Regione Lombardia: Premio per la pace consegnato al vescovo iracheno Warduni
È stato consegnato ieri pomeriggio a Palazzo Pirelli a Milano, il Premio per la Pace
2010 assegnato quest'anno dalla Regione Lombardia, a mons. Shlemon Warduni, vicario
patriarcale di Baghdad. “Questo premio – ha spiegato il presule iracheno all’agenzia
Sir – è un atto di grande gentilezza e vicinanza al popolo e alla Chiesa irachena.
Ringrazio il cielo che c’è ancora qualcuno che si occupa dell’Iraq. Un premio che
ricevo a nome di tutta la comunità cristiana”. Una realtà, quella dei cristiani iracheni,
vittima di minacce e violenze, come lo stesso mons. Warduni ha ricordato la scorsa
settimana durante un’audizione alla Commissione Affari esteri e Comunitari della Camera
dei deputati. “La presenza cristiana in Iraq – ha detto il vescovo – esiste da quasi
due mila anni. Abbiamo cooperato per la costruzione del Paese. Tanti giovani cristiani
sono stati uccisi ed hanno dato la vita per difendere l’Iraq. Per questo chiediamo
il diritto alla sicurezza e alla pace”. Il Premio era stato assegnato a mons. Warduni
nella cerimonia del 13 dicembre scorso, ma non ritirato dal presule perché impegnato,
con altri vescovi iracheni, in un’audizione al Parlamento europeo. Nella motivazione
il presidente della Regione ha ricordato “l'opera svolta dal vescovo a favore di tutti
i diritti umani e della comunità cristiana”. La situazione in Iraq continua ad essere
“difficile”, ha spiegato al Sir mons. Warduni, “non solo per la comunità cristiana
che è vittima di barbarie ma per l’intero popolo iracheno, perché un’autobomba non
sa distinguere tra un cristiano e un musulmano”. Però, “qualcosa sembra stia cambiando
nell’atteggiamento del mondo. In questi anni di burrasca non siamo stati ascoltati.
Ultimamente, invece, siamo stati ricevuti al Parlamento europeo, tedesco e italiano.
Sembra che le coscienze si siano destate, specialmente in Europa”. Venendo al ruolo
che i Paesi occidentali possono svolgere, mons. Warduni ha invocato “una maggior collaborazione
per la pace e la sicurezza, chiedendo inoltre la costituzione di un Tribunale internazionale
speciale per i crimini commessi contro i cristiani”. “Fino a quando non ci sarà la
garanzia del diritto alla vita e ad un lavoro – ha continuato – la popolazione, specialmente
i cristiani, continuerà ad emigrare. Quale libertà c’è in un Paese in cui si teme
quotidianamente per la propria vita? Il numero dei fedeli nelle nostre chiese si è
dimezzato negli ultimi anni”. Dall’altra parte, ha concluso, “è importante risolvere
il problema dei rifugiati iracheni che vivono nei Paesi occidentali e, in alcuni casi,
rischiano di essere rimandati indietro. Tutti questi sono ambiti in cui l’Europa può
fare molto”. (R.G.)