Cinema del reale al Festival di Berlino, in cartellone il film di Wenders su Pina
Bausch
La meravigliosa avventura di una coreografa, gli affreschi di una caverna preistorica,
la parabola decadente di un tragico eroe moderno, un uomo che percorre un Paese nel
tentativo di espiare la sua colpa: presentando nel suo programma quattro film documentari
la 61.ma Berlinale testimonia in questi giorni l’irresistibile ascesa del cinema del
reale. In “Pina”, Wim Wenders riprende in 3D le prove e gli spettacoli della compagnia
fondata da Pina Bausch. Il personaggio della ballerina coreografa, scomparsa due anni
fa, rivive nei gesti e nelle parole dei suoi allievi con tale intensità da far percepire,
dietro alla tridimensionalità delle immagini, la profondità di uno spirito che ha
saputo trasmettere la sua passione ai corpi e alle menti. “In the cave of forgotten
Dreams”, Werner Herzog esplora, anche lui con i mezzi del cinema tridimensionale,
uno dei luoghi più gelosamente conservati del mondo, la grotta Chauvet, nel sud della
Francia, dove nel 1994 furono scoperte centinaia di pitture risalenti a oltre 30 mila
anni fa. La curiosità del regista tedesco per i fenomeni naturali o gli avvenimenti
che si staccano dalla pura materialità, trova nelle linee di quest’arte preistorica
il suo terreno ideale. Percorrere e ripercorrere gallerie e cunicoli, ascoltare gli
studiosi che lavorano all’interpretazione di queste tracce del passato, inserire il
luogo in una più vasta geografia dell’umanità crea all’interno della rappresentazione
realistica di Herzog una sorta di fantasticheria che lascia lo spettatore in balia
dell’immaginario. Dal passato sognato al presente bruciante il passo è breve. Nella
stessa giornata di Wenders e Herzog, un altro regista tedesco, Cyril Tuschi, racconta
in “Khodorkovsky” l’ascesa e la caduta dell’oligarca recentemente condannato a molti
anni di prigione dalla giustizia russa. Molto vicino ai modi e ai tempi del reportage,
il film fa emergere i dettagli più segreti e misteriosi di una vicenda che ha fatto
di un ex-funzionario di partito uno degli uomini più potenti della federazione Russa
fino alla sua fatale contrapposizione con Vladimir Putin. Sempre restando nel campo
della contemporaneità, un altro film proveniente dal sud del mondo ci racconta una
tragedia della politica e della storia. Il protagonista cileno di “El Mocito” di Marcela
Said e Jean de Certeau ai tempi della prima dittatura di Pinochet, fu inviato quattordicenne
dalla campagna in città per guadagnarsi da vivere. Assunto come ragazzo tuttofare
da una brigata dell’esercito, fu testimone per anni della tortura e della morte di
molti detenuti politici. Oggi percorre a piedi il Paese per rendere giustizia alle
vittime e assicurare i colpevoli alla giustizia. Strutturato in maniera semplice e
lineare, il film scava in quella fascia torbida che sta fra la colpa e la redenzione,
mostrando con straordinaria evidenza il dolore di un’umanità che non può ancora dimenticare.
(Da Berlino, Luciano Barisone)