2011-02-12 10:20:34

Gli 80 anni della Radio Vaticana: dalle onde ai bit, quando i Papi sconfissero la babele delle lingue


Un microfono aperto per amplificare nel mondo la voce dei Papi, raccontare la vita delle Chiese di ogni angolo del pianeta, difendere la fede cristiana da chi la considera superata o scomoda. Sono 80 anni che generazioni di giornalisti, di tecnici e di altre maestranze si mettono ogni giorno al lavoro alla Radio Vaticana per assolvere a questo preciso servizio. Con Benedetto XVI, sono sette i Pontefici che si sono avvalsi di questo strumento, che il primo fra loro, Pio XI, definì un “poderoso mezzo materiale per la diffusione dell’Idea”, cioè il Vangelo. E ad ogni traguardo raggiunto, ciascun Papa non ha dimenticato di celebrare l’importanza della “sua” Radio, come ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

(musica)

Ottant’anni di storia mostrano, della Radio Vaticana, un aspetto incontestabile: la più moderna tecnologia non ha mai snaturato la sua anima più antica. Né i pesi della storia hanno reso meno veloci i suoi messaggi. È un principio che vale da quando chi la volle, Pio XI, per primo tracciò nell’etere la traiettoria di un contenuto e di uno stile: la Radio del Papa intende parlare delle cose del cielo a chi sta sulla terra, senza distinzioni. E vuole farlo in quante più lingue possibili, quasi a voler sancire la sconfitta di Babele, dove all’inizio del mondo la diversità di idiomi oscurò la comprensione di Dio, mentre l’accordo col quale oggi lavorano le oltre 40 lingue portate al microfono può aiutare a ritrovare il sentore di quella perduta unità.

La grande storia parte con la cronaca di un memorabile pomeriggio. Sono circa le 16.40 e una leggera tramontana serpeggia tra la folla riunita sulla collinetta alle spalle della Basilica di San Pietro, sede della nuova Statio Radiofonica della Città del Vaticano. Il 56.enne Guglielmo Marconi – celebrato genio della fisica ma soprattutto principale autore delle portentose macchine che da ore stanno rombando a pieno regime – si avvicina al grande microfono e dice:

“Ho l’altissimo onore di annunziare che fra pochi istanti il Sommo Pontefice Pio XI inaugurerà la Stazione radio dello Stato della Città del Vaticano. Le onde elettriche trasporteranno in tutto il mondo, attraverso gli spazi, la sua parola di pace e di benedizione. Per circa 20 secoli, il Pontefice Romano ha fatto sentire la parola del suo divino magistero nel mondo, ma questa è la prima volta che la sua viva voce può essere percepita simultaneamente su tutta la superficie della terra…”.

Gli sguardi sono ora tutti su Pio XI. Questi si alza dalla poltrona rossa, guadagna il tozzo microfono lasciato libero da Marconi e comincia a parlare. Sono le 16,49 e mezzo mondo – da New York a Melbourne – sta ascoltando in simultanea. È il “miracolo” del primo Papa che conquista la dimensione dello spazio-tempo:

(parole in latino)

“…Ci rivolgiamo primieramente a tutte le cose e a tutti gli uomini, loro dicendo, qui e in seguito, con le parole stesse della Sacra Scrittura: ‘Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la terra le parole della mia bocca. Udite, o genti tutte, tendete l'orecchio, o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero. Udite, o isole, ed ascoltate, o popoli lontani’”.

In principio, dunque, è il magistero “hertziano”. Cinque dei sette Papi della Radio viaggeranno solo sulle onde. Da questa impalpabile via di comunicazione si scrivono pagine di storia, come quando nel radiomessaggio del 24 agosto 1939 Pio XII invita le nazioni a desistere dai propositi bellici – “perché nulla è perduto con la pace, ma tutto può esserlo con la guerra”. O si scrivono pagine di speranza, quelle contenute del milione e 240 mila messaggi che la Radio Vaticana lancia dal ’40 al ’46, permettendo a madri, mogli e fidanzate di avere notizie sulla sorte dei loro uomini, dispersi o prigionieri di guerra. Finché, ristabilita la pace, arriva il momento di tornare agli obiettivi iniziali, di allargare gli orizzonti, di garantire alla voce del Papa e della Chiesa una gittata più vasta. Lo dichiara lo stesso Pio XII, il 27 ottobre 1957, inaugurando il Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria e trovando, per l’occasione, accenti simili a quelli di Pio XI:

(parole in latino)

“Ascoltate o popoli lontani, porgete tutti l’orecchio; dalla nuova Stazione Radio Vaticana, da questa selva di antenne, cui sovrasta, alta e invitta la Croce, segno di verità e carità, si rivolge a voi la nostra parola (…) L’invenzione della Radio mette a disposizione nuovi mezzi e nuove energie perché si adempia su più larga scala e più facilmente il comandamento dato da Gesù agli Apostoli (…) Predicate il vangelo ad ogni creatura”.

