2011-02-11 11:48:03

Un servizio con un orizzonte mondiale


L’intervento del Card. Giovanni Lajolo, Presidente del Governatorato dello SCV, in occasione della Conferenza di presentazione delle attività celebrative per l’80° della Radio Vaticana, svoltasi presso i Musei Vaticani nel pomeriggio di giovedì 10 febbraio 2011:

In quest’anno 2011 cadono insieme due anniversari importanti dei due principali e più noti media della Santa Sede: i 150 anni dell’Osservatore Romano e gli 80 anni della Radio Vaticana. Il giornale quotidiano e la radio al servizio del Papa, della Chiesa e del Vangelo attraverso le vicende del nostro tempo, seguite giorno per giorno con pazienza e attenzione per decine di anni e valutate alla luce della parola di Dio e del magistero.
E’ sempre stato naturale per la Chiesa usare gli strumenti della comunicazione sociale offerti dall’intelligenza e dall’industriosità umana. Il ricorso al giornale quotidiano e alla radio sono stati tempestivi, ma è interessante osservare che avvengono in situazioni storiche assai diverse e caratteristiche.
L’Osservatore Romano – come è stato ben ricordato in occasione della solenne presentazione del volume “Singolarissimo giornale” svoltasi all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede lo scorso 2 dicembre alla presenza del Presidente Napolitano - nasce nel 1961, insieme all’unità d’Italia e quindi al tramonto del potere temporale dei Papi, e dà voce alle ragioni della Santa Sede di fronte all’opinione pubblica italiana ed europea in tutto il lungo periodo della non risolta “questione romana”.
Ben diverso è il contesto in cui nasce la Radio Vaticana nel 1931, proprio in concomitanza della fondazione del nuovo Stato della Città del Vaticano, frutto del Trattato del Laterano fra la Santa Sede e l’Italia del 1929.

Questo è infatti il primo punto da rilevare. La Radio Vaticana nasce esattamente insieme al nuovo Stato, anzi proprio come una delle strutture che lo caratterizzano nella sua sovranità e libertà di azione internazionale. Basta osservare alcune date.
L’11 febbraio 1929 con la firma del Trattato del Laterano nasce lo Stato della Città del Vaticano, il 7 giugno il Trattato è ratificato. Già quattro giorni dopo, l’11 giugno, Guglielmo Marconi compie un primo sopralluogo nei Giardini vaticani in vista della costruzione della Stazione radio di cui è stato incaricato dal Papa Pio XI. Nel secondo anniversario della nascita dello Stato, il 12 febbraio del 31, il Papa inaugura la nuova Stazione. La Città del Vaticano ha così uno strumento proprio di telecomunicazioni che la rende sovrana e autonoma in questo campo, potendo sviluppare servizi radiotelegrafici e radiotelefonici propri. E’ giusto osservare che la prima Stazione radio, il cui edificio è tuttora esistente e ben conservato nei Giardini vaticani, era stata concepita principalmente per svolgere questi servizi di telegrafia e telefonia, e quindi la Radio nel suo nascere è strettissimamente legata alle funzioni dello Stato e dipende direttamente dal Governatorato.

