2011-02-08 15:41:37

Sud Sudan verso l'indipendenza: potrebbe essere uno dei Paesi più poveri del mondo


Nonostante i toni concilianti, con i quali il presidente del Sudan, Omar Al Bashir, ha commentato positivamente il risultato del referendum che sancisce l’indipendenza del Sud del Paese, si aprono ora delicate questioni relative alla definizione, entro il 9 luglio, dei confini di quello che sarà il nuovo Stato e alla distribuzione delle zone ricche di risorse petrolifere. Rimane, inoltre, ancora irrisolta la situazione della regione nord-occidentale del Darfur, dove non si arrestano gli scontri armati tra esercito di Karthoum e gruppi di opposizione. Le violenze stanno costringendo migliaia di famiglie a fuggire dai propri villaggi. Di questi temi Giancarlo La Vella ha parlato con padre Franco Moretti, direttore della rivista dei Comboniani, “Nigrizia”:RealAudioMP3

R. – Rimangono tuttora in piedi gli stessi problemi, che non sono stati risolti in sei anni, tra il 2005 e il referendum: per esempio, lo status dei sud-sudanesi residenti al Nord e dei nord-sudanesi che vivono al Sud. Si parla di due-tre milioni di persone. Difficoltosa rimane, poi, la questione della ripartizione delle risorse. Ricordiamo che i pozzi petroliferi sono per lo più al Sud o molto vicini al confine, soprattutto nella regione dell’Abyei, dove si attende ancora che venga svolto il referendum. Ci si chiede che cosa possa accadere. E’ ovvio che il Sud Sudan non vuole perdere questa regione, ma è altrettanto ovvio che anche Karthoum non possa farne a meno. Rimane, infine, anche la questione del debito estero. Si parla di un debito di 45 o 50 miliardi di dollari. Come verrà spartita questa cifra colossale?

D. – In base a questi problemi, e non solo, molti osservatori parlano dello Stato nascente come una delle Nazioni più povere del mondo. Come fare ad uscire da questa situazione di impasse?

R. – Esatto. Il dubbio nasce quando si pensa al fatto che i leader politici del nuovo governo del Sud Sudan sono tutti ex militari, ex combattenti della guerra civile. Loro forse non hanno ancora le necessarie capacità politiche per realizzare le tante cose che mancano: non ci sono maestri, professori, medici e addetti alla preparazione del personale sanitario, università. Speriamo solo che ci sia la capacità da parte di questi leader di essere davvero responsabili di questa nuova Nazione e che usino le tante ricchezze naturali per lo sviluppo di tutti.

D. – Rimane la questione irrisolta della regione nord occidentale del Darfur…

R. – Sì, l’unica speranza è che lo sforzo fatto dalla comunità internazionale per il Sud Sudan si concentri ora sul Darfur e si arrivi presto ad un accordo di pace promosso e sorvegliato dalla comunità internazionale: non si può più andare avanti accettando una situazione come quella del Darfur. Ricordiamo che, dopo il genocidio rwandese, la comunità internazionale disse a a gran voce: “Mai più un Rwanda!”. Ma in Darfur siamo già arrivati a metà del bilancio delle vittime del Rwanda: i morti sono già circa 500 mila, più 2 milioni gli sfollati e la comunità internazionale non sembra proprio preoccupata di quanto sta avvenendo. Mi chiedo come sia possibile che non si riesca ad intervenire sul regime di Karthoum, ad obbligarlo a venire a patti con i popoli del Darfur, che non vogliono più essere considerati cittadini di seconda classe in un Paese come il Sudan. (ap)







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