2011-01-30 15:39:50

Referendum sull'indipendenza del Sud Sudan: vince il "sì" col 99% dei voti


In Sudan, vittoria del si al referendum per la secessione del sud del Paese. Il risultato arriva dopo circa un mese dal voto. Lo ha annunciato il responsabile della Commissione elettorale meridionale, Chan Reec Madut, specificando che oltre il 99% di chi ha votato nelle dieci regioni interessate ha scelto la nascita di un nuovo Stato autonomo e indipendente. Intanto, l’onda della protesta nordafricana sembra essere arrivata anche qui. Oggi, un migliaio di studenti, provenienti dall’Università islamica Omdurman, ha ingaggiato scontri con la polizia a Karthum. Cinque manifestanti sono stati arrestati. Una delle icone della protesta è Luis Moreno Ocampo, procuratore del Tribunale internazionale per i crimini contro l'umanità, che ha incriminato il presidente sudanese, Omar al-Bashir, con l'accusa di genocidio nel Darfur.

Germania scontro treni: almeno 10 morti
Almeno dieci persone sono morte e altre 40 sono rimaste ferite, in seguito ad uno scontro tra un treno merci ed un regionale nella regione di Magdeburgo, in Germania. Lo hanno reso noto polizia e vigili del fuoco, specificando che alcuni feriti, già trasportati in ospedale, versano in gravissime condizioni. Tra le vittime anche il conducente e un assistente di viaggio. Per ora restano sconosciute le cause dello scontro, forse un errore umano, ma secondo l’agenzia tedesca Dpa si tratta di uno dei più gravi incidenti ferroviari avvenuti in Germania negli ultimi anni.

Russia risolto il caso sull’attentato di Mosca
Svolta sul caso dell'attentato all'aeroporto internazionale Domodedovo di Mosca, costato la vita a 35 persone. Ad annunciarlo il portavoce del Comitato di inchiesta, Markin, che ha parlato di una risoluzione definitiva delle indagini. Secondo le prime informazioni, il kamikaze responsabile dell’attacco aveva 20 anni, era originario del Nord del Caucaso e la sua azione mirava a colpire soprattutto cittadini stranieri. “Non è stato un caso – precisa Markin – che l'atto di terrorismo sia stato commesso nella hall degli arrivi internazionali”.

Tunisia
Calma apparente in Tunisia, dopo le proteste dei giorni scorsi, seguite al rimpasto di governo. Oggi, il leader islamista tunisino, Rached Ghannouchi, in esilio da 22 anni, ha lasciato Londra ed è tornato in patria. Ghannouchi era stato condannato a morte dal regime del deposto presidente Zine el Abidine Ben Ali, a sua volta costretto a fuggire con la famiglia in Arabia Saudita dopo la “rivoluzione dei gelsomini”. Il leader islamista ha annunciato che non intendere correre per la carica presidenziale, ma che è intenzionato a trasformare il proprio movimento in un partito capace di competere alle prossime elezioni.

Algeria: l’opposizione marcia in Cabilia per cambio regime
Migliaia di persone hanno partecipato ieri a Bejaia, nella regione algerina della Cabilia, ad una manifestazione organizzata dal partito d’opposizione, il Raggruppamento per la cultura e la democrazia (RCD), per chiedere un “cambiamento di regime” e la revoca dello Stato d’emergenza, in vigore dal 1992. Lo ha riferito Said Saidi, leader del partito, annunciando per il 12 febbraio prossimo una nuova protesta ad Algeri a cui parteciperanno anche sindacati autonomi e associazioni. Intanto oggi, nella capitale, due giovani di 26 e 21 anni si sono dati fuoco in strada. Il più grande è morto dopo essere stato portato in ospedale.

Yemen
Nello Yemen, decine di dimostranti che manifestavano per chiedere le dimissioni del presidente, Ali Abdullah Saleh, si sono scontrati ieri sera con sostenitori del regime. Violenti proteste sono esplose davanti l’ambasciata egiziana a Sanaa, per esprimere solidarietà contro la rivolta anti Mubarak, esplosa nel Paese. Sul posto sono arrivati anche sostenitori del governo, alcuni dei quali armati di coltello, che hanno attaccato i manifestanti e li hanno costretti a disperdersi. Nel frattempo, il partito al governo ha chiesto di aprire un tavolo di dialogo con l'opposizione.

Iran
A larga maggioranza, il parlamento iraniano ha approvato la nomina presidenziale del nuovo ministro degli Esteri, Ali Akbar Salehi. L’ex capo dell'Agenzia atomica della Repubblica islamica aveva preso il posto di Manouchehr Mottaki, destituito lo scorso 13 dicembre dal capo di Stato, Ahmadinejad. I voti favorevoli sono stati 146 su 243, 60 i contrari, 35 gli astenuti.

Nulla di fatto sui negoziati per l'indipendenza del Sahara occidentale
I negoziati tra Marocco e Fronte Polisario sulla questione di un referendum per l’indipendenza del Sahara occidentale si sono nuovamente conclusi all’Onu di New York con un nulla di fatto. Una situazione di stallo che perdura da oltre 35 anni e che continua ad alimentare uno dei maggiori conflitti dimenticati della storia contemporanea. A lanciare l’allarme sono le organizzazioni umanitarie non governative e le associazioni saharawi per i diritti umani, che denunciano la grave situazione umanitaria venutasi a creare tra gli oltre 200 mila rifugiati che vivono nelle tendopoli dell’Algeria meridionale. A preoccupare i profughi saharawi è in particolare l’impotenza delle Nazioni Unite: nonostante la presenza di una missione di caschi blu, non riesce a garantire la sicurezza di quanti si trovano nelle aree contese. Stefano Leszczynski ha intervistato Giulia Olmi, esperta della questione del Sahara occidentale per il CISP – Comitato internazionale per lo sviluppo dei Popoli: RealAudioMP3

R. – Il nodo principale è che la decisione, la concretezza delle Nazioni Unite gravita sempre intorno al Consiglio di Sicurezza, che è quello i cui pareri poi sono vincolanti. C’è un problema di riforma molto grande delle Nazioni Unite, di riequilibrio dei suoi stessi poteri decisionali.

D. – Si parla di una presenza di circa 200 mila persone nei campi profughi nell’Algeria meridionale. Qual è la condizione di vita di queste persone?

R. – Se uno considera che da 35 anni sono rifugiati in un territorio straniero, in un territorio e in una situazione precaria, sembra veramente di parlare di un miracolo. Anzitutto, si autogestiscono, essendo una Repubblica in esilio. Ma certo, dopo 35 anni, il problema è che devono svilupparsi come uomini, come persone e ne hanno il diritto.

D. – Le Nazioni Unite sono bloccate come sistema sulla soluzione della questione saharawi. L’Unione Europea non si dimostra sufficientemente forte. Si ha quasi l’impressione insomma che ci sia anche forse un interesse politico nel mantenere la situazione così com’è...

R. – Fa comodo a chi in questa terra ha interesse di controllare quelle risorse naturali molto forti, che sono i fosfati, la pesca, l’olio e i gas. E ora ne stanno beneficiando l’Unione Europea e alcuni Paesi in particolare dell’Unione Europea – la Spagna e la Francia – e questo poi si specchia a livello politico con chi appoggia certe risoluzioni e chi non le appoggia. (ap) (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 30







All the contents on this site are copyrighted ©.