Promossa con certificazione di qualità la Banca del cordone ombelicale del Policlinico
Gemelli
Dopo il parto il cordone ombelicale termina il suo compito di nutrimento per il feto
ma, se donato, può ancora dare un insostituibile contributo: grazie alla presenza
di cellule staminali nel sangue, può infatti rappresentare per molti pazienti una
concreta speranza di guarigione anche da gravi patologie. Per rendere possibile questa
opportunità sono dislocate, su tutto il territorio italiano, le Banche del sangue
del cordone ombelicale. Tra queste, la Banca del Policlinico universitario Gemelli
di Roma ha conseguito la certificazione di qualità Iso 9001. Proprio sull’importanza
di questo riconoscimento e sulle iniziative promosse dalla Banca del Policlinico romano,
si terrà nel pomeriggio al Gemelli un convegno al quale parteciperanno anche medici
e associazioni. Ma quali sono i passaggi che seguono, subito dopo il parto, la donazione
del cordone? Eliana Astorri ha lo ha chiesto alla professoressa Gina Zini,
responsabile del Centro trasfusionale del Gemelli e direttore della Banca del cordone
ombelicale dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma:
R. – Se la
coppia va nella direzione della donazione del cordone ombelicale, questo cordone viene
immediatamente raccolto, inviato dalla sala parto al centro trasfusionale dove la
Banca avvierà poi l’esecuzione di esami qualitativi e quantitativi per fini trapiantologici.
D.
– Quali requisiti deve aver il cordone per essere giudicato idoneo?
R.
– Il materiale raccolto deve avere un certo numero minimo di cellule che garantisca
l’attecchimento trapiantologico nel ricevente. La valutazione qualitativa comprende,
poi, tutta una serie di analisi e di esami, volti a garantire l’assoluta non presenza
di agenti infettivi. Finiti questi accertamenti, il cordone viene immesso in un data-base
italiano e poi internazionale. A questo punto le cellule donate sono a disposizione
dei centri trapiantologici connessi con questo network nazionale e internazionale.
Sono a disposizione per vedere se si identifichi, per un paziente, la possibilità
di trovare nel registro un’unità che abbia caratteristiche biologiche tali da essere
trapiantata in sicurezza nel soggetto che ne abbia necessità.
D. – Questo,
nel caso che il cordone non serva alla coppia donatrice. Ma la coppia può chiedere
di utilizzare, in caso di necessità, il cordone?
R. – Esiste, ed è legiferata,
la possibilità di una donazione “dedicata” nell’ambito di patologie assolutamente
codificate. Tra queste, ci sono le leucemie ed i linfomi, insufficienze midollari
e tutta un’altra serie di patologie a bassissima frequenza. Nell’ambito di queste
patologie, l’unità raccolta – se idonea – viene conservata nella Banca e non viene
ovviamente messa in rete, non viene messa a disposizione del network. Per quanto riguarda
la possibilità di donare il cordone ombelicale, esiste poi una modalità che si chiama
“solidaristica”. Grazie a questa opzione, si può dare un’opportunità alle coppie di
donare il sangue del cordone ombelicale. Si tratta di un impegno umanitario. Esiste,
infine, una terza opzione. Consiste nella possibilità di una “conservazione” del materiale
del cordone. La legge italiana consente di conservare le cellule staminali del cordone
ombelicale in Banche al di fuori del territorio nazionale. Le spese sono però a carico
della persona che ha deciso di seguire questa modalità di conservazione. Quindi è
un’opportunità che, a causa degli elevati costi di questa procedura, può essere colta
veramente da pochissime persone. (gf)