I 35 conflitti che insanguinano il mondo presentati in un "Atlante" dall'Associazione
46° parallelo
Un lavoro giornalistico che non pretende di essere esaustivo né vuole dare giudizi,
ma solo raccontare la guerra per cercare e pretendere la pace. E’ questo “ L’Atlante
delle guerre e dei conflitti del mondo” curato dall’"Associazione 46° parallelo" per
l’editrice Terra Nuova, e presentato ieri alla stampa. Trentacinque schede relative
ad altrettante realtà mondiali, raccontano gli scontri armati in atto o le situazioni
a rischio, spiegandone le cause, i protagonisti e i termini. Si tenta così di colmare
la scarsa cultura di esteri che c’è nel giornalismo italiano e di diffondere l’esatta
conoscenza della realtà, soprattutto tra i giovani. Il servizio è di Gabriella
Ceraso:
Raccontare
la realtà della guerra per quello che è, basta farsene un’opinione; capire che non
ha buoni né cattivi, ma solo vittime e che è incapace di risolvere i problemi. Per
questo è stato scelto il rigore e la semplicità stilistica dell’Atlante e la firma
di quindici giornalisti che parlano di realtà che conoscono da vicino, usano “frame”
di reportage e la cartografia dell’Onu. Il direttore dell’Atlante, Raffaele
Crocco:
“Per riflettere su cosa sia la guerra, bisogna sapere
che non viviamo in un mondo in pace: in questo momento vi sono 35 conflitti in corso
e 12 situazioni a rischio. Se consideriamo che sono 200 i Paesi che siedono, ad esempio,
alle Nazioni Unite, vuol dire uno su cinque ed è un dato spaventoso. In India, nel
Kashmir, oppure nelle Filippine, ci sono addirittura due conflitti. In Africa, ci
sono tredici conflitti e in Europa ci sono cinque conflitti in corso, di uno dei quali
– la Cecenia – ne sappiamo davvero poco”.
Quattro pagine sono assegnate
ad ogni Paese in guerra, perché sono tutti uguali, tutti importanti. Se ne spiega
il quadro generale, la geografia, la storia, l’organizzazione sociale, se ne illustra
la situazione attuale con gli sviluppi e poi si conoscono i protagonisti, da Hassan
el Bashira Manuel Santos a Benazir Bhutto. Ma si capisce anche che
cos’è l’Esercito di resistenza del Signore in Uganda o il Movimento islamico dell’Uzbekistan.
Ancora Raffaele Crocco:
“Noi cerchiamo di far capire quali siano le
cause che possono portare a una guerra e quali siano le conseguenze. Raccontiamo ad
esempio del patrimonio artistico o naturalistico, degli ecosistemi che vengono distrutti
dalle guerre, con il problema degli 'ecoprofughi': si calcola che entro il 2050 potrebbero
essere 800 milioni. La causa principale rimane il controllo delle risorse e il controllo
dei traffici e su di essi si costruiscono gli alibi, le ragioni della partecipazione
delle popolazioni alla guerra: ragioni etniche, religiose, di appartenenza, di cultura”.
L’asse
Eta-Farc nei Paesi Baschi, la guerra dei nomi nelle Filippine, le tombe sospette in
Colombia non sono aspetti meno importanti rispetto all’affare delle droghe, delle
mine o del petrolio in Iraq o in Afghanistan, eppure chi ne parla? Di guerre si sa
poco o nulla e quel poco è spesso deformato o guidato da interessi. Sono le guerre
mediatiche o le verità camuffate di cui invece parla l’Atlante. Luciano
Scalettari è uno degli autori ed una firma di Famiglia Cristiana:
“L’Atlante
è uno strumento che cerca di riempire questa lacuna informativa, perché appunto le
testate italiane trattano pochissimo di esteri e ne trattano a 'spot', quindi quasi
mai si riesce a capire il contesto in cui accade qualcosa, si rischia addirittura
di non fare buona informazione”. (ap)