Egitto, prosegue la protesta. Esplode un gasdotto nel Sinai. Al via i negoziati tra
Suleiman e l'opposizione
Grave atto di sabotaggio stamani in Egitto dove un'esplosione ha provocato un incendio
del gasdotto che rifornisce Israele, nella cittadina di El Arish. Continuano intanto
le trattative politiche e con l’esercito per sbloccare la situazione nel Paese dove
per domani è annunciata una nuova manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente
Mubarak, che questa mattina ha convocato il nuovo governo per una riunione. Intanto
il leader dell’opposizione e premio nobel per la pace El Baradei, ha confermato di
essere pronto a guidare l'Egitto. Il servizio di Cecilia Seppia:
Con l’esplosione
di una condotta che porta il gas verso Israele, forse opera di terroristi, è iniziato
il 12.mo giorno della rivoluzione egiziana. Fiamme altissime e parecchi danni, oltre
per il momento la sospensione dei rifornimenti, ma per fortuna nessuna vittima. D’altra
parte, la protesta non si placa. Per tutta la notte i manifestanti, sfidando il coprifuoco,
hanno occupato piazza Tahrir, epicentro della rivolta. Poi all’alba la polizia ha
disperso la folla, sparando in aria colpi di arma da fuoco. Intanto nel giorno in
cui il presidente Mubarak ha convocato i membri del nuovo governo, per una prima riunione,
l’opposizione ha organizzato due nuove manifestazioni ad Alessandria d’Egitto, per
chiedere le dimissioni del leader egiziano. Dal canto suo, il Premio nobel per la
pace El Baradei si è detto pronto a trattare con lo Stato maggiore dell'esercito per
favorire una transazione senza spargimento di sangue. Un appello a rispettare la volontà
del popolo è stato lanciato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ma i leader
europei, in particolare il cancelliere tedesco Angela Merkel, frenano sull’ipotesi
di elezioni anticipate, giudicandole premature. Il segretario di Stato americano Clinton,
parla di "tempesta perfetta per il Medio Oriente". Il rischio - dice - è di una instabilità
maggiore. Secondo la Cnn, oggi potrebbero i primi negoziati tra il vicepresidente
Suleiman e gruppi dell’opposizione. Intanto, non cessano le ripercussioni sui giornalisti:
la polizia ha arrestato il direttore di Al Jazeera e un suo reporter il giorno dopo
l’ennesimo saccheggio alla rete.
A livello politico, dunque, tiene banco
il possibile passaggio di potere tra Mubarak e il suo vice Suleiman, con il compito
di traghettare il Paese verso nuove elezioni. Uno scenario su cui premono sia l’Europa
che gli Stati Uniti, con il presidente Obama che in queste ore è tornato ad invocare
una soluzione immediata. In merito a questo scenario Eugenio Bonanata ha intervistato
Luciano Ardesi, esperto di questioni nord africane:
R. - Suleiman
è certamente la soluzione più semplice, più a portata di mano e che potrebbe accontentare
in parte anche i manifestanti, che vogliono - in primo luogo - le dimissioni di Mubarak.
Bisognerà vedere ora se questo basta; soprattutto, bisognerà vedere come sarà composto
un eventuale governo di transizione e se quindi il regime smetterà di mettere in piazza
anche dei provocatori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni ed anche ieri. Questo
potrebbe creare un clima di tensione, quasi da guerra civile, che potrebbe ostacolare
anche la fase di transizione.
D. - Bisogna vedere anche la reazione
delle opposizioni…
R. - Diciamo che in questo momento le opposizioni
hanno tutto l’interesse a voltare una prima pagina: in questo caso, l’allontanamento
dal potere di Mubarak. E’ chiaro che si dovrà andare ad elezioni e i partiti sono
già posizionati in questo senso e sono tutti d’accordo: anche i “fratelli musulmani”
sono d’accordo e hanno già detto - e questo per non spaventare né la popolazione né
la diplomazia internazionale - che rinuncerebbero ad una eventuale candidatura alle
presidenziali. Il problema è come arrivare a questa decisione, come costringere Mubarak
a lasciare il potere.
D. - Che cosa servirebbe, secondo lei?
R.
- Probabilmente Mubarak vorrebbe anche delle garanzie personali: ha detto che non
intende - come ha fatto Ben Alì - lasciare il proprio Paese. Forse, anche questo,
giocherà un ruolo importante nella decisione finale e nell’uscita da questa situazione
di grande tensione degli ultimi giorni.
D. - Il presidente Obama ha
confermato che sono in corso trattative per un processo di transizione e, quindi,
è proprio da queste trattative che potrebbero e potranno venir fuori le garanzie da
offrire a Mubarak per incentivarlo …
R. - Io credo che in questo momento
si stia giocando su più tavoli. Non dimentichiamo il ruolo che l’Egitto ha nella situazione
mediorientale; sicuramente anche Israele sta cercando di capire - e certamente anche
di influenzare - questa fase di transizione. Israele ovviamente vuole garanzie da
parte del nuovo governo di transizione che i patti siano rispettati, che la posizione
dell’Egitto non cambi rispetto alla questione mediorientale.
D. - Quale
ruolo può avere la Lega Araba?
R. - Credo che possa svolgere un ruolo
ben modesto, anche perché il suo leader - il segretario generale della Lega Araba,
Amr Moussa, che è un egiziano - si è pronunciato a favore di un proprio ruolo nell’eventuale
governo di transizione. Quindi in questo momento la Lega Araba è senza una “testa”
che possa, in qualche modo, dirigere il movimento. Certamente i Paesi arabi sono molto
preoccupati e stanno seguendo con interesse gli avvenimenti dell’Egitto, dopo quelli
della Tunisia; ma non credo che la Lega Araba riesca a prendere una posizione comune
per arginare in qualche mondo l’ondata di protesta che sta toccando la stragrande
maggioranza dei Paesi arabi. (mg)