Settimana europea contro la sabbiatura nella produzione dei jeans
Da oggi parte la Settimana europea di mobilitazione per l’abolizione della sabbiatura
nella produzione dei jeans. Una tecnica pericolosa per la salute dei lavoratori, messa
in atto da molte aziende, anche italiane, per rendere più appetibile commercialmente
il prodotto. Le organizzazioni che aderiscono alla Clean Clothes Campaign da mesi
hanno iniziato una campagna per dire "no" a questa pratica e ora chiedono di firmare
la petizione sul sito www.abitipuliti.org. Alessandro Guarasci ha intervistato
la portavoce della campagna in Italia, Deborah Lucchetti:
R. - La sabbia
viene esalata dagli operatori, che praticamente non hanno protezione - eccetto mascherine
molto sottili - e quindi l’inalazione è costante. L’esposizione permanente a questo
tipo di polveri può provocare silicosi, che, come sappiamo, è una malattia mortale.
La silicosi, in questi casi, viene costantemente riscontrata in tempi molto brevi:
può essere acquisita in sei mesi e si può morire in 24 ore. E’ quindi una situazione
molto grave, che ha già fatto 50 vittime in Turchia e che potrebbe interessare migliaia
di lavoratori nel mondo.
D. - In quali altri Paesi del mondo viene attuata
questa tecnica?
R. - Noi, in questo momento, stiamo facendo una serie
di ricerche ma abbiamo ragione di pensare che sia attuata in Bangladesh, in Cina e
in alcuni Paesi del Maghreb, dove esistono vaste zone di lavorazione del denim. Tra
l’altro, sono impegnate anche molte imprese europee ed italiane. Molto spesso si tratta
di lavoratori che sostanzialmente lavorano in nero, perciò è anche molto difficile
risalire alle connessioni tra lavoratore, malattia e processo produttivo.
D.
- Le aziende produttrici quali benefici economici ricavano da questo tipo di lavorazione?
C’è un surplus di fatturato?
R. - La cosa paradossale è che il jeans
denim lavorato, stressato, reso più pallido, più schiarito ed anche rotto in qualche
maniera, insomma tutti questi interventi che modificano e rompono la fibra, lo rendono
più costoso. Sono lavorazioni che arrecano un beneficio economico alle imprese che
possono quindi incrementare il prezzo dei prodotti di una percentuale significativa.
D.
- Voi dite che ci sono alcune aziende italiane come Diesel, Dolce e Gabbana ed Armani
che hanno rifiutato di instaurare un dialogo contro questa pratica. I cittadini, concretamente,
cosa possono fare?
R. - Possono unirsi a noi nella Settimana di mobilitazione
europea e quindi firmare il nostro appello, le lettere che sono presenti sui nostri
siti, da inviare proprio a queste imprese, affinché cessino immediatamente questa
tecnica. Possono fare presente questi problemi. Lo possono fare direttamente alle
imprese, ai negozi in cui vanno ad acquistare normalmente i loro prodotti, lo possono
fare attraverso un’adesione diretta alla campagna internazionale. (vv)