Teheran: no alla sospensione dell’arricchimento dell’uranio
Secondo ed ultimo giorno di colloqui a Istanbul sul programma nucleare iraniano alla
presenza dei Paesi del gruppo 5+1: Usa, Russia, Cina, Gb, Francia e Germania. Un appuntamento
importante, dal quale è emerso che Teheran non intende discutere di “sospensione dell’arricchimento”
dell’uranio; mostrata, invece, la disponibilità a passare uranio a basso arricchimento
alla Russia in cambio di uranio altamente arricchito, in base alla Dichiarazione di
Teheran del 2010. Sul fronte diplomatico, invece, c’è da segnalare il rifiuto di Teheran
a sostenere colloqui bilaterali con gli Stati Uniti. Sull’importanza di questo incontro,
Salvatore Sabatino ha raccolto il commento di Riccardo Redaelli, docente
di geopolitica presso l’Università cattolica di Milano:
R. – Questo
incontro tiene vivo un dialogo che in realtà è un tentativo di raggiungere un compromesso
soddisfacente per entrambe le parti, che risale ormai al 2003: sono sette anni che
ci si incontra con gli iraniani; molto spesso si è andati vicinissimi ad un accordo
ma una volta per coprire qualcuno e una volta per coprire qualcun altro non lo si
è mai concluso. In questi incontri, di sicuro, a meno di sorprese piacevoli ma molto
inaspettate, non si concluderà granché.
D. – Nel 2008 la comunità internazionale
offrì a Teheran un pacchetto di incentivi economici e politici in cambio della sua
rinuncia al programma nucleare. Questa proposta può essere ancora valida, anche dopo
il nuovo regime di sanzioni imposte all’Iran, secondo lei?
R. – Non
è una questione di offerte economico-tecnologiche. Aveva iniziato l’Europa, nel 2003,
a fare queste offerte, ma non sono mai bastate. A questo punto c’è in gioco molto
di più: il riconoscimento dell’Iran come potenza regionale, la volontà dell’Iran di
essere una potenza molto forte nella regione … Giocano molto anche le profondissime
divisioni all’interno del regime di Teheran. Noi pensiamo che la Repubblica islamica
abbia una “posizione comune” sul nucleare, e invece non è così. Molto spesso, paradossalmente,
sono proprio i radicali di Ahmadinejad che sono – o sembrano – più disponibili ad
un compromesso e meno le altre fazioni interne al regime. Quindi, le offerte economiche
da sole non bastano, non riusciranno certo a convincere Teheran.
D.
– Questa difficile mediazione vede in primo piano la Russia che si contrappone agli
Stati Uniti. Un fallimento delle trattative può portare ad una nuova frattura tra
Mosca e Washington?
R. – Le posizioni non sono poi così lontane. Lo
sono state molte volte in passato, tra Washington e Mosca. Adesso è più una questione
di sensibilità e anche una questione di interessi economici russi che sono molto forti
con l’Iran nel campo della vendita di armi, nel campo nucleare. Io non credo che ci
sarà una spaccatura tra Russia e Washington, ma certo c’è l’usuale differenza di vedute
e la differente sensibilità. (gf)