A Davos, il 41.mo World Economic Forum. Si guarda al dopo-crisi
Si aperto ieri a Davos, in Svizzera, la 41.ma edizione del World Economic Forum, dedicato
quest’anno alle “Norme condivise per la nuova realtà”. 2500 i partecipanti del mondo
politico, degli affari e della comunità sociale mondiale, che nella località elvetica
si confronteranno fino a domenica, con lo scopo di trovare nuove ricette per ripartire
dopo la crisi, con una maggiore fiducia nel futuro dell'economia. Questa mattina ha
tenuto banco il discorso del capo di Stato francese Nicolas Sarkozy, intervenuto in
veste di presidente di turno del G20. Il servizio di Marco Guerra:
L’inflazione,
difesa dell’euro, ripresa economica, bonus bancari e fondo monetario internazionale.
Il presidente francese Sarkozy passa in rassegna tutte le criticità, gli squilibri
e i segnali di ottimismo che emergono dal sistema economico mondiale a due anni e
mezzo dalla più grande crisi finanziaria degli ultimi settant’anni. L’inquilino dell’Eliseo
pone subito l’accento sull’inflazione che rappresenta “un rischio per la crescita,
con i prezzi delle materie prime in forte rialzo ed una estrema volatilità”. Sarkozy
ha poi sottolineato che le ''fosche'' previsioni sull'economia non si sono avverate.
In particolare non si è verificata la ricaduta nella crescita negativa nelle maggiori
economie. Resta invece il problema di una “disoccupazione ancora troppo alta” - ha
detto Sarkozy - specie fra i giovani. Il presidente francese ha poi notato che “il
dibattito sulla fine dell'Euro ha occupato i giornali per tanto tempo. Ora quegli
articoli sono spariti, mentre l'Euro è sempre lì”. “Mai, mai volteremo le spalle all'euro
– ha proseguito il presidente di turno del G20 - è parte della nostra identità”. Sarkozy
ha chiuso il suo intervento indicando una serie di interventi necessari fra cui la
riforma del sistema dei bonus bancari, la tassazione delle transazioni finanziarie
e “la sorveglianza degli squilibri monetari” da parte del Fondo monetario internazionale.
La
41.ma edizione del World Economic Forum di Davos assume quest’anno un’importanza
maggiore, perché giunge in un momento particolarmente delicato per l’economia mondiale,
che cerca di uscire da una crisi senza precedenti. Salvatore Sabatino ne ha
parlato con Franceso Carlà, presidente di Finanza World:
R. – Senz’altro,
l’edizione di quest’anno è di ancora maggiore attualità perché il focus è proprio
sulla ricerca di nuove o vecchie formule per uscire da questa situazione. C’è una
serie di pareri di diversi che si sentiranno, che si stanno già sentendo e che sarà
interessante comparare.
D. – Dunque, è un momento di confronto: già
ieri i massimi esperti economici mondiali si sono trovati d’accordo nel ritenere migliorato
il clima dei mercati, senza poter però escludere il rischio di un contagio della crisi
in altri Paesi dell’Eurozona, in primis la Spagna. L’area Euro continua dunque ad
essere a rischio?
R. – L’area Euro continua ad essere a rischio soprattutto
per la sua divisione, cioè per la differenza tra alcuni Paesi ed altri Paesi sia nella
ricetta con cui hanno affrontato o stanno affrontando la situazione, sia per la differente
condizione economica di crescita in alcuni Paesi e di stagnazione, invece, in altri.
D. – Nel corso di una tavola rotonda si è parlato anche del potere
economico che si sta trasferendo dall’economia avanzata ai Paesi emergenti dell’Asia.
Questo quanto influirà sull’equilibrio economico mondiale e, soprattutto, quanto influirà
sulle vecchie economie, come quelle europee?
R. – Sono reduce da due
settimane a Singapore ed è proprio percepibile, lì, un osservatorio, un avamposto
molto importante per tutta l’Asia; nel 2010 sono cresciuti del 14,7%: sono numeri
straordinari per la realtà italiana. In Italia è prevista una crescita asfittica dell’1%
anche nel 2011. Obama stesso ha usato un verbo molto critico, quando ha detto che
India e Cina potrebbero “vincerci” – è la prima volta che sento usare questo verbo
dal presidente. Quindi, ha spinto proprio perché a livello diplomatico non si stanno
raggiungendo grandi risultati nei rapporti tra gli Stati Uniti, l’Europa e l’Asia,
per trovare una forma di collaborazione invece che di competizione sulle valute e
sull’economia. Anche da Davos potrebbe e dovrebbe venire uno sprone all’Europa sulla
maggiore unità nelle forme, al di là della crescita di alcuni Paesi e della recessione
o della crisi in altri; e un collegamento ancora maggiore con gli Stati Uniti in un’ottica
di competizione anche diplomatica, non solo finanziaria ed economica, con l’Asia.
D.
– In questi grandi appuntamenti si tralascia sempre la situazione dei Paesi sottosviluppati:
perché, e come risolvere questa importante assenza, secondo lei?
R.
– I Paesi sottosviluppati stanno comunque facendo sentire la loro voce: l’abbiamo
sentita in Nordafrica in Tunisia, la stiamo sentendo in questi giorni in Egitto; stanno
utilizzando i nuovi media per far sentire la loro voce e quindi è molto importante
che anche manifestazioni come Davos accolgano questo tipo di voci e se ne facciano
anche interpreti e commentatori. Anche perché alcuni di questi Paesi cominciano ad
uscire da questa definizione – penso alla Nigeria, al Messico e ad altri Paesi che
in numero sempre maggiore potrebbero entrare nel ristretto network dei Paesi che contano
dal punto di vista economico e fare forse anche da apripista per gli altri Paesi delle
stesse aree – penso al Sudamerica, penso all’Africa – che nei prossimi anni devono
sicuramente poter veder migliorare i loro parametri economici e finanziari, e quindi
anche sociali. (gf)