Gli Anni Sessanta sono quelli dell’affermazione della tv, la “sorella della radio”, come dirà Giovanni XXIII. Ma sono anche gli anni del Concilio, “fucina” di pensiero e di spirito che cambierà per sempre la Chiesa. La Radio Vaticana racconta per intero le fasi dell’assise – tremila ore di trasmissione, 30 lingue al microfono – mentre, su un altro versante, si ingegna nell’inventare trasmissioni che portino al di là dei muri, dove la Chiesa è silenzio e in schiavitù, il soffio della novità che spira da Roma. Dirà Papa Roncalli il 12 febbraio 1961, celebrando il 30.mo dell’emittente vaticana:

“Le onde radiofoniche poste a servizio del perenne magistero della Chiesa diffondono così un invito alla verità, che sola può salvare l'uomo dal pericolo di arrendersi alle inclinazioni sensibili, restituendolo alla sua dignità di figlio di Dio. Esse sono monito a dire la verità, a vivere in essa (…) E diffondono ed amplificano ancora un invito alla carità, per il superamento — nel reciproco rispetto — delle barriere di nazionalità, di stirpe, di distinzioni sociali, per richiamare all'alto bene della unione, della mutua collaborazione, dell'intesa concorde e costruttiva”.

Storia religiosa, cultura biblica, approfondimenti spirituali. E ancora, il catechismo sminuzzato al microfono per adulti e bambini e la critica serrata alle ideologie che servono i totalitarismi. Dal suo esordio nell’etere, la Radio Vaticana ha sempre prodotto trasmissioni di “formazione”. L’informazione c’è, ma si limita essenzialmente alle vicende vaticane; le cronache di altro genere, di taglio più giornalistico, non hanno ancora i loro spazi. Chi inverte questo senso di marcia è Paolo VI. Nell’etere che si va affollando di voci, Papa Montini vuole che la Radio Vaticana non si più solo un altoparlante del magistero, ma un opinion maker, incisivo, che dica la sua su ciò che accade nel mondo. Intenzioni nette, che Paolo VI dichiara il 30 giugno 1966, tra i macchinari del Centro di Santa Maria di Galeria:

“La soddisfazione, che Ci procura questa visita, Ci suggerisce a confidare a voi tutti, che stimiamo amici della Nostra Radio-Vaticana, il proposito di darle nuovi perfezionamenti e nuovi incrementi, specialmente per quanto riguarda il settore dei programmi. È questa la parte principale dell’opera relativa alla Radio: cioè il suo scopo, il suo uso, la sua effettiva utilità. A nulla servirebbe avere un magnifico strumento, se poi non lo sapessimo magnificamente adoperare”.

Non riuscirà a servirsi della “sua” Radio, perché un superiore disegno ha disposto altrimenti. Ma le intenzioni c’erano tutte. Giovanni Paolo I è il Pontefice dal tratto amabile che passa “come una meteora nel cielo della Chiesa”, come scrisse Fernando Bea nel libro che racconta i primi 50 anni di vita della Radio Vaticana. Tuttavia, sei giorni dopo l’elezione, nella tradizionale udienza riservata ai giornalisti che avevano seguito il Conclave, Papa Luciani fa una promessa allo stuolo di cronisti davanti a lui. È il 1 settembre 1978:

“La promessa di un'attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. E' una promessa che volentieri vi facciamo, consapevole come sono della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell'uomo moderno.”

Poi, arriva da lontano il Papa che renderà il mondo più vicino. Giovanni Paolo II è l’uomo che raggiunge latitudini inesplorate da un successore di Pietro, percorrendole da atleta di Dio e da uomo piegato dalla croce. La Radio Vaticana lo segue metro dopo metro nel milione e passa di chilometri dei suoi viaggi all’estero, raccogliendo e archiviando le migliaia di ore dei suoi discorsi. Gli è accanto, sempre: quando cade colpito il 13 maggio ’81 e quando risorge con la Chiesa dopo l’89, e avanti fino alle masse felici del grande Giubileo (6 mila ore di trasmissione) e a quelle in lacrime la sera del 2 aprile 2005. La Radio dei Papi svolge un servizio prezioso e nella sua visita alla sede dell’emittente del 5 febbraio 1980, Giovanni Paolo II lo certifica con parole tanto più significative se si considera che a pronunciarle è un uomo venuto dall’est:

“Si sforza di rendere presente il cuore stesso della Chiesa ad ogni sua parte, soprattutto collegando immediatamente con la sede di Pietro e tra loro quelle Chiese locali che si trovano in precarie condizioni di libertà religiosa. So per esperienza personale quanto la voce della Radio Vaticana sia attesa per confortare la fede e sostenere la speranza dei credenti”.

E poi fu il magistero “digitale”. L’epoca, la nostra, è preda di sigle anglofone, ognuna delle quali rappresenta una pista della grande fuga in avanti prodotta dalla comunicazione degli ultimi 15 anni, da quando Internet ha concentrato il mondo in una stanza. Bit, mail, web, link, blog, podcast, Youtube, Twitter e così via, navigando nel magma di un vocabolario infinito. La Radio si adegua: adesso la voce del Papa “scende” sempre più spesso dalle onde per viaggiare via cavo. Ma sempre in tutte le lingue possibili. E sempre richiamata dai Papi, che la spingono all’avanguardia, a ricordare l’antico principio. Come fa Benedetto XVI, il 3 marzo 2006, quando visita la Radio che compie 75 anni:

“Continuate, cari amici, ad operare nel grande areopago della comunicazione moderna (...) Ma non dimenticate che, per portare a compimento la missione affidatavi, occorre certo un'adeguata formazione tecnica e professionale, ma è necessario soprattutto che coltiviate incessantemente in voi uno spirito di preghiera e di fedele adesione agli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa”.

(musica)







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