I timori delle Chiese mediorientali sulla possibilità di deriva islamista in Egitto
L’agenzia Sir ha raccolto diverse testimonianze di esponenti delle Chiese cristiane
mediorientali all’eventualità di una svolta islamista nell’Egitto del dopo Mubarak.
L’arcivescovo di Baghdad dei Latini, mons. Jean B. Sleiman, ad esempio, ammette che
l’Islam al potere nel Paese farebbe paura e che “per l’Iraq le conseguenze sarebbero
negative. La corrente islamista è trasversale a tutti i Paesi e non la si può ignorare,
la comunità internazionale non faccia l’ipocrita”. Il presule conclude dicendo che,
in caso di instaurazione di un regime radicale, in Egitto i cristiani saranno i primi
a pagare. Il passaggio del potere nelle mani dell’Islam non è un’ipotesi da scartare
neppure secondo mons. Selim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania, che
si dice certo che “gli islamisti avranno cura dei loro connazionali cristiani anche
per accreditarsi all’opinione pubblica e alla comunità internazionale”. Anche il vicario
apostolico dei Latini di Beirut, mons. Paul Dahdah ha dichiarato di seguire la vicenda
con un certo timore, mentre per il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa,
a essere preoccupante non sarebbe tanto “una deriva islamista, ma un cambio nella
politica con Israele”. “Un ruolo importante spetta alla comunità internazionale che
deve continuare a investire in Egitto per accompagnare lo sviluppo economico”, ha
aggiunto. Infine, il Patriarca greco-melchita di Antiochia, Gregorio III Laham, afferma
di confidare sulla “stabile situazione interna” del suo Paese, anche se su Facebook
è stato lanciato un appello a scendere in piazza per la prima “giornata della collera
del popolo siriano”. (R.B.)