Lo sviluppo dell'Africa al centro del Forum Sociale Mondiale a Dakar
Al via oggi in Africa il Forum Sociale Mondiale.Circa 60 mila i partecipanti
attesi nella capitale senegalese Dakar, oltre 300 attività in programma ogni giorno,
tanti i temi che verranno affrontati: dalla crisi economica, alla tutela dell’ambiente,
la cooperazione Sud-Sud e il contributo delle religioni al progresso dell’umanità.
Un ruolo di primo piano sarà riservato proprio all’Africa e alla valorizzazione dell’agricoltura
come strumento per uscire dalla crisi economica. Silvia Koch ne ha parlato
con Mamadou Cissokho, leader dei movimenti contadini africani:
R - L’agricoltura
familiare provvede all’85% di tutte le produzioni in Africa, quindi è un contributo
molto consistente. Fino a oggi la maggioranza, più del 55% della popolazione, vive
di queste attività. Quindi, qualunque cosa accada, qualunque cosa, l’alimentazione
sarà sempre alla base della vita. Gli altri – gli Stati Uniti, l’Europa - hanno regolato
la questione. E noi dobbiamo comprendere che la principale sovranità di una nazione
è la sua alimentazione. Perché un popolo affamato, un esercito affamato, non può salvaguardare
o difendere il proprio Paese.
D - Quale obiettivo vi ponete, in quanto
società civile africana, per questo Social Forum di Dakar?
R - Mostreremo
al mondo che l’Africa sarà opera degli africani, ovviamente in collaborazione con
gli altri, ma nella consapevolezza che noi abbiamo la responsabilità di “quello che
siamo” e di “ciò che vogliamo essere”, affinché le cose cambino.
D –
Quali sono le soluzioni proposte dal Movimento contadino africano e su quali basi
andrebbero rielaborate le relazioni economiche mondiali e la cooperazione internazionale.
R
- Bisogna semplicemente riconoscere e creare le condizioni della modernizzazione dell’agricoltura,
che non si faccia a discapito della giustizia. È essenziale che tutti i politici accettino
e riconoscano la priorità dell’accesso dei nuclei familiari alla terra e alle risorse.
Secondo elemento, che i politici smettano di “vendere l’Africa al mondo” attraverso
l’apertura dei nostri mercati. Non comprendiamo come è possibile che i capi di Stato
africani non possano negoziare meglio la protezione della nostra produzione agricola.
Il terzo elemento è la problematica dell’ambiente. Tutti sanno che lo sfruttamento
delle risorse minerarie distrugge milioni di ettari, e noi ci sentiamo frustrati nel
constatare che la maggioranza dei progetti e dei programmi sono discussi fuori dai
nostri Paesi. Questa non è cooperazione. Noi chiediamo che le ricchezze del mondo
siano ben ripartite, non per “donazione” ma in quanto retribuzione per un servizio
offerto. Chiediamo l’equità nella ripartizione dei budget, il rispetto delle organizzazioni
contadine, la mobilizzazione di tutta la società per elaborare programmi di sviluppo
condivisi, negoziati e co-gestiti. Infine, è ugualmente essenziale salvaguardare la
biodiversità e la nostra identità, perché l’essere umano non può vivere senza valori
culturali.