2011-02-07 14:46:10

Libertà dei popoli e revisione dei modelli di sviluppo al Forum sociale di Dakar


Si é aperta ieri a Dakar, in Senegal, l'11.ma edizione del Forum Sociale Mondiale. Con 1.205 organizzazioni da 123 Paesi più la Palestina, il Kurdistan e il Sahara Occidentale, il Forum vede quest'anno una grande partecipazione di esponenti africani, presenti con delegazioni da 45 Stati del continente sui 53 totali. Sulle prime battute di questo evento, e in particolare sulla Messa per il Forum celebrata dal cardinale senegalese Théodore-Adrien Sarr, ci riferisce da Dakar Marina Piccone:RealAudioMP3

“Quando ci sono abusi da parte del potere, è naturale che la gente manifesti il proprio sgomento e indichi quali siano le sue attese. Se ben gestite, le proteste possono portare ad una nuova primavera per il Maghreb e anche per altre nazioni africane, dove la popolazione sta prendendo coscienza dei propri bisogni ed è pronta a manifestare il disappunto contro i governi”. Sono le parole del cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, ieri durante la Messa nella chiesa dei Martiri dell’Uganda davanti a duemila fedeli, tra cui molti stranieri, partecipanti al Forum sociale mondiale. E di ribellione della gente, stanca del sistema capitalistico e consumistico, ha parlato Evo Morales, presidente della Bolivia, dal palco allestito all’Università Cheik Anta Diop, luogo dell’evento. Dichiarandosi fiero di essere al World Social Forum, una manifestazione che lui come sindacalista ha frequentato più volte, ha detto che solo attraverso i movimenti di base si riescono a capire i veri problemi e le esigenze della gente. Morales ha parlato dopo aver partecipato alla marcia che ha segnato l’inizio del Forum sociale mondiale: una folla di circa 20 mila persone, sotto un sole inclemente, ha percorso le vie della città per raggiungere l’università. Della marcia hanno fatto parte anche carovane venute da diversi Paesi africani. Una, in particolare, di ciclisti italiani, organizzati dall’Uisp, ha pedalato dal Mali fino in Senegal per finanziare progetti di solidarietà come una casa per i migranti di ritorno in Mali, e corsi per operatori professionali di nuoto, vela e subacquea a Foundiougne, in Senegal, un Paese dove il 90 per cento delle persone non sa nuotare e dove molti giovani perdono la vita in mare. Oggi l’evento più atteso è l’intervento dell’ex presidente del Brasile, Luis Inácio Lula da Silva. (gf)

Tra i numerosi temi affrontati al Forum, anche quello del lavoro minorile. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, più di 300 milioni di bambini tra i 5 i 14 anni sono sfruttati a tal punto da andare incontro a morte precoce o a mutilazioni irreversibili. Liberalizzazione economica e organizzazioni criminali alimentano questa piaga, come spiega, al microfono di Emanuela Campanile, il presidente della Federazione internazionale “Terre des hommes”, Raffaele Salinari:RealAudioMP3

R. - La liberalizzazione dell’economia significa anche che tra economia criminale e economia legale la zona grigia diventi sempre più larga, perché non si sa dove comincia una cosa e dove finisce un’altra, sempre in nome e per conto del profitto. All’interno di questo gorgo, di questo vortice troviamo poi le fasce più esposte, quelle più fragili: le donne e i bambini. I bambini, in particolare, sono un investimento notevole per la criminalità organizzata, perché il bambino può essere rapito o può essere addirittura comprato a pochissimo prezzo da famiglie povere e quindi molto esposte a questo tipo di sollecitazioni, per essere poi utilizzato come un vero e proprio utensile da lavoro: il bambino può fare il bambino soldato; può essere sfruttato nella prostituzione, nella microcriminalità organizzata, nella pedopornografia … Io do soltanto un dato, e parliamo soltanto dell’Europa: sono più di tre miliardi di euro i provenenti della pedopornografia infantile in mano alla criminalità organizzata. In estrema sintesi, è chiaro pertanto che, dal punto di vista dei valori, cioè della riduzione dell’uomo a cosa, quindi della “reificazione” dell’individuo, l’economia liberista ha nei bambini una delle vittime predestinate.
D. - Quale ambito bisogna rivedere quando si parla di sfruttamento del lavoro minorile?

R. - Il primo livello è la revisione alla radice di questo modello di sviluppo, chiamiamolo sviluppo, chiamiamolo di civilizzazione, chiamiamolo di sfruttamento di massa delle popolazioni mondiali dove, appunto, le ricchezze vengono accumulate, creando ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più esclusi. Il primo problema è, quindi, riuscire a guardare la cosa nel suo complesso: e guardare la cosa nel suo complesso ha a che fare, prima ancora che con l’economia e con la finanzia, con i livelli etici e cioè con i livelli della nostra percezione del mondo. Dobbiamo chiederci veramente - e questa è una domanda radicale - perché siamo arrivati a tutto questo? Perché siamo arrivati a costruire questo modello di civilizzazione? Perché rimaniamo indifferenti - se non eccezionalmente - alla quotidianità della violenza che ci circonda e che circonda anche i nostri bambini? Da questo dobbiamo poi risalire ad un altro tipo di politica, ad un altro tipo di economica, dove per esempio l’Organizzazione mondiale del lavoro da sempre lamenta che i diritti fondamentali del lavoro sono sempre meno rispettati nelle economie liberiste. Quindi è necessario ripartire dal diritto del lavoro, diffondere il diritto del lavoro, affermare il diritto del lavoro come precondizione, anche, per eliminare le forme peggiori di sfruttamento. Però, ripeto e ribadisco: il primo livello è etico e morale, dobbiamo interrogare le nostre coscienze sul perché siamo arrivati dove siamo adesso. (mg)







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