2011-02-05 14:37:24

Egitto, prosegue la protesta. Esplode un gasdotto nel Sinai. Al via i negoziati tra Suleiman e l'opposizione


Grave atto di sabotaggio stamani in Egitto dove un'esplosione ha provocato un incendio del gasdotto che rifornisce Israele, nella cittadina di El Arish. Continuano intanto le trattative politiche e con l’esercito per sbloccare la situazione nel Paese dove per domani è annunciata una nuova manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente Mubarak, che questa mattina ha convocato il nuovo governo per una riunione. Intanto il leader dell’opposizione e premio nobel per la pace El Baradei, ha confermato di essere pronto a guidare l'Egitto. Il servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

Con l’esplosione di una condotta che porta il gas verso Israele, forse opera di terroristi, è iniziato il 12.mo giorno della rivoluzione egiziana. Fiamme altissime e parecchi danni, oltre per il momento la sospensione dei rifornimenti, ma per fortuna nessuna vittima. D’altra parte, la protesta non si placa. Per tutta la notte i manifestanti, sfidando il coprifuoco, hanno occupato piazza Tahrir, epicentro della rivolta. Poi all’alba la polizia ha disperso la folla, sparando in aria colpi di arma da fuoco. Intanto nel giorno in cui il presidente Mubarak ha convocato i membri del nuovo governo, per una prima riunione, l’opposizione ha organizzato due nuove manifestazioni ad Alessandria d’Egitto, per chiedere le dimissioni del leader egiziano. Dal canto suo, il Premio nobel per la pace El Baradei si è detto pronto a trattare con lo Stato maggiore dell'esercito per favorire una transazione senza spargimento di sangue. Un appello a rispettare la volontà del popolo è stato lanciato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ma i leader europei, in particolare il cancelliere tedesco Angela Merkel, frenano sull’ipotesi di elezioni anticipate, giudicandole premature. Il segretario di Stato americano Clinton, parla di "tempesta perfetta per il Medio Oriente". Il rischio - dice - è di una instabilità maggiore. Secondo la Cnn, oggi potrebbero i primi negoziati tra il vicepresidente Suleiman e gruppi dell’opposizione. Intanto, non cessano le ripercussioni sui giornalisti: la polizia ha arrestato il direttore di Al Jazeera e un suo reporter il giorno dopo l’ennesimo saccheggio alla rete.

A livello politico, dunque, tiene banco il possibile passaggio di potere tra Mubarak e il suo vice Suleiman, con il compito di traghettare il Paese verso nuove elezioni. Uno scenario su cui premono sia l’Europa che gli Stati Uniti, con il presidente Obama che in queste ore è tornato ad invocare una soluzione immediata. In merito a questo scenario Eugenio Bonanata ha intervistato Luciano Ardesi, esperto di questioni nord africane:RealAudioMP3

R. - Suleiman è certamente la soluzione più semplice, più a portata di mano e che potrebbe accontentare in parte anche i manifestanti, che vogliono - in primo luogo - le dimissioni di Mubarak. Bisognerà vedere ora se questo basta; soprattutto, bisognerà vedere come sarà composto un eventuale governo di transizione e se quindi il regime smetterà di mettere in piazza anche dei provocatori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni ed anche ieri. Questo potrebbe creare un clima di tensione, quasi da guerra civile, che potrebbe ostacolare anche la fase di transizione.

D. - Bisogna vedere anche la reazione delle opposizioni…

R. - Diciamo che in questo momento le opposizioni hanno tutto l’interesse a voltare una prima pagina: in questo caso, l’allontanamento dal potere di Mubarak. E’ chiaro che si dovrà andare ad elezioni e i partiti sono già posizionati in questo senso e sono tutti d’accordo: anche i “fratelli musulmani” sono d’accordo e hanno già detto - e questo per non spaventare né la popolazione né la diplomazia internazionale - che rinuncerebbero ad una eventuale candidatura alle presidenziali. Il problema è come arrivare a questa decisione, come costringere Mubarak a lasciare il potere.

D. - Che cosa servirebbe, secondo lei?

R. - Probabilmente Mubarak vorrebbe anche delle garanzie personali: ha detto che non intende - come ha fatto Ben Alì - lasciare il proprio Paese. Forse, anche questo, giocherà un ruolo importante nella decisione finale e nell’uscita da questa situazione di grande tensione degli ultimi giorni.

D. - Il presidente Obama ha confermato che sono in corso trattative per un processo di transizione e, quindi, è proprio da queste trattative che potrebbero e potranno venir fuori le garanzie da offrire a Mubarak per incentivarlo …

R. - Io credo che in questo momento si stia giocando su più tavoli. Non dimentichiamo il ruolo che l’Egitto ha nella situazione mediorientale; sicuramente anche Israele sta cercando di capire - e certamente anche di influenzare - questa fase di transizione. Israele ovviamente vuole garanzie da parte del nuovo governo di transizione che i patti siano rispettati, che la posizione dell’Egitto non cambi rispetto alla questione mediorientale.

D. - Quale ruolo può avere la Lega Araba?

R. - Credo che possa svolgere un ruolo ben modesto, anche perché il suo leader - il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, che è un egiziano - si è pronunciato a favore di un proprio ruolo nell’eventuale governo di transizione. Quindi in questo momento la Lega Araba è senza una “testa” che possa, in qualche modo, dirigere il movimento. Certamente i Paesi arabi sono molto preoccupati e stanno seguendo con interesse gli avvenimenti dell’Egitto, dopo quelli della Tunisia; ma non credo che la Lega Araba riesca a prendere una posizione comune per arginare in qualche mondo l’ondata di protesta che sta toccando la stragrande maggioranza dei Paesi arabi. (mg)







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