“Serve unità per le sfide del futuro”. Così il presidente Obama nel suo secondo
discorso dell’Unione
Tagli alla spesa federale e innovazione potranno rilanciare la competitività dell’America
sul mercato globale. Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in uno dei
passaggi del discorso sullo stato dell’Unione. Il capo della Casa bianca ha poi chiesto
agli americani di affrontare sacrifici e difficoltà. E, parlando di fronte al Congresso,
ha sottolineato la necessità di farlo in modo bipartizan. Ma come valutare complessivamente
questo intervento, il secondo del suo mandato? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Tiziano Bonazzi, docente di Storia Americana all’Università di Bologna:
R. - E’
un presidente che, in questo momento, si sente forte. L’approvazione dell’opinione
pubblica nei suoi confronti è cresciuta oltre il 50 per cento: c’è un clima migliore
nei suoi confronti e di conseguenza ha cercato di dimostrarsi pragmatico. Ha fatto
un discorso – direi – più centrista che di centrosinistra.
D. – Ha
puntato soprattutto sulla ripresa economica: la crisi, dunque, continua a pesare sugli
Stati Uniti e sugli umori degli americani?
R. – Senza dubbio sì, moltissimo.
A me sembra interessante che abbia detto che gli Stati Uniti debbano riuscire, nel
giro di alcuni anni, a raddoppiare le loro esportazioni: il che vuol dire tornare
a produrre, basandosi meno sull’economia finanziaria.
D. – Professore,
colpisce molto però che in questo discorso sia mancato un accenno alle politiche sociali…
R.
– Assolutamente sì, ma questo fa parte di una strategia del presidente Obama, che
si trova di fronte ad un partito repubblicano che è spaccato in due, fra repubblicani
moderati e gli estremisti del famoso movimento “tea party”. Ritengo che un discorso
di questo genere sia rivolto soprattutto ai repubblicani moderati, che hanno in mano
il destino del Congresso: con il loro voto possono o distruggere le politiche del
presidente oppure, se le trovano abbastanza consentanee, aiutarle. E’ in questo senso
- ritengo - che Obama non si sia gettato in una direzione - come quella di aumentare
le spese sanitarie o di aumentare le spese sociali - che tutti i repubblicani indubbiamente
rifiuterebbero.
D. – Ciò che emerge da questo discorso è sicuramente
la necessità per gli Stati Uniti di rimanere uniti, anche politicamente. Ci riuscirà
Obama?
R. – C’è stato un simbolo significativo: i deputati e i senatori
non si sono divisi in due gruppi fra i due partiti, ma si sono seduti assieme - repubblicani
e democratici - così come capitava, e tutti portavano un piccolo segnale bianco e
nero per ricordare i morti e i feriti della strage di Tucson. Credo che quello che
è avvenuto a Tucson abbia fatto capire che ci sia bisogno di una unità che il presidente
indubbiamente deve favorire, ma che deve però nascere effettivamente dalla nazione.
(mg)
Tunisia Resta alta la tensione in Tunisia, dove il governo
ha chiesto all'Interpol un mandato di arresto internazionale per l'ex presidente Ben
Ali, la moglie e altri membri della famiglia, fuggiti in Arabia Saudita il 14 gennaio
scorso, a seguito delle proteste antigovernative. Il ministro della Giustizia, Lazhar
Karoui Chebbi, ha detto che Ben Ali e la moglie sono accusati di "acquisizione illegale
di beni mobili e immobili" e "trasferimenti illeciti di valuta straniera verso l'estero".
Il titolare della Giustizia ha inoltre informato che circa 11 mila prigionieri sono
fuggiti dalle carceri tunisine dall’inizio dei disordini. Intanto, anche oggi sono
in corso manifestazioni a Tunisi davanti alla sede del governo, dove in mattinata
la polizia ha lanciato lacrimogeni per disperdere i dimostranti.
Libano All'indomani
dei disordini che hanno accompagnato la nomina a premier incaricato del deputato Najib
Miqati, provocando 35 feriti, in Libano oggi è tornata la calma con le forze di sicurezza
che continuano a presidiare le strade di Beirut, di Tripoli e di diverse altre città.
Intanto, sono state avviate le consultazioni in vista della formazione di un governo
di unità nazionale. Nelle prossime ore, l’incontro tra il primo ministro designato
Miqati e il capo del governo uscente, Hariri, che ha già rifiutato l’ipotesi di entrare
nella compagine. I suoi sostenitori ieri sono stati i protagonisti degli scontri con
le forze dell’ordine. Domani, sarà la volta degli incontri con i gruppi parlamentari.
Albania "Prima
di tutto dobbiamo vedere la fine delle violenze, perché questo non è il modo europeo
di risolvere le dispute politiche''. Questo il messaggio che Miroslav Lajcak, inviato
dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, ha portato ai
leader politici albanesi oggi a Tirana, con i quali ha discusso della crisi politica
nel Paese. ''Ho chiesto loro di condividere la responsabilità di prevenire ogni ulteriore
violenza, ho chiesto che le istituzioni funzionino e che siano rispettate'', ha aggiunto
il direttore per i Balcani occidentali del nuovo servizio diplomatico europeo. Intanto,
il premier Sali Berisha sta valutando l'ipotesi di rinunciare alla manifestazione
convocata per sabato prossimo dal suo partito. “Esamineremo la possibilità di una
cancellazione per sabato. L'obiettivo di quella manifestazione è semplicemente quello
di condannare la violenza, ma ora c'è un altro modo di condannarla”, ha affermato,
in una dichiarazione riportata sul sito del governo.
Afghanistan In
Afganistan, il presidente Karzai ha partecipato alla cerimonia di insediamento del
nuovo parlamento afghano a Kabul, segnando l'avvio della seconda legislatura dalla
fine del regime talebano. Il presidente afghano ha fatto prestare giuramento collettivamente
ai parlamentari sul Corano, mentre quelli non eletti hanno minacciato azioni di protesta
in attesa del verdetto dei ricorsi presentati in tribunale. Il capo di Stato si è
poi rivolto ai talebani, chiedendo ancora di rinunciare alla violenza ed accogliere
gli sforzi dell'Alto consiglio della pace per la riconciliazione nel Paese.
Gabon Il
Gabon alle prese con due presidenti. Ieri, il leader dell'opposizione, André Mba Obame,
che contesta l’elezione di Ali Bongo a capo di Stato nel 2009, ha prestato giuramento
a Libreville come presidente e, in una dichiarazione diffusa dalla sua televisione,
ha annunciato la composizione del suo governo. Il leader ha dichiarato di aver voluto
eguagliare la vicenda del doppio presidente in atto in Costa d’Avorio.
La
Russia ratifica l’accordo Start per la riduzione delle armi nucleari È “una
buona notizia per la sicurezza e la stabilità internazionali”. Così il segretario
generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, a proposito della ratifica del trattato
START sul disarmo nucleare da parte del Consiglio della Federazione russa, all’indomani
del "sì" della Duma di Mosca. Il trattato Usa-Russia entrerà in vigore nelle prossime
settimane, dopo la firma del capo del Cremlino, Medvedev. A fine dicembre 2010, era
avvenuta la ratifica da parte di Washington. L’approvazione del parlamento russo giunge
nel giorno del lutto nazionale decretato dalle autorità in memoria delle 35 vittime
dell’attentato di lunedì scorso all’aeroporto di Mosca. Della nuova intesa sul disarmo
parla Giorgio Alba, ricercatore indipendente di non proliferazione nucleare,
intervistato da Giada Aquilino:
R. - Con
questo nuovo Trattato cambia il ruolo che svolge la Russia nei confronti della questione
nucleare. Mosca da partner potenziale diventa un partner reale nei confronti degli
Stati Uniti. Quindi si è assistito a un progressivo spostamento iniziato negli anni
Ottanta con Gorbaciov e l’Unione Sovietica: la Russia è diventata nel corso degli
anni un partner non ostile, un partner commerciale. E oggi diviene un partner importante
sulle questioni del disarmo nucleare, della non proliferazione. Anche sulla questione
del terrorismo, in questo caso, si apre una possibilità di un maggiore dialogo nella
prevenzione di quello nucleare.
D. - In particolare, per la Russia,
quanto è importante che l’approvazione dello START sia avvenuta a pochi giorni dall’attentato
disastroso all’aeroporto di Mosca?
R. - Per la Russia è molto importante.
Questo Trattato sarebbe stato approvato comunque, anche al di là dell’attentato. Ma
la vicinanza tra l’attentato, l’approvazione dello START e anche il discorso sullo
stato dell’Unione di Obama indicano che alcune questioni sono importanti nell’agenda
internazionale e - come il cambiamento climatico - devono essere affrontate con un
partenariato, quindi con un dialogo tra le principali potenze, senza polemiche. La
direzione da seguire è quella della riduzione degli armamenti nucleari, il che significa
che oggi il principale carico di lavoro, la principale responsabilità ricade sugli
Stati Uniti e sulla Russia, perché posseggono circa il 95 per cento di ordigni nucleari.
Successivamente, però, sarà necessario che anche Paesi come la Cina, la Francia, ma
anche l’India - che non fa parte del Trattato di non proliferazione - o come il Pakistan
entrino a far parte di questo dialogo per stabilire come ci si stia spostando da questo
mondo, nel quale esistono ancora ventimila testate nucleari, a un mondo in cui le
armi nucleari siano abolite. (bf)
Russia, attentato Prime sanzioni
dopo l'attentato di due giorni fa all'aeroporto Domodedovo di Mosca, costato la vita
a 35 persone. Il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, ha licenziato uno dei capi
del Dipartimento per la sicurezza nei trasporti del Ministero dell'interno e ha dato
due settimane di tempo al governo per rafforzare i controlli dei passeggeri negli
aeroporti. Intanto, il ministro dell'Interno, Rashid Nurgaliev, ha licenziato il capo
e i due vice del posto di polizia presso l'aeroporto. (Panoramica internazionale
a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LV no. 26