Netta maggioranza di ‘si’ al referendum sull’indipendenza del Sud Sudan. Mons. Mazzolari:
il popolo sud sudanese sia unito e orientato al bene comune
I risultati finali del referendum per l’indipendenza del Sud Sudan da Kharthoum saranno
annunciati, probabilmente, il prossimo mese di febbraio. Ma in base a dati parziali,
con oltre l’80 per cento di schede scrutinate, appare scontata la maggioranza di ‘si’.
La consultazione è stata indetta per porre fine a 20 anni di guerra civile fra il
Nord, a maggioranza arabo e musulmano, ed il Sud, abitato in prevalenza da cristiani.
Sugli aspetti di questo referendum che potrebbe portare alla creazione di un nuovo
Stato John Baptiste Munyambibi ha intervistato mons. Cesare Mazzolari,
vescovo di Rumbek, diocesi in Sud Sudan:
R. – Sono
tanti gli aspetti coinvolti! Anzitutto, le risorse naturali, che sono tutte al Sud:
tutto il petrolio che rimane è al Sud. L’uranio, il marmo, il granito sono tutti al
Sud! E poi la ricchezza agricola del Sud è enorme! E il Nord vorrebbe averle tutte,
queste cose, o almeno condividerle. Con l’indipendenza avviene la separazione tra
Nord e Sud e tutto diventa di proprietà dello Stato del Sud. Un altro aspetto, poi,
è la perdita di prestigio politico da parte di Khartoum. L’orgoglio di questa Nazione
del Nord è sicuramente offeso dall’incapacità di esercitare un buon governo politico
che avrebbe potuto portare all’unione.
D. – I cittadini del Sud certamente
hanno scelto l’indipendenza, anche se ancora non sono disponibili i risultati ufficiali.
Quali le sfide per la nuova Nazione?
R. – Anzitutto, la nuova Nazione
deve integrarsi. C’è bisogno di una dose enorme di perdono: perdono per il Nord e
per le guerre che abbiamo subito. Ma adesso, se ci sono ostilità, bisognerà metterle
da parte. Se abbiamo il desiderio culturale della vendetta, sarà necessario seppellirlo
per fare nascere un Paese in cui possiamo integrarci, possiamo lavorare insieme. Lavoriamo
per il bene comune perché questo Paese nasca e cammini, ma cammini unito.
D.
– Perché decine di migliaia di sud-sudanesi hanno lasciato il Nord prima del referendum?
R.
– Molti dei sud-sudanesi che erano andati a Nord sono ora fuggiti. Fuggendo hanno
perso molte delle loro proprietà, comprese le case e la terra, perché il governo non
li ha risarciti. Sono venuti al Sud per timore di un governo repressivo che, con l’indipendenza
del Sud, potrebbe creare condizioni più difficili non solo per la gente del Sud che
rimarrà al Nord. Anche la Chiesa avrà da soffrire a causa di questo governo che diventerà
sempre più islamico.
D. – Come avete accolto i profughi nel Sud?
R.
– Abbiamo creato immediatamente dei campi profughi che dovrebbero essere transitori.
La Chiesa ha delle responsabilità non solo umane ma anche pastorali. Poi ci sono le
agenzie internazionali di aiuto. Hanno registrato tutti questi rifugiati che sono
arrivati da noi perché sono scappati dal Nord. Li hanno registrati al Sud. E poi c’è
una regolare distribuzione di cibo per questa gente. (gf)