Ma in realtà il Papa ha ora a sua disposizione non solo il telegrafo senza fili, ma anche un microfono attraverso cui, quando vuole, può rivolgere la sua parola a un uditorio potenzialmente larghissimo e diffuso in tutto il mondo. L’universalità del suo servizio ha una via assolutamente nuova ed efficace per esprimersi. Salutando Pio XI in occasione dell’inaugurazione della Radio, che oggi appunto commemoriamo, Guglielmo Marconi dice con fierezza: “Per circa venti secoli il Pontefice Romano ha fatto sentire la parola del suo divino Magistero nel mondo, ma questa è la prima volta che la sua viva voce può essere percepita simultaneamente su tutta la superficie della terra”. Pio XI ne è del tutto consapevole, e rileggendo le parole del suo primo radiomessaggio possiamo sentire ancora l’eco della sua emozione: “Essendo, per arcano disegno di Dio, Successori del Principe degli Apostoli, di coloro cioè la cui dottrina e predicazione per divino comando è destinata a tutte le genti e ad ogni creatura, e potendo pei primi valerci da questo luogo della mirabile invenzione marconiana, Ci rivolgiamo primieramente a tutte le cose e a tutti gli uomini, loro dicendo, qui e in seguito, con le parole stesse della Sacra Scrittura: ‘Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la terra le parole della mia bocca (Deut. 31.1). Udite, o genti tutte, tendete l’orecchio, o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero (Sal 98.1). Udite, o isole, ed ascoltate o popoli lontani (Is 49.1)’”.
Pio XI aveva colto perfettamente la novità dello strumento e delle sue possibilità. I “radiomessaggi” diventeranno infatti, almeno per diversi decenni, uno dei più importanti generi di espressione del magistero papale e soprattutto dei suoi moniti in rapporto alla situazione del mondo. Basti ricordare, in particolare, i “radiomessaggi” di Pio XII nel tempo di guerra, in occasione del Natale e della Pasqua: attesi con ansia da innumerevoli ascoltatori, saranno pietre miliari del suo messaggio di saggezza, di speranza e di pace per l’umanità sconvolta da un’immane tragedia. Ma anche Giovanni XXIII ricorse nell’ottobre del 1962 al radiomessaggio per dare il suo contributo determinante al superamento della famosa crisi fra le due superpotenze mondiali per la progettata installazione di missili a Cuba, quando il mondo intero stava con il fiato sospeso nel timore dell’olocausto nucleare.

Bisogna osservare che gli anni della nascita della Radio Vaticana, nel più ampio contesto storico, sono anche anni dell’affermazione di totalitarismi oppressivi e negatori della libertà religiosa. All’est il bolscevismo già dominava la Russia, in Italia si affermava il fascismo e in Germania il nazismo. La radio si presenta allora come lo strumento più adatto, spesso l’unico, per diffondere un messaggio di fede e di libertà capace di superare le frontiere che sono state chiuse, e di entrare nelle case e nei luoghi dove si continua a coltivare - spesso nascostamente e talvolta perfino a rischio della propria vita - la speranza di tempi migliori. Sono appunto le circostanze e le necessità di servizio della Chiesa che portano a sviluppare la radiodiffusione, cioè la trasmissione di notizie, informazioni, programmi, in varie lingue, che in un primo tempo non era stata prevista. Già alla vigilia della seconda guerra mondiale la Radio Vaticana trasmetteva regolarmente bollettini di informazioni in sei lingue principali: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, polacco.

Ancora nel contesto della guerra va ricordata una delle pagine più commoventi della storia della Radio Vaticana, cioè il servizio compiuto come strumento principale del grande Ufficio Informazioni voluto da Pio XII per l’aiuto umanitario in favore dei prigionieri, dei dispersi e delle loro famiglie. L’immensa massa di informazioni e domande di informazioni che giunge all’apposito Ufficio di Palazzo San Carlo viene tradotta in messaggi, che attraverso le onde radio sono lanciati nell’etere in tutte le direzioni e possono essere captati nei campi di prigionia in varie parti del mondo. Talvolta nei campi le trasmissioni della Radio Vaticana venivano collegate al sistema degli altoparlanti perché tutti le potessero ascoltare e vi era chi effettivamente poteva così ricevere qualche notizia della sua famiglia, un conforto che non avrebbe mai più dimenticato…Alcuni numeri bastano a far intendere il volume di questa attività: dal 1940 al ‘46 vengono trasmessi in totale 1.270.000 messaggi in 12.105 ore di trasmissione effettiva, con punte di 70 trasmissioni settimanali di 2 o 3 ore, raggiungendo anche 12 o 13 ore al giorno, verso quasi tutte le direzioni geografiche.

