2011-02-15 15:56:18

Filippine, governo e ribelli negoziano a Oslo un nuovo processo di pace


Il governo filippino e i ribelli comunisti del Fronte democratico nazionale (NDF) si sono riuniti a Oslo per avviare con la mediazione norvegese un nuovo processo di pace. Gli ultimi negoziati tra le due parti, conclusisi senza alcun risultato concreto, risalgono al 2004. I colloqui di Oslo che verranno condotti a porte chiuse si concentreranno soprattutto su tematiche di tipo economico sociale, ma in un clima di grande tensione a causa del recente arresto di uno dei leader del NDF. Sulle aspettative di questi colloqui riflette Carlo Filippini, docente di economia all’Università Bocconi di Milano ed esperto di Asia orientale, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

R. - Questo è certamente un segnale positivo e molti sperano che porti davvero a una conclusione. Nello stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che la ribellione comunista ha una vita di più di 40 anni e che ci sono stati molti altri episodi di trattative che non hanno avuto più nessun esito, di violazione di accordi che erano stati sottoscritti dal governo e dal partito comunista con i ribelli. Tutte queste difficoltà fanno sorgere qualche scetticismo sulla reale possibilità che si concluda un accordo di pace definitivo.

D. – Tra i temi che verranno discussi spiccano soprattutto quelli di tipo economico e sociale, compresa la questione della riforma agraria. Ma resta un punto di fatto, e cioè l’incompatibilità tra gli scopi delle due parti che siedono al tavolo delle trattative...

R. – Infatti, la ribellione comunista - soprattutto nella parte meridionale del Paese, dove si accompagna ed è alleata all’insorgenza musulmana - deriva soprattutto da condizioni sociali e politiche delle minoranze locali, che si sentono trascurate dal governo centrale. Nello stesso tempo bisogna ricordare che entrambi, il governo, e più esattamente la classe politica e militare delle Filippine, e dall’altro lato il partito comunista delle Filippine sono molto scettici su un accordo negoziato e, in un certo senso, preferiscono la soluzione di forza, la soluzione finale che porti a sbaragliare l’avversario.

D. – Questi negoziati avviati con i ribelli comunisti possono essere letti nello stesso contesto dei negoziati che sono stati avviati dal governo con i ribelli islamici del sud delle Filippine?

R. – In effetti, c’è un parallelismo e un tentativo del governo delle Filippine di conseguire una tregua con i ribelli musulmani, in modo da poter concentrare le proprie forze contro i ribelli comunisti. L’insorgenza comunista è quella che viene ritenuta la più grave all’interno del Paese, perché non riguarda solo alcune province meridionali e perché avrebbe, come scopo finale, non tanto un distacco o una fortissima autonomia di parte del territorio delle Filippine, ma proprio il rovesciamento dell’ordine sociale e politico attuale del Paese. (ap)







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