Onu, ancora stallo sui negoziati per l'indipendenza del Sahara occidentale
I negoziati tra Marocco e Fronte Polisario sulla questione di un referendum per l’indipendenza
del Sahara occidentale si sono nuovamente conclusi all’Onu di New York con un nulla
di fatto. Una situazione di stallo che perdura da oltre 35 anni e che continua ad
alimentare uno dei maggiori conflitti dimenticati della storia contemporanea. A lanciare
l’allarme sono le organizzazioni umanitarie non governative e le associazioni saharawi
per i diritti umani, che denunciano la grave situazione umanitaria venutasi a creare
tra gli oltre 200 mila rifugiati che vivono nelle tendopoli dell’Algeria meridionale.
A preoccupare i profughi saharawi è in particolare l’impotenza delle Nazioni
Unite: nonostante la presenza di una missione di caschi blu, non riesce a garantire
la sicurezza di quanti si trovano nelle aree contese. Stefano Leszczynski ha
intervistato Giulia Olmi, esperta della questione del Sahara occidentale per
il CISP – Comitato internazionale per lo sviluppo dei Popoli:
R. – Il
nodo principale è che la decisione, la concretezza delle Nazioni Unite gravita sempre
intorno al Consiglio di Sicurezza, che è quello i cui pareri poi sono vincolanti.
C’è un problema di riforma molto grande delle Nazioni Unite, di riequilibrio dei suoi
stessi poteri decisionali.
D. – Si parla di una presenza di circa 200
mila persone nei campi profughi nell’Algeria meridionale. Qual è la condizione di
vita di queste persone?
R. – Se uno considera che da 35 anni sono rifugiati
in un territorio straniero, in un territorio e in una situazione precaria, sembra
veramente di parlare di un miracolo. Anzitutto, si autogestiscono, essendo una Repubblica
in esilio. Ma certo, dopo 35 anni, il problema è che devono svilupparsi come uomini,
come persone e ne hanno il diritto.
D. – Le Nazioni Unite sono bloccate
come sistema sulla soluzione della questione saharawi. L’Unione Europea non si dimostra
sufficientemente forte. Si ha quasi l’impressione insomma che ci sia anche forse un
interesse politico nel mantenere la situazione così com’è...
R. – Fa
comodo a chi in questa terra ha interesse di controllare quelle risorse naturali molto
forti, che sono i fosfati, la pesca, l’olio e i gas. E ora ne stanno beneficiando
l’Unione Europea e alcuni Paesi in particolare dell’Unione Europea – la Spagna e la
Francia – e questo poi si specchia a livello politico con chi appoggia certe risoluzioni
e chi non le appoggia. (ap)