Tensione in Albania tra governo e opposizione dopo gli scontri dei giorni scorsi
Dopo le violente manifestazioni antigovernative dei giorni scorsi, in Albania prosegue
lo scontro politico. Il premier Sali Berisha ha avviato un’inchiesta parlamentare,
parallela a quella della magistratura, sul tentativo di rovesciamento dell’ordine
costituzionale. L’iniziativa è stata definita un vero e proprio “golpe” dal leader
dell’opposizione socialista, Edi Rama, che ha anche chiesto l’intervento della comunità
internazionale, per evitare che il Paese ripiombi nel clima di guerra civile di 14
anni fa, quando venne archiviato definitivamente il periodo comunista. Sulla situazione
attuale, Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Quercia, analista
di questioni internazionali:
R. - Uno
scontro molto duro ed anche pericoloso, che richiama eventi di oltre 10 anni fa e
che pensavamo ormai superati. La Comunità internazionale ovviamente può e deve intervenire.
Resta il problema dell’ingerenza negli affari interni di un Paese, che è sempre un
limite difficile da aggirare: per cui la Comunità internazionale, l’Europa e in particolare
l’Italia - che rappresenta in Albania anche la stessa Unione Europea - dovrebbero
sostenere con forza la necessità di abbassare il livello della tensione e portare
i due partiti - che si confrontano da quasi due anni sul risultato delle elezioni
politiche - ad un tavolo di incontro e di confronto.
D. - C’è realmente
una possibilità di dialogo, secondo lei?
R. - La politica albanese -
in linea con tutti i Balcani - ci ha abituato ad escalation negli scontri e a radicalizzazioni
delle posizioni politiche. Credo, quindi, che senza un intervento della comunità internazionale
sia difficile che si mettano intorno ad un tavolo. Naturalmente, la prima mossa spetta
al governo, ma l’opposizione deve anche accettare di tornare in Parlamento, che ha
abbandonato da quando ha contestato il risultato del voto politico.
D.
- C’è la possibilità che questo confronto possa arrivare a qualcosa di più grave?
R.
- Abbiamo visto una pessima gestione dell’ordine pubblico. La protesta dell’opposizione
- legittima - certamente è stata una protesta violenta. Tuttavia, la risposta delle
forze di sicurezza è stata eccessiva e non coerente con gli standard democratici.
In questi scenari, ci si può aspettare ogni possibile radicalizzazione del conflitto.
Quindi è fondamentale che tutte le parti - dall’Unione Europea ai Paesi vicini e alla
comunità internazionale - vengano coinvolte affinché gli standard del confronto politico,
anche della contestazione politica, siano quelli accettabili nei Paesi candidati all’Unione
Europea. L’Albania rischia, in questo modo, di fare molti passi indietro nel cammino
per l’adesione all’Unione Europea.
D. - E’ Berisha la figura che può
traghettare l’Albania verso un futuro ingresso nell’Unione Europea?
R.
- L’Albania ha fatto molti progressi, considerato anche il livello da cui è partita
la transizione della società albanese. Di questo va dato atto sia alle forze dell’attuale
governo che dell’opposizione per aver creato le condizioni per una forma di sviluppo
anche rapido e tumultuoso, che porta con sè molte contraddizioni. Oggi sono gli albanesi
che devono scegliere quale sia la strada migliore per arrivare nell’Unione Europea:
certamente gli standard del confronto politico non sono soddisfacenti! (mg)