Torna la calma in Tunisia dopo le proteste seguite al rimpasto di governo
In Tunisia, oggi sembra essere tornata la calma. Ieri, nella capitale Tunisi, il rimpasto
di governo non aveva impedito nuove manifestazioni segnate dalla violenta reazione
dell’esercito. I blogger su Internet parlano di almeno tre vittime, ma la notizia
non ha trovato conferme, mentre il premier Gannouchi ha ribadito che la transizione
democratica e il rilancio dell’economia rappresentano le priorità per il Paese. Sul
fronte algerino, intanto, il coordinamento per “la democrazia e il cambiamento” ha
annunciato che tenterà di scendere in piazza il 12 febbraio per chiedere la fine del
regime e la revoca dello Stato d’emergenza, in atto dal 1992.
Giordania-Yemen In
Giordania striscioni a sostegno della popolazione egiziana sono stati issati durante
le manifestazioni di ieri che hanno visto migliaia di persone sfilare pacificamente
per chiedere anche nel proprio Paese riforme politiche e le dimissioni del governo.
Nello Yemen, invece, il partito al potere ha esortato a porre fine alla dimostrazioni
di questi giorni contro il presidente Saleh, al potere da 30 anni, per evitare che
il Paese venga trascinato in un conflitto. Il partito ha chiesto inoltre di aprire
la strada al dialogo in vista delle elezioni parlamentari previste per fine aprile
e che l’opposizione mira a boicottare.
Albania Silenzioso corteo,
ma carico di significati, ieri a Tirana. Così l’Albania che contesta il premier Berisha
ha voluto ricordare le tre vittime delle manifestazioni antigovernative dei giorni
scorsi. E’ stata una giornata del ricordo, ma non della rassegnazione a detta dell’opposizione
socialista di Edi Rama. Sul significato della giornata, Giancarlo La Vella
ha intervistato Gerarta Zheji, giornalista albanese, raggiunta telefonicamente
a Tirana:
R. – Questa
manifestazione è stata letta in modi completamente diversi. Edi Rama ha detto che
questa è l’Albania che non accetta la violenza di Berisha, che queste sono le persone
che hanno sfilato per dimostrare anche ai media internazionali che noi non siamo violenti
e che il 21 gennaio invece siamo stati provocati dalle forze di polizia. La lettura
che ne dà invece il partito democratico è che Rama, con questa manifestazione pacifica,
si è autoaccusato per i fatti del 21 gennaio. Quello che resta adesso in Albania,
fermatesi le violenze, è una profonda rottura tra le istituzioni del Paese. Berisha
ieri ha anche accusato il presidente della Repubblica, Bamir Topi, di non aver mai
usato la parola violenza per definire i fatti del 21 gennaio. Questo va ad aggiungersi
alla rottura che già c’era stata con la Procura generale della Repubblica, per cui
non ci può essere un dialogo parlamentare con un’opposizione di questo tipo: queste
sono state appunto le parole del primo ministro.
D. – Chi potrebbe riuscire
a mediare in questa situazione, all’interno dell’Albania, ma anche al di fuori del
Paese?
R. – Sicuramente a mediare sono riusciti finora gli “internazionali”,
come qui vengono chiamati. L’ambasciatore americano, nella sua conferenza stampa,
in cui ha detto di appoggiare le indagini della Procura e che la Procura deve essere
lasciata tranquilla nel portare avanti le proprie indagini, ha tenuto una posizione
forte in questo senso, che è stata recepita anche dallo stesso Berisha, che ha a sua
volta incoraggiato la Procura a continuare le sue indagini. Un altro interlocutore
che può mediare è l’Unione Europea. Siccome l’Albania è un Paese che vuole fortemente
entrare a far parte dell’Unione Europea, le parole di coloro che la rappresentano
sono molto ascoltate qua a Tirana, come lo è stato l’inviato speciale arrivato due
giorni fa, che ha effettivamente richiamato entrambe le parti al dialogo. (ap)
Afghanistan-Pakistan In
Afghanistan, un attentato kamikaze ha provocato la morte del vicegovernatore della
provincia meridionale di Kandahar. Altre 5 persone sono rimaste ferite a causa dell’esplosione,
avvenuta in mattinata nella città considerata il feudo dei talebani. Guerriglia in
azione anche in Pakistan. E' salito a otto morti e dieci feriti il bilancio di un
duplice attentato suicida avvenuto ieri nel nordovest del Paese, contro una galleria
che collega la città di Peshawar con quella di Kohat.
Russia In Russia
le autorità sono sulle tracce del presunto attentatore entrato in azione lo scorso
24 gennaio all’aeroporto di Mosca provocando 35 vittime. Si tratterebbe di un giovane
originario del Caucaso del Nord dove la Russia è impegnata a fronteggiare la guerriglia
separatista islamica. Ricercati anche altri complici. L’obbiettivo dell’attacco –
hanno ribadito fonti investigative – era quello di fare più vittime possibili tra
gli stranieri.
Ue-Davos L’unione Europea è sempre più vicina al rafforzamento
del cosiddetto fondo salva stati. Lo ha detto il commissario agli affari economici
Olli Rehn, che punta al vertice europeo del 4 febbraio prossimo. Intanto, in Svizzera,
battute finali per il Forum Economico Internazionale di Davos che domani vedrà la
sua conclusione. La Turchia ha accusato l’Unione di essere poco aperta all’allargamento.
Ieri, invece, è intervenuta la cancelliera tedesca Merkel, che, come il presidente
francese Sarkozy, ha sottolineato l’importanza nel dare fiducia alla moneta unica.
(Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 29