Mons. Tobin: la vita consacrata è viva e fiorisce, è una scelta che vale la pena fare
Offrite alla società una testimonianza cristiana “luminosa e coerente” mostrando al
mondo che la verità è “bellezza”. E’ l’invito lanciato dal Papa ai consacrati il 2
febbraio scorso nella Festa della Presentazione del Signore al Tempio. Ed è un appello
accolto in modo particolare dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata
e le Società di Vita Apostolica. A questo proposito Romilda Ferrauto ha chiesto
al segretario del dicastero vaticano, mons. Joseph William Tobin, in cosa consista
la vita consacrata:
R. – Un esempio
che propongo spesso quando la gente mi domanda in cosa consista la vita consacrata
è quello di una selva esotica con molte varietà di piante e fiori - alcuni appena
nati, altri di una certa età e altri ancora che hanno bisogno di una cura particolare
- ma una selva che, nell’insieme, dà respiro, dà ossigeno a tutta la Chiesa. Speriamo
che il nostro servizio, il nostro accompagnamento della vita consacrata, aiuti questa
varietà di bellezza.
D. – Dall’esterno, in particolare noi giornalisti,
raramente vediamo i “fiori”, generalmente vediamo i problemi. Quando si parla di questi
ultimi mesi si pensa a delle questioni sensibili e difficili, lei come le vede e che
cosa auspica per risolvere i punti che sono più delicati?
R. – Non c’è
dubbio che ci siano sfide, anche spinose, di fronte alla vita consacrata oggi, ma
bisogna partire dalla vita. La vita consacrata non è un problema, è una vita, e la
vita come tale ha problemi, ma ha anche gioie, successi e sconfitte. Quindi, credo
che la tentazione dei giornalisti sia anche la nostra tentazione, perché ciò che arriva
spesso al dicastero sono i problemi, le difficoltà, le sfide, le incoerenze. Il pericolo
è permettere che questa ottica volta ai problemi diventi l’ottica con la quale si
capisce la vita consacrata. Questo sarebbe, secondo il mio umile parere, un grande
sbaglio. Io ho forse il vantaggio di aver vissuto dodici anni come superiore generale
della mia Congregazione, i Missionari Redentoristi, e quindi come superiore generale
ho dovuto affrontare alcuni problemi, ma anche vedere le meraviglie che Dio compie
ancora, tramite tanti consacrati, nella mia famiglia religiosa. Adesso io ho la gioia
di vedere quanto bene fa Dio attraverso la vita consacrata.
D. – La
vita consacrata offre un ventaglio di carismi molto vasti. Allora è vero che a volte
si ha paura degli estremi, dell’eccesso forse di una certa conservazione, ma anche
di progressismo eccessivo. Si pensa ancora, dopo tanti anni, sempre, alla confusione
che ci può essere tra opzione preferenziale per i poveri e tutte le polemiche attorno
alla teologia della liberazione. Queste questioni sono ancora vive oggi nella vita
consacrata e se sì a che punto siamo?
R. – Non credo che le tensioni
siano così evidenti, palesi come in passato. Bisogna dire che un’opzione per i poveri
sia stata parte della vita consacrata sin dall’inizio, perché è parte della vocazione
di Cristo. Cristo al momento di definire la sua missione nella Sinagoga di Nazareth
ha citato il profeta Isaia e ha detto: “Lo spirito è su di me e mi ha unto, per portare
un lieto messaggio ai poveri”. E parte, nucleo, elemento essenziale della vita consacrata
è la sequela di Cristo, di Cristo in tutta la sua ricchezza, senza ridurre l’opzione
per i poveri, il nostro desiderio di seguire Cristo povero ad una teoria politica,
perché non è così: è piuttosto una risposta evangelica ad una realtà che è sempre
presente. Credo che oggi noi religiosi e religiose ci impegniamo a promuovere i valori
della solidarietà, della condivisione, della giustizia, sempre in sintonia con i pastori,
con la tradizione ricchissima della nostra Chiesa.
D. – 22 anni dopo
la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti, è ancora necessario oggi, nella
vita religiosa, distinguere bene l’opzione preferenziale per i poveri, che è un’attenzione
naturale di ogni cristiano, in particolare di ogni religioso, e i rischi di manipolazione
ideologica e politica. E’ ancora necessario, secondo lei, oggi?
R. –
Sì, credo che il vero nemico della vita consacrata non sia una riduzione numerica,
ma piuttosto la mediocrità del cercare una vita facile. Quindi, la vita consacrata
si sforza di rispondere ad un mondo dove ci sono ancora ingiustizie e oppressione
dei poveri, cercando di agire sempre come membri della Chiesa e non come un’avanguardia
staccata dalla Chiesa. Credo che in questo senso la Chiesa ci aiuti, perché il Venerabile,
fra poco Beato, Giovanni Paolo II, 25 anni fa ha pubblicato un’Istruzione per aiutarci
a capire bene in che consiste la teologia della liberazione, compresa come risposta
evangelica. Quindi, lei ha ragione, la sfida c’è e non è sempre facile, ma abbiamo
anche la luce del Vangelo e il magistero della Chiesa nostra madre.
D.
– La sfida è soprattutto in America Latina, in altri continenti c’è meno...
R.
– No, c’è dappertutto, anche qui a Roma. Roma è una città bellissima, ma come abbiamo
visto domenica scorsa, con la tragedia di questo incendio in cui sono morti quattro
fratellini rom, ci sono ancora delle incoerenze in questa società opulenta. Noi religiosi
allora quando sentiamo notizie come questa tragedia, cerchiamo nel nostro cuore la
risposta evangelica dei poveri, che è sempre con noi.
D. – C’è qualcosa
che vorrebbe aggiungere?
R. – Vorrei dire che la vita consacrata è viva
e fiorisce e dire ai giovani che è una scelta di vita che vale la pena fare. (ap)