I vescovi filippini in visita ad Limina: no al piano di Manila per il controllo delle
nascite, la povertà è causata da corruzione e ingiustizia
Con il gruppo di presuli ricevuti ieri dal Papa, in Vaticano torna in primo piano
la situazione della Chiesa delle Filippine. I vescovi che si tratterranno fino al
19 febbraio in visita ad Limina fanno parte del secondo gruppo della Conferenza episcopale
del Paese asiatico ospite a Roma, dopo che un primo gruppo era stato ricevuto da Benedetto
XVI a cavallo tra novembre e dicembre scorsi e un terzo, e ultimo, lo sarà a fine
mese. L’attuale visita coincide con un passaggio importante della vita della nazione:
l’approvazione parlamentare del progetto di legge sulla salute riproduttiva, fortemente
osteggiato dalla Chiesa locale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Una lunga
battaglia tra due opposte e inconciliabili visioni sta per giungere al suo atto finale.
A giocarla, da un lato, i promotori del disegno di legge sulla salute riproduttiva,
di impronta laicista, e dall’altro la Chiesa delle Filippine, che lo respinge senza
appello. Il riflesso di questo confronto ormai annoso è giunto in Vaticano assieme
alla preoccupazione dei presuli filippini che ancora nelle ultime settimane e negli
ultimi giorni hanno assunto posizioni nette in merito, arrivando a prospettare una
campagna di “disobbedienza civile” se la legge verrà approvata. Legge che, in sostanza
promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere
più di due figli, sanziona il personale medico contrario all’aborto e favorisce la
sterilizzazione volontaria.
Da parte loro, la Chiesa e le associazioni
cattoliche sostengono invece il “Natural Family Programme” (Nfp), che mira a diffondere
tra la popolazione una cultura di responsabilità basata sui valori cristiani. Il presidente
della Conferenza episcopale filippina, mons. Nereo Odchimar,
arcivescovo di Tandag, spiega al microfono di Lisa Zengarini come
la Chiesa si stia muovendo per rafforzare questa sua proposta a livello politico e
sociale:
“Nella loro opera di advocacy su questa,
come su altre questioni, i vescovi stanno lavorando per intavolare un dialogo con
il governo e per fare sentire la propria voce anche alla televisione. A questo scopo
abbiamo deciso di avvalerci della consulenza di laici competenti e impegnati su questo
fronte, perché ci sono campi in cui i vescovi non hanno le competenze necessarie per
parlare: come la demografia, l’economia, la medicina, in particolare quando si parla
di farmaci abortivi. (…). Ci sono forti lobby economiche che premono sul Congresso
per l’approvazione della RH Bill, quindi abbiamo promosso una vasta campagna di informazione”.
In
questa sua azione, la Chiesa delle Filippine può contare sull’appoggio del presidente,
Beniño Aquino, che nei giorni scorsi aveva annunciato una revisione dei punti più
controversi della legge. Al punto attuale, il progetto originario è stato “congelato”
e ripresentato in una nuova veste come “legge sulla paternità e la maternità responsabili”,
il quale tuttavia mantiene le norme più controverse sull’uso dei contraccettivi considerati
abortivi, la sponsorizzazione della legge nelle scuole e il divieto di obiezione di
coscienza per i medici. Afferma ancora mons. Odchimar:
“Quello che si
vuole fare passare è l’idea che la sovrappopolazione sia la causa principale della
povertà nelle Filippine. In realtà ci sono altre cause (…) come la corruzione (…)
o l’iniqua distribuzione delle risorse. Il nostro è un Paese agricolo e non è stata
data abbastanza attenzione alla nostra agricoltura (…) con il risultato di una massiccia
emigrazione dalle campagne verso le grandi città come Manila e la conseguente nascita
di slum e periferie degradate. Questa immagine drammatica della gente negli slum è
stata presentata come la conseguenza della sovrappopolazione. Di fatto la povertà
che affligge tanta parte del popolo filippino potrebbe essere alleviata con una maggiore
attenzione alle aree rurali”.