Giornata dei senza fissa dimora: Messa a Roma animata dalla Comunità di Sant'Egidio
Uccisi dal freddo in una città che li ignora. Un triste fenomeno che quest’inverno
ha già colpito a Roma sette persone senza fissa dimora, che sono state ricordate,
insieme a tutti gli scomparsi degli anni precedenti, dalla Comunità di Sant'Egidio
in una celebrazione nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. La Messa, come ogni
anno, è stata dedicata a Modesta Valenti, un’anziana donna scomparsa nell’indifferenza
generale nel 1983. Francesca Zuccari, responsabile della Comunità di Sant'Egidio
per i senzatetto ha raccontato la sua storia ai microfoni di Michele Raviart:
R.
– Modesta era un’anziana di 71 anni che viveva nella zona della Stazione Termini e
dormiva per strada. Il 31 gennaio del 1983 ebbe un malore, ma siccome era sporca ed
aveva i pidocchi, l’ambulanza non volle soccorrerla e Modesta morì lì alla Stazione.
Da allora, la Comunità di Sant’Egidio, in questa celebrazione, ricorda lei e tutte
le persone che negli anni sono morte per strada e che nessuno ricorderebbe.
D.
– Quanti sono i senza fissa dimora a Roma?
R. – Noi contiamo che siano
circa seimila le persone che vivono in questa situazione di disagio: il 30-40% circa
sono italiani e possono essere persone adulte che hanno perso il lavoro e, molto più
frequentemente, persone che fino a poco tempo fa facevano una vita abbastanza normale
e che sono state poi travolte da eventi della vita dove non sono stati affiancati
dalla famiglia o dai servizi. Quindi, hanno avuto uno sfratto, la perdita del lavoro,
una malattia. L’altro 60-70% sono stranieri che vengono qui in Italia in cerca di
un futuro migliore e che nel primo periodo soprattutto si trovano per strada, perché
è difficile trovare una sistemazione a prezzi accessibili, anche lavorando.
D.
– Cosa sta facendo Sant’Egidio in questo momento per i senzatetto?
R.
– Noi continuiamo ad intensificare la nostra presenza in tutte le zone della città,
cercando di raggiungere poi le persone più isolate. Negli ultimi anni abbiamo assistito
ad una “periferizzazione” di queste persone, che quindi dal centro si sono spostate
sempre più verso la periferia e luoghi più difficilmente accessibili. A Trastevere
abbiamo aperto, come ogni anno, un piccolo spazio di accoglienza per una ventina di
persone.
D. – Quali sono, secondo lei, le misure da intraprendere per
aiutare queste persone? Cosa andrebbe fatto di più?
R. – La cosa più
importante è quella di creare un sistema di servizi che aiuti queste persone ad uscire
definitivamente dal circuito della povertà: non solo servizi cosiddetti di bassa soglia,
ma anche individuare dei percorsi per inserirsi dal punto di vista dell’alloggio e
lavorativo e sociale. (ap)