Giornata mondiale contro la lebbra, la preghiera del Papa per i malati: molti ancora
in grave miseria. L'impegno dell'Aifo
Ogni anno nel mondo vengono diagnosticati circa 650 mila nuovi casi di lebbra, di
cui il 70 per cento in India. In Mozambico, in Indonesia, nella Repubblica Democratica
del Congo e in Brasile gli aumenti più rilevanti. La 58.ma Giornata mondiale dei malati
di lebbra, che si celebra oggi sul tema “C’è un solo cielo per tutto il mondo”, richiama
l’attenzione sulla gravità di questa malattia. L’Aifo, Associazione Italiana Amici
di Raoul Follereau, da anni lavora per sensibilizzare l’opinione pubblica e per raccogliere
fondi a favore di progetti di sostegno in quei Paesi in cui la lebbra è ancora diffusa.
In molte piazze italiane saranno allestiti i banchetti della solidarietà, dove sarà
possibile acquistare vasetti di miele. Fino al 10 febbraio, inoltre, è attivo il numero
di Sms 45 592 al quale si può donare un euro. Anna Rita Cristaino ha intervistato
Simona del Re, consigliera nazionale dell’Aifo, sulle iniziativa che sta promuovendo
l’Associazione:
R. - L’Aifo, in questo periodo, è impegnata a tutto campo,
in mille piazze italiane, con l’iniziativa “Il miele della solidarietà” per dare forza
al nostro impegno - ormai più che cinquantennale - al fianco dei malati di lebbra:
quest’anno è dedicato specificatamente all’Africa. Oggi, occorre ancora parlare -
anche in Italia - in modo positivo di ciò che si fa e quindi questa Giornata rappresenta
un momento positivo, proprio perché possiamo veramente salvare la bellezza dell’uomo
dalla lebbra.
D. - Si conosce poco della malattia: sembra quasi che
sia una malattia che ormai non colpisca più nessuno…
R. - Molto è stato
fatto. Non possiamo dire che non sia stato fatto nulla rispetto alla diagnosi e alla
prevenzione. Tuttavia, eistono ancora 15 milioni di ex malati, perché la lebbra -
lo sappiamo bene - lascia questo segno che sfigura l’uomo, crea delle menomazioni.
Noi abbiamo 15 milioni di persone che hanno avuto la lebbra e che sono coinvolte nei
nostri progetti di riabilitazione, fisica e sociale. La lotta alla lebbra significa
anche reinserimento delle persone che hanno avuto questa malattia.
D.
- Anche nei Paesi europei, ci possono essere ancora casi di lebbra?
R.
- Ci possono essere, ma esclusivamente per frutto della migrazione. Anche in Italia
qualche caso è stato diagnostica, ma chiaramente preso in tempo. Noi parliamo di fasce
di popolazione nel mondo, dove c’è povertà e dove non ci sono servizi sanitari locali…
E’ chiaro che in quei luoghi la lotta alla lebbra è più difficile.
D.
- In cosa consistono i vostri interventi?
R. - Diagnostichiamo la malattia,
curiamo le persone, reinseriamo nelle comunità queste persone, dicendo che la malattia
della lebbra è curabile ed educando il contesto sociale - quindi le comunità e le
famiglie - a reinserire le persone che hanno avuto questa malattia. Questo è certamente
il lavoro più grande svolto dall’Aifo: aiutare a riabilitare le persone attraverso
il microcredito e il coinvolgimento della comunità locale. Lavoriamo insieme alle
persone del posto, dando loro la possibilità di creare autosviluppo.
D.
- Nel novembre del 2010, l’Onu ha approvato le linee e i principi per l’eliminazione
della discriminazione nei confronti dei malati di lebbra. Quanto è importante questa
Dichiarazione per la tutela dei diritti dei malati di lebbra?
R. - Sicuramente
questa Dichiarazione è importante. Ma, ahimè, se ne parla molto poco. Per noi è una
grande “forza di cittadinanza” - usando le parole di Raul Follereau - per dare giustizia
e dignità a migliaia di persone che subiscono la malattia della lebbra: perché la
disabilità diventa forza, sostegno, quando si considera la persona come tale, come
un cittadino del mondo. (mg)
“Unire i nostri sforzi per esprimere meglio
la Giustizia e l’Amore verso i malati di lebbra”. E’ questo il titolo del Messaggio
dell’arcivescovo Zigmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori
Sanitari, in occasione della 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra che ricorre
domani, 30 gennaio. Dal presule l’esortazione a rafforzare l’impegno per assicurare
alle persone affette dal morbo di Hansen una diagnosi tempestiva e la possibilità
di accesso alle cure, in vista di un auspicato reinserimento sociale e lavorativo.
Il servizio di Claudia Di Lorenzi:
La priorità
è assicurare ai malati di lebbra la possibilità di una diagnosi precoce e dell’accesso
alle cure e ai servizi sanitari, favorendo il reinserimento sociale e lavorativo delle
persone guarite ma ormai mutilate, anche attraverso una diffusa e capillare azione
educativa presso le comunità di appartenenza, per allontanare il pregiudizio e favorire
l’accoglienza. Nel suo messaggio per la 58.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra
l’arcivescovo Zimowski richiama l’attenzione sulla condizione delle milioni di persone
affette nel mondo dal morbo di Hansen, una patologia la cui carica letale è stata
ridotta da efficaci terapie farmacologiche ma che “continua a provocare sofferenza,
menomazioni ed esclusione sociale”.
Proprio evidenziando questa condizione
di emarginazione quasi insanabile, il presidente del Pontificio Consiglio per gli
Operatori Sanitari ha ricordato il messaggio del Papa in occasione della XXV Conferenza
Internazionale del dicastero vaticano, nel novembre scorso, intitolata “Caritas in
Veritate. Per una cura della salute equa ed umana”. Per l’occasione il Santo Padre
osservava come “nella nostra epoca si assista da una parte ad un’attenzione alla salute
che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando
quasi un culto per il corpo, e dall’altra parte, alla difficoltà di milioni di persone
ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi”.
Un divario intollerabile, che richiama l’urgenza di una distribuzione più equa delle
risorse di cura: “Anche nel campo della salute – ha sottolineato mons. Zimowski citando
ancora il Papa – è dunque importante instaurare una vera giustizia distributiva che
garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate”. In effetti,
affinché non diventi disumano, “il mondo della salute non può sottrarsi alle regole
morali che devono governarlo”, piuttosto deve accogliere l’uomo riconoscendo in esso
l’immagine divina, che “fonda l’altissima dignità di ogni persona e suscita in ciascuno
l’esigenza del rispetto, della cura e del servizio”.
Alla vigilia della
Giornata dedicata alla lotta alla lebbra, il presule ha inteso infine ricordare il
contributo dei molti che nella Chiesa hanno speso la propria vita a sostegno delle
vittime del morbo di Hansen: dal cardinale canadese, Paul Emile Leger, al sacerdote
belga, San Damien de Veuster, al Beato polacco, Jan Beyzym, ai missionari che nel
mondo gestiscono oltre 500 lebbrosari. Un grazie infine alla Fondazione Raul Follerau
e a tutti gli operatori della salute, della società, della politica e dell’informazione
impegnati a sostegno dei malati di lebbra.