Alla fine della guerra mondiale il comunismo estende il suo dominio sulla maggior parte dell’Europa orientale e il Papa chiede alla Radio Vaticana di diventare la voce della Chiesa a sostegno dei popoli e dei fedeli oppressi. Si moltiplicano i programmi regolari nelle lingue dei Paesi che hanno perduto la libertà. Se il lituano, l’ungherese e l’ucraino erano già stati utilizzati in precedenza, dal 1947 in poi si aggiungono il romeno, il ceco e lo slovacco, il russo, il croato e lo sloveno, il lettone, il bielorusso, il bulgaro, l’albanese…Una vera epopea di servizio appassionato alle Chiese del silenzio. Quanta gratitudine queste trasmissioni abbiano suscitato nel cuore di lontani ascoltatori lo si è capito meglio nei primi anni 90, alla caduta della “cortina di ferro”, quando le redazioni della Radio sono state invase dalle lettere di quegli ascoltatori o dei loro figli. Il record è stato raggiunto dalla Sezione Ucraina, con oltre 40.000 lettere in un anno, oltre cento al giorno. Era soprattutto la trasmissione domenicale della Divina Liturgia nel rito greco-cattolico il lingua ucraina che aveva confortato per decenni i fedeli privati dei loro pastori incarcerati o uccisi.

Tutta questa attività richiedeva un potenziamento degli impianti di trasmissione, con nuovi trasmettitori potenti e grandi sistemi di antenne, per i quali il ristretto territorio dello Stato della Città del Vaticano non era sufficiente. Di qui la costruzione del nuovo Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria su un terreno di proprietà del Collegio Germanico, a cui lo Stato italiano riconosce l’extraterritorialità con accordo internazionale nel 1951. Sarà ancora Pio XII a inaugurarlo nel 1957, giungendovi con il più lungo viaggio del suo pontificato fuori dei confini del Vaticano.

Così la Radio Vaticana è pronta per un servizio di orizzonte veramente mondiale, e può avviare nuove trasmissioni specifiche regolari verso l’Asia, l’America latina e l’Africa. La Chiesa universale viene coinvolta nel grande evento del Concilio Vaticano II, a cui la Radio dedicherà 3000 ore di trasmissione in 30 lingue, e di cui registrerà tutti gli interventi dei padri, su oltre 300 kilometri di nastro magnetico.
Ma non ci si può mai “addormentare sugli allori”. Paolo VI pone l’accento in modo molto forte sulla necessità di migliorare e allargare la programmazione. Il suo discorso alla Radio Vaticana nel 1966 rimane una pietra miliare e uno stimolo permanente: “I programmi…sono la parte principale dell’opera relativa alla Radio: cioè il suo scopo, il suo uso, la sua effettiva utilità. A nulla servirebbe avere un magnifico strumento, se poi non lo sapessimo magnificamente adoperare!”.
La Radio Vaticana viene quindi chiamata e incoraggiata a continuare a partecipare sempre più efficacemente e con orizzonti sempre più larghi alla missione di evangelizzazione e di guida morale del papato nel mondo di oggi. Il pontificato di Giovanni Paolo II, con il suo dinamismo senza confini, porterà tecnici e redattori della Radio Vaticana a seguire il Papa in ogni angolo del mondo, affrontando sempre nuove sfide per rendere lo strumento tecnico capace di rispondere a necessità apostoliche inusitate. Basti ricordare il primo viaggio di Papa Wojtyla in Polonia, quando furono proprio le trasmissioni della Radio Vaticana a informare i polacchi delle diverse aree del Paese su quanto stava accadendo e quindi a contribuire in modo significativo al suo successo, dati i vincoli che la censura imponeva invece ai media statali.

Ci avviciniamo così ai nostri giorni e alle sfide del futuro, a cui saranno dedicati altri interventi. Ma prima di concludere vorrei ancora mettere in luce alcune funzioni svolte dalla Radio Vaticana, meno note ma molto importanti.

