Giornata del Ricordo: Napolitano commemora le vittime delle Foibe
L’Italia celebra oggi la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe.
In queste cavità carsiche, si calcola, siano stati gettati, vivi e morti, circa 10mila
italiani per mano dei partigiani comunisti slavi. In una cerimonia al Quirinale il
presidente Napolitano ha ricordato i drammatici eventi. “Il sacrificio delle generazioni
che ci precedono, ha detto, non è stato versato invano se oggi possiamo costruire
un avvenire migliore per i nostri popoli e per l’Europa”. Il servizio di Debora
Donnini.
Ma
cosa ha rappresentato la violenza delle foibe e il dramma dell’esilio per chi lo ha
vissuto? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Lucio Toth presidente dell'Associazione
Nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, esule all’età di 8 anni da Zara:
R. – Quello
che è stato fatto con le Foibe era tipico del modo di procedere dei regimi staliniani,
quello cioè di eliminare i nemici del popolo con lo strumento più feroce di soppressione,
di pulizia etnica, armata da un’ideologia di rivendicazioni sociali; però, in realtà,
finì per colpire immediatamente tutti. Poi, una cosa molto grave era anche il fatto
religioso: vennero proibite le feste, vennero proibite le cresime, i battesimi e 32
sacerdoti vennero uccisi.
D. – Che ricordo conserva delle persecuzioni, dell’esilio?
R.
- Il senso dello sradicamento. Già nel momento in cui lasciai Zara avevo l’impressione
che non sarei più tornato. Quindi, è stato questo senso di sradicamento e, la cosa
peggiore, di abbandono da parte dello Stato italiano, perché i soldati italiani fuggirono
dopo l’8 settembre e noi rimanemmo prima in balia dei tedeschi e poi dei partigiani
jugoslavi.
D. – Anche grazie a questa giornata c’è sufficiente memoria, anche
conoscenza di quanto accadde allora?
R. – La gente cade dalle nuvole ancora
oggi, anche persone di cultura. Anzi proprio a livello popolare le persone anziane
ricordano quegli anni per averli sentiti dai loro amici. Ecco perché stiamo tanto
lottando, perché dobbiamo passare alla seconda generazione e poi alla terza. Una fortuna
che abbiamo è che questa vicenda sia diventata un fatto emblematico di come si possa
essere perseguitati, perché oggi queste cose continuano a succedere: nel Kosovo e
in Bosnia ci sono ancora pericoli; fuori dall’Europa poi abbiamo delle difficoltà
per i cristiani o per le minoranze etniche.
D. – Questi fatti voi come li
vivete?
R. – I sentimenti che noi abbiamo sono di grande di dolore quando viene
incendiata una chiesa in Iraq, perché ci ricordiamo quello che è successo da noi:
non si poteva fare una processione che arrivavano i miliziani di Tito a disperderla,
cacciando i bambini, rimandandoli nelle scuole, con i preti che fuggivano con l’ostensorio
sotto la pianeta per proteggerlo dagli insulti. Questi sono ricordi che tanti di noi
hanno ancora negli occhi.
D. – In merito invece all’identità italiana, per
voi un valore, che effetto vi fanno le polemiche e gli scetticismi?
R. – Noi
sentiamo che la cultura e la lingua sono un legame molto forte che va al di là delle
condizioni economiche, che certamente in Italia sono diventate molto dispari, ma questo
non è certo colpa dei meridionali. Quindi, un federalismo solidale che desse alle
regioni e ai comuni maggiore autonomia e libertà nella gestione delle riforme, per
noi è una cosa positiva, purché non sia l’anticamera di una divisione del Paese: le
sirene della secessione ci offendono.
D. – Qual è l’insegnamento da trarre
dalla vostra storia che dia contenuto a questo anniversario?
R. – Il rispetto
per la persona, la fiducia nella persona umana che va la di là delle differenze politiche,
religiose, delle differenze etniche. Quando leggo le memorie di queste persone trovo
il partigiano che veniva a bussare alla porta, la stessa porta alla quale due mesi
prima veniva a bussare il soldato delle SS per portarci via un fratello, e poi tornano
i “drusi”, come li chiamavamo noi, i partigiani jugoslavi, con la stessa violenza,
per portare via un altro fratello e fucilare l’uno e l’altro: abbiamo vissuto questa
esperienza duplice, quindi sappiamo bene che il vero nemico non si chiama “A” o “B”,
ma è chi viola la sacralità della persona umana.(bf)