertà religiosa: una rilettura della "Dignitatis humanae"


Il diritto alla libertà religiosa, difeso a ripetizione dal Papa e della Chiesa soprattutto in un'epoca, come la recente, di rinnovate persecuzioni contro i cristiani, ha in realtà un'antica radice nella Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae, dedicata a questo aspetto. Sulla dottrina di questo documento, approvato il 7 dicembre 1965, si sofferma il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, nella sua rubrica settimanale di approfondimento dedicata al Vaticano II:RealAudioMP3

Dal recente Rapporto dell’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” risulta che il 70% dell’umanità vive nei aesi dove la libertà religiosa è limitata, e le persecuzioni per ragioni di fede non sono mai cessate.
Secondo il Rapporto, negli ultimi anni su 100 vittime dell'intolleranza religiosa, 75 sono cristiani. Non di rado, anche nella nostra epoca, il prezzo per professare la fede in Gesù Cristo è quello di essere imprigionati, torturati o uccisi. Spesso – come ha detto Benedetto XVI a Londraimplica anche "essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia”.

In questa situazione, vale la pena rileggere la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa, la quale afferma “che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa” (n. 2). E poi precisa: “questo diritto […] deve essere riconosciuto come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società”. Purtroppo, non tutti i politici hanno voglia di promuovere una libertà religiosa reale, e non soltanto dichiarativa (n. 2).

La libertà religiosa va vista in due modi: come una “libertà da”, e una “libertà per”. Infatti, il Concilio rileva: “che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, […] di agire in conformità ad essa” (n. 2). La libertà religiosa non può tuttavia essere limitata soltanto alla vita privata, poiché “la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione […] e professi la propria religione in modo comunitario” (n. 3).

Nella sua dimensione sociale, la libertà religiosa significa, tra gli altri, il diritto di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, di nominare i propri ministri, di comunicare con le autorità e con le comunità religiose che vivono in altri paesi, di costruire edifici religiosi. Oggi la Chiesa deve dare risposte a tante di quelle situazioni dove tali diritti vengono violati.







All the contents on this site are copyrighted ©.