Mi riferisco anzitutto a certi aspetti delle relazioni internazionali dello Stato della Città del Vaticano e anche della stessa Santa Sede.
Nel mondo odierno le Telecomunicazioni – com’è noto - hanno importanza cruciale. La Radio Vaticana ha sempre garantito persone tecnicamente competenti per rappresentare degnamente il Vaticano in sede internazionale, non solo quanto alle esigenze specifiche della radiofonia, ma più generalmente per le questioni attinenti alle Telecomunicazioni. Si tratta della partecipazione a numerose riunioni e a frequenti contatti con la UIT (Unione Internazionale di Telecomunicazioni) o con la CEPT (Conferenza Europea delle Amministrazioni delle Poste e Telecomunicazioni), o altri organismi ancora, che trattano di questioni importantissime, come la assegnazione internazionalmente riconosciuta delle frequenze di trasmissione, o della disponibilità di canali satellitari, o del superamento delle reciproche interferenze, e così via. Nel mondo moderno non si può operare efficacemente se il buon funzionamento e il coordinamento interno e internazionale delle infrastrutture di comunicazione non è garantito. A questo ha contribuito da 80 anni e contribuisce tuttora attivamente la Radio Vaticana con i suoi tecnici, in ottima collaborazione con la neonata Direzione per le Telecomunicazioni del Governatorato e con le altre strutture impegnate in questo campo, come il Servizio dei Telefoni e l’Ufficio Internet. Per questa collaborazione competente e assidua sono lieto in questa occasione di poter manifestare la nostra gratitudine.

Un altro aspetto del servizio della Radio Vaticana perlopiù poco riconosciuto, ma di cui è giusto dare atto, è la ripresa del suono e l’amplificazione nei molti diversi luoghi in cui si svolgono l’attività del Papa e altri eventi di rilievo in Vaticano. Pensiamo alle celebrazioni in Basilica e in Piazza San Pietro, agli Angelus, alle Udienze e ai Concerti nell’Aula Paolo VI, alle Udienze nelle grandi Sale del Palazzo Apostolico. La voce del Papa viene amplificata, così da poter essere ben udita da tutti i presenti; viene inoltrata alle radio e televisioni di tutto il mondo per poter essere ben udita anche da chi è lontano; viene registrata e custodita in un prezioso archivio che - insieme a quelli della Filmoteca Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano per quanto riguarda le immagini in movimento - diventa per il futuro sempre più una fonte di documentazione e di studio preziosissima, di importanza forse addirittura paragonabile a quella che per i secoli passati hanno i ben più famosi archivi vaticani. Ora, anche questi servizi sono garantiti con impegno e amore dalla Radio Vaticana.

Pio XI ha voluto affidare al genio di Marconi la nascita della sua Radio, e Marconi si è dedicato con passione a realizzare il desiderio del Papa, ben sapendo che essa avrebbe potuto ben tradurre in pratica il suo grande ideale - più volte ribadito - di mettere la scienza e la tecnica al servizio del bene dell’umanità. Come egli amava affermare: “Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla!”.
Pio XI ha voluto affidare alla Compagnia di Gesù la custodia e lo sviluppo dello strumento marconiano, ed è quindi giusto ricordare qui almeno il nome del padre Giuseppe Gianfranceschi, primo direttore della Radio, e dei suoi successori: i padri Soccorsi, Stefanizzi, Martegani, il card. Tucci, il compianto Padre Borgomeo.
Con loro numerosissimi tecnici, redattori, impiegati, di lingue e culture diverse hanno collaborato a questa impresa di annuncio del Vangelo e di comunicazione che Benedetto XVI - parlando “a braccio” ai microfoni dell’Emittente in occasione del 75° anniversario - così descriveva: “Non solo parlare, ma anche accogliere le risposte, in un vero dialogo per capire, per rispondere e così costruire la famiglia di Dio. Questo è il senso di un mezzo di comunicazione come questo: aiutare a costruire questa grande famiglia che non conosce frontiere, nella quale, nella molteplicità delle culture e delle lingue, tutti sono fratelli e sorelle, e così rappresentano una grande forza per la pace”.
E’ anche il nostro augurio per la continuazione della missione della Radio Vaticana.







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