Egitto: avviati colloqui tra governo e opposizioni. Mubarak resta al potere e le proteste
continuano
Continuano le proteste anti Mubarak. in Egitto. I manifestanti non hanno mai lasciato
la piazza, mentre nel pomeriggio si sono susseguite notizie, poi smentite, circa le
dimissioni del rais dalla guida del suo partito dal quale invece si sono dimessi i
vertici compreso il figlio di Mubarak Gamal. Monito degli Stati Uniti: Mubarak resti
al potere per guidare la transizione. Il servizio di Francesca Sabatinelli
A
livello politico, dunque, tiene banco il possibile passaggio di potere tra Mubarak
e il suo vice Suleiman, con il compito di traghettare il Paese verso nuove elezioni.
Uno scenario su cui premono sia l’Europa che gli Stati Uniti, con il presidente Obama
che è tornato ad invocare una soluzione immediata. In merito a questo scenario Eugenio
Bonanata ha intervistato Luciano Ardesi, esperto di questioni nord africane:
R. - Suleiman
è certamente la soluzione più semplice, più a portata di mano e che potrebbe accontentare
in parte anche i manifestanti, che vogliono - in primo luogo - le dimissioni di Mubarak.
Bisognerà vedere ora se questo basta; soprattutto, bisognerà vedere come sarà composto
un eventuale governo di transizione e se quindi il regime smetterà di mettere in piazza
anche dei provocatori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni ed anche ieri. Questo
potrebbe creare un clima di tensione, quasi da guerra civile, che potrebbe ostacolare
anche la fase di transizione.
D. - Bisogna vedere anche la reazione delle opposizioni…
R.
- Diciamo che in questo momento le opposizioni hanno tutto l’interesse a voltare una
prima pagina: in questo caso, l’allontanamento dal potere di Mubarak. E’ chiaro che
si dovrà andare ad elezioni e i partiti sono già posizionati in questo senso e sono
tutti d’accordo: anche i “fratelli musulmani” sono d’accordo e hanno già detto - e
questo per non spaventare né la popolazione né la diplomazia internazionale - che
rinuncerebbero ad una eventuale candidatura alle presidenziali. Il problema è come
arrivare a questa decisione, come costringere Mubarak a lasciare il potere.
D.
- Che cosa servirebbe, secondo lei?
R. - Probabilmente Mubarak vorrebbe anche
delle garanzie personali: ha detto che non intende - come ha fatto Ben Alì - lasciare
il proprio Paese. Forse, anche questo, giocherà un ruolo importante nella decisione
finale e nell’uscita da questa situazione di grande tensione degli ultimi giorni.
D.
- Il presidente Obama ha confermato che sono in corso trattative per un processo di
transizione e, quindi, è proprio da queste trattative che potrebbero e potranno venir
fuori le garanzie da offrire a Mubarak per incentivarlo …
R. - Io credo che
in questo momento si stia giocando su più tavoli. Non dimentichiamo il ruolo che l’Egitto
ha nella situazione mediorientale; sicuramente anche Israele sta cercando di capire
- e certamente anche di influenzare - questa fase di transizione. Israele ovviamente
vuole garanzie da parte del nuovo governo di transizione che i patti siano rispettati,
che la posizione dell’Egitto non cambi rispetto alla questione mediorientale.
D.
- Quale ruolo può avere la Lega Araba?
R. - Credo che possa svolgere un ruolo
ben modesto, anche perché il suo leader - il segretario generale della Lega Araba,
Amr Moussa, che è un egiziano - si è pronunciato a favore di un proprio ruolo nell’eventuale
governo di transizione. Quindi in questo momento la Lega Araba è senza una “testa”
che possa, in qualche modo, dirigere il movimento. Certamente i Paesi arabi sono molto
preoccupati e stanno seguendo con interesse gli avvenimenti dell’Egitto, dopo quelli
della Tunisia; ma non credo che la Lega Araba riesca a prendere una posizione comune
per arginare in qualche mondo l’ondata di protesta che sta toccando la stragrande
maggioranza dei Paesi arabi. (mg)