Educare è un atto di amore: il cardinale Grocholewski sulle parole del Papa al dicastero
per l'Educazione cattolica
“Educare è un atto d’amore, esercizio della ‘carità intellettuale’, che richiede responsabilità,
dedizione, coerenza di vita”. Lo ha sottolineato Benedetto XVI ai partecipanti alla
plenaria della Congregazione per l’Educazione cattolica che si è aperta ieri in Vaticano.
Nel suo discorso il Papa ha ricordato ieri alcuni dei temi che sono nell’agenda dei
lavori del dicastero, tra i quali l’approvazione di un documento dedicato all’uso
di Internet nei Seminari. A sottolineare come l’opera educativa sia una delle sfide
più urgenti per la Chiesa è anche il prefetto della Congregazione, il cardinale Zenon
Grocholewski, intervistato da Fabio Colagrande:
R. – Ci rendiamo
perfettamente conto di questo, come ci rendiamo conto anche che oggi “educare” sia
più difficile che in passato, come ha indicato lo stesso Santo Padre, a motivo di
una cultura che troppo spesso fa del relativismo il proprio “credo”, per cui c’è minore
sensibilità nei riguardi della verità oggettiva, ai valori sui quali deve basarsi
la vita. Tutto questo rende l’educazione molto più difficile. Se non ci sono ideali,
se non c’è verità oggettiva, se tutto è relativo, a che cosa educare, allora? Qui
inizia il grande problema per l’educazione. Il Santo Padre ha sottolineato una cosa
molto importante: che educare è un grande atto di carità. Un atto di carità non è
soltanto dare cose materiali, e dare una solida educazione rappresenta un atto di
carità. Il Santo Padre richiama molto spesso questo concetto di “carità intellettuale”
che esige, da parte della Chiesa, grande responsabilità, dedizione e coerenza perché
“educazione” non significa soltanto “insegnare” ma anche testimoniare e vivere profondamente,
con la propria vita, queste verità.
D. – Il Papa vi ha anche esortato
a continuare ad elaborare questo documento dedicato ad Internet e la formazione nei
Seminari. Può darci qualche anticipazione, qualche dettaglio su questo testo a cui
state lavorando?
R. – Questo testo è già stato ampiamente discusso,
anzi, abbiamo impegnato tanti esperti! Da un lato, infatti, come ha sottolineato il
Papa, Internet può svolgere un grande ruolo, ha cambiato tutta la cultura odierna.
Può essere paragonato alla rivoluzione industriale e può essere molto utile per il
servizio pastorale, non solo per lo studio ma anche per l’evangelizzazione, per l’azione
missionaria, per la catechesi, per progetti educativi e – come dice il Santo Padre
stesso – anche per la gestione delle istituzioni. Quindi è importante. Dall’altro
lato, ha però sottolineato il Pontefice, è assolutamente necessario un discernimento
per un uso intelligente e prudente, per un uso corretto e positivo di questi mezzi.
Infatti, all’uso di Internet sono legati anche determinati pericoli: noi sappiamo
che oggi vengono curate persone per la loro dipendenza da Internet, e questo ci indica
che è possibile distruggere la persona. Nella stessa maniera si può diventare dipendenti
dall’alcol, dalla droga, così si può diventare dipendenti da Internet. Questo significa
che Internet in assoluto non è adatto all’evangelizzazione, deve esserne uno strumento.
Sappiamo anche che in Internet ci sono anche tante cose che possono essere nocive
per un sacerdote che assume l’obbligo del celibato, della castità. Poi, Internet può
anche favorire, in un certo senso, una certa superficialità: si trasmettono tante
notizie, per cui in realtà si sa un poco di tutto ma praticamente, alla fine non si
sa niente. Nel nostro documento, noi cercheremo di affrontare tutta la problematica
proprio per poter poi utilizzare questo strumento magnifico per il bene, per la formazione,
per l’educazione prevenendo i pericoli che ne possono nascere.
D. –
La Congregazione di cui lei è prefetto sta lavorando ad una revisione della Costituzione
apostolica “Sapientia cristiana” sugli studi ecclesiastici. Recentemente, avete lavorato
in particolare sugli studi di filosofia. Perché è stato necessario questo aggiornamento?
R.
– Perché oggi il concetto di filosofia è molto, molto confuso. Io ho visto il programma
di una nascente facoltà di filosofia, e la mia conclusione a chi la presentava è stata
questa: qui c’è tutto, fuorché la filosofia. Oggi, infatti, nel concetto di filosofia
vanno a comprendersi tutte le scienze umanistiche come psicologia, sociologia, letteratura,
lingue, mentre per noi la filosofia è importante per la formazione di teologi, di
sacerdoti, e in particolare la filosofia nel senso stretto, cioè la metafisica, il
saper ragionare, il saper vedere la verità nella sua globalità. E il nostro documento,
in pratica, fa una distinzione tra facoltà di filosofia come tale – per la quale abbiamo
un po’ allungato gli studi – e la filosofia che è parte integrante degli studi teologici.
Noi sappiamo che nello studio della teologia, nella facoltà di teologia i primi due
anni sono dedicati alla filosofia, ed è per noi di estrema importanza indicare che
cosa è necessario insegnare che sia di preparazione e utile allo studio della teologia,
affinché non ci si dilunghi su tanti aspetti che poi non servono. Nel nostro documento
citiamo anche una frase del cardinale Ratzinger che ha detto che oggi la crisi della
teologia origina in gran parte dalla crisi della filosofia, dei fondamenti filosofici.
Per questo, crediamo che il nostro documento sia molto importante. Il Santo Padre
l’ha approvato e tra pochi giorni lo presenteremo al pubblico. (gf)