Massima cura pastorale per la preparazione e ammissione al matrimonio: così il Papa
alla Rota Romana
Occorre “avere la massima cura pastorale” riguardo alla preparazione e ammissione
al matrimonio perché coloro che intendono sposarsi sono i primi interessati a celebrare
un matrimonio valido. E’ quanto ha detto il Papa stamani, ricevendo i componenti della
Rota Romana per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Benedetto XVI ha quindi esortato
a sviluppare un’efficace azione pastorale volta a prevenire le nullità matrimoniali.
Ce ne parla Sergio Centofanti:
Di fronte
all’attuale crisi della famiglia il Papa invita ad “avere la massima cura pastorale”
nella preparazione e ammissione al matrimonio, lamentando il fatto che spesso i corsi
prematrimoniali, l'esame degli sposi, le pubblicazioni e gli altri mezzi opportuni
per compiere le necessarie investigazioni, sono visti come “adempimenti di natura
esclusivamente formale”. Infatti – osserva - è diffusa la mentalità che, “nell'ammettere
le coppie al matrimonio, i pastori dovrebbero procedere con larghezza, essendo in
gioco il diritto naturale delle persone a sposarsi”. Benedetto XVI esorta a lasciarsi
guidare dall’amore per la verità nel considerare lo ius connubii, ovvero il diritto
a sposarsi:
“Non si tratta, cioè, di una pretesa soggettiva che debba
essere soddisfatta dai pastori mediante un mero riconoscimento formale, indipendentemente
dal contenuto effettivo dell'unione. Il diritto a contrarre matrimonio presuppone
che si possa e si intenda celebrarlo davvero, dunque nella verità della sua essenza
così come è insegnata dalla Chiesa. Nessuno può vantare il diritto a una cerimonia
nuziale. Lo ius connubii, infatti, si riferisce al diritto di celebrare un autentico
matrimonio”.
Per ammettere al matrimonio sarà perciò necessaria
una seria verifica delle convinzioni dei fidanzati circa gli impegni irrinunciabili
per la validità del sacramento:
“Un serio discernimento a questo
riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani
ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare”.
I fidanzati,
cioè, devono essere messi in grado di scoprire la verità della loro vocazione al matrimonio
con le sue caratteristiche di unità e indissolubilità. Importante in questo contesto
è l'esame prematrimoniale che non deve essere considerato un mero “passaggio burocratico”:
“Si
tratta invece di un'occasione pastorale unica - da valorizzare con tutta la serietà
e l’attenzione che richiede - nella quale, attraverso un dialogo pieno di rispetto
e di cordialità, il pastore cerca di aiutare la persona a porsi seriamente dinanzi
alla verità su se stessa e sulla propria vocazione umana e cristiana al matrimonio.
In questo senso il dialogo, sempre condotto separatamente con ciascuno dei due fidanzati
- senza sminuire la convenienza di altri colloqui con la coppia - richiede un clima
di piena sincerità, nel quale si dovrebbe far leva sul fatto che gli stessi contraenti
sono i primi interessati e i primi obbligati in coscienza a celebrare un matrimonio
valido”.
In questo modo “si può sviluppare un'efficace azione pastorale
volta alla prevenzione delle nullità matrimoniali”:
“Bisogna adoperarsi
affinché si interrompa, nella misura del possibile, il circolo vizioso che spesso
si verifica tra un'ammissione scontata al matrimonio, senza un’adeguata preparazione
e un esame serio dei requisiti previsti per la sua celebrazione, e una dichiarazione
giudiziaria talvolta altrettanto facile, ma di segno inverso, in cui lo stesso matrimonio
viene considerato nullo solamente in base alla costatazione del suo fallimento”.
Il
Papa invita tutti coloro che agiscono nella pastorale familiare ad una forte presa
di coscienza circa la responsabilità in questa materia. Esorta poi i tribunali ecclesiastici
a trasmettere “un messaggio univoco circa ciò che è essenziale nel matrimonio, in
sintonia con il Magistero e la legge canonica, parlando ad una sola voce”. Ribadisce
quindi la “necessità di giudicare rettamente le cause relative all'incapacità consensuale”:
“La questione continua ad essere molto attuale, e purtroppo permangono
ancora posizioni non corrette, come quella di identificare la discrezione di giudