2011-01-26 15:55:41

“Serve unità per le sfide del futuro”. Così il presidente Obama nel suo secondo discorso dell’Unione


Tagli alla spesa federale e innovazione potranno rilanciare la competitività dell’America sul mercato globale. Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in uno dei passaggi del discorso sullo stato dell’Unione. Il capo della Casa bianca ha poi chiesto agli americani di affrontare sacrifici e difficoltà. E, parlando di fronte al Congresso, ha sottolineato la necessità di farlo in modo bipartizan. Ma come valutare complessivamente questo intervento, il secondo del suo mandato? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Tiziano Bonazzi, docente di Storia Americana all’Università di Bologna:RealAudioMP3

R. - E’ un presidente che, in questo momento, si sente forte. L’approvazione dell’opinione pubblica nei suoi confronti è cresciuta oltre il 50 per cento: c’è un clima migliore nei suoi confronti e di conseguenza ha cercato di dimostrarsi pragmatico. Ha fatto un discorso – direi – più centrista che di centrosinistra.

D. – Ha puntato soprattutto sulla ripresa economica: la crisi, dunque, continua a pesare sugli Stati Uniti e sugli umori degli americani?

R. – Senza dubbio sì, moltissimo. A me sembra interessante che abbia detto che gli Stati Uniti debbano riuscire, nel giro di alcuni anni, a raddoppiare le loro esportazioni: il che vuol dire tornare a produrre, basandosi meno sull’economia finanziaria.

D. – Professore, colpisce molto però che in questo discorso sia mancato un accenno alle politiche sociali…

R. – Assolutamente sì, ma questo fa parte di una strategia del presidente Obama, che si trova di fronte ad un partito repubblicano che è spaccato in due, fra repubblicani moderati e gli estremisti del famoso movimento “tea party”. Ritengo che un discorso di questo genere sia rivolto soprattutto ai repubblicani moderati, che hanno in mano il destino del Congresso: con il loro voto possono o distruggere le politiche del presidente oppure, se le trovano abbastanza consentanee, aiutarle. E’ in questo senso - ritengo - che Obama non si sia gettato in una direzione - come quella di aumentare le spese sanitarie o di aumentare le spese sociali - che tutti i repubblicani indubbiamente rifiuterebbero.

D. – Ciò che emerge da questo discorso è sicuramente la necessità per gli Stati Uniti di rimanere uniti, anche politicamente. Ci riuscirà Obama?

R. – C’è stato un simbolo significativo: i deputati e i senatori non si sono divisi in due gruppi fra i due partiti, ma si sono seduti assieme - repubblicani e democratici - così come capitava, e tutti portavano un piccolo segnale bianco e nero per ricordare i morti e i feriti della strage di Tucson. Credo che quello che è avvenuto a Tucson abbia fatto capire che ci sia bisogno di una unità che il presidente indubbiamente deve favorire, ma che deve però nascere effettivamente dalla nazione. (mg)

Tunisia
Resta alta la tensione in Tunisia, dove il governo ha chiesto all'Interpol un mandato di arresto internazionale per l'ex presidente Ben Ali, la moglie e altri membri della famiglia, fuggiti in Arabia Saudita il 14 gennaio scorso, a seguito delle proteste antigovernative. Il ministro della Giustizia, Lazhar Karoui Chebbi, ha detto che Ben Ali e la moglie sono accusati di "acquisizione illegale di beni mobili e immobili" e "trasferimenti illeciti di valuta straniera verso l'estero". Il titolare della Giustizia ha inoltre informato che circa 11 mila prigionieri sono fuggiti dalle carceri tunisine dall’inizio dei disordini. Intanto, anche oggi sono in corso manifestazioni a Tunisi davanti alla sede del governo, dove in mattinata la polizia ha lanciato lacrimogeni per disperdere i dimostranti.

Libano
All'indomani dei disordini che hanno accompagnato la nomina a premier incaricato del deputato Najib Miqati, provocando 35 feriti, in Libano oggi è tornata la calma con le forze di sicurezza che continuano a presidiare le strade di Beirut, di Tripoli e di diverse altre città. Intanto, sono state avviate le consultazioni in vista della formazione di un governo di unità nazionale. Nelle prossime ore, l’incontro tra il primo ministro designato Miqati e il capo del governo uscente, Hariri, che ha già rifiutato l’ipotesi di entrare nella compagine. I suoi sostenitori ieri sono stati i protagonisti degli scontri con le forze dell’ordine. Domani, sarà la volta degli incontri con i gruppi parlamentari.

Albania
"Prima di tutto dobbiamo vedere la fine delle violenze, perché questo non è il modo europeo di risolvere le dispute politiche''. Questo il messaggio che Miroslav Lajcak, inviato dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, ha portato ai leader politici albanesi oggi a Tirana, con i quali ha discusso della crisi politica nel Paese. ''Ho chiesto loro di condividere la responsabilità di prevenire ogni ulteriore violenza, ho chiesto che le istituzioni funzionino e che siano rispettate'', ha aggiunto il direttore per i Balcani occidentali del nuovo servizio diplomatico europeo. Intanto, il premier Sali Berisha sta valutando l'ipotesi di rinunciare alla manifestazione convocata per sabato prossimo dal suo partito. “Esamineremo la possibilità di una cancellazione per sabato. L'obiettivo di quella manifestazione è semplicemente quello di condannare la violenza, ma ora c'è un altro modo di condannarla”, ha affermato, in una dichiarazione riportata sul sito del governo.

Afghanistan
In Afganistan, il presidente Karzai ha partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo parlamento afghano a Kabul, segnando l'avvio della seconda legislatura dalla fine del regime talebano. Il presidente afghano ha fatto prestare giuramento collettivamente ai parlamentari sul Corano, mentre quelli non eletti hanno minacciato azioni di protesta in attesa del verdetto dei ricorsi presentati in tribunale. Il capo di Stato si è poi rivolto ai talebani, chiedendo ancora di rinunciare alla violenza ed accogliere gli sforzi dell'Alto consiglio della pace per la riconciliazione nel Paese.

Gabon
Il Gabon alle prese con due presidenti. Ieri, il leader dell'opposizione, André Mba Obame, che contesta l’elezione di Ali Bongo a capo di Stato nel 2009, ha prestato giuramento a Libreville come presidente e, in una dichiarazione diffusa dalla sua televisione, ha annunciato la composizione del suo governo. Il leader ha dichiarato di aver voluto eguagliare la vicenda del doppio presidente in atto in Costa d’Avorio.

La Russia ratifica l’accordo Start per la riduzione delle armi nucleari
È “una buona notizia per la sicurezza e la stabilità internazionali”. Così il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, a proposito della ratifica del trattato START sul disarmo nucleare da parte del Consiglio della Federazione russa, all’indomani del "sì" della Duma di Mosca. Il trattato Usa-Russia entrerà in vigore nelle prossime settimane, dopo la firma del capo del Cremlino, Medvedev. A fine dicembre 2010, era avvenuta la ratifica da parte di Washington. L’approvazione del parlamento russo giunge nel giorno del lutto nazionale decretato dalle autorità in memoria delle 35 vittime dell’attentato di lunedì scorso all’aeroporto di Mosca. Della nuova intesa sul disarmo parla Giorgio Alba, ricercatore indipendente di non proliferazione nucleare, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - Con questo nuovo Trattato cambia il ruolo che svolge la Russia nei confronti della questione nucleare. Mosca da partner potenziale diventa un partner reale nei confronti degli Stati Uniti. Quindi si è assistito a un progressivo spostamento iniziato negli anni Ottanta con Gorbaciov e l’Unione Sovietica: la Russia è diventata nel corso degli anni un partner non ostile, un partner commerciale. E oggi diviene un partner importante sulle questioni del disarmo nucleare, della non proliferazione. Anche sulla questione del terrorismo, in questo caso, si apre una possibilità di un maggiore dialogo nella prevenzione di quello nucleare.

D. - In particolare, per la Russia, quanto è importante che l’approvazione dello START sia avvenuta a pochi giorni dall’attentato disastroso all’aeroporto di Mosca?

R. - Per la Russia è molto importante. Questo Trattato sarebbe stato approvato comunque, anche al di là dell’attentato. Ma la vicinanza tra l’attentato, l’approvazione dello START e anche il discorso sullo stato dell’Unione di Obama indicano che alcune questioni sono importanti nell’agenda internazionale e - come il cambiamento climatico - devono essere affrontate con un partenariato, quindi con un dialogo tra le principali potenze, senza polemiche. La direzione da seguire è quella della riduzione degli armamenti nucleari, il che significa che oggi il principale carico di lavoro, la principale responsabilità ricade sugli Stati Uniti e sulla Russia, perché posseggono circa il 95 per cento di ordigni nucleari. Successivamente, però, sarà necessario che anche Paesi come la Cina, la Francia, ma anche l’India - che non fa parte del Trattato di non proliferazione - o come il Pakistan entrino a far parte di questo dialogo per stabilire come ci si stia spostando da questo mondo, nel quale esistono ancora ventimila testate nucleari, a un mondo in cui le armi nucleari siano abolite. (bf)

Russia, attentato
Prime sanzioni dopo l'attentato di due giorni fa all'aeroporto Domodedovo di Mosca, costato la vita a 35 persone. Il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, ha licenziato uno dei capi del Dipartimento per la sicurezza nei trasporti del Ministero dell'interno e ha dato due settimane di tempo al governo per rafforzare i controlli dei passeggeri negli aeroporti. Intanto, il ministro dell'Interno, Rashid Nurgaliev, ha licenziato il capo e i due vice del posto di polizia presso l'aeroporto. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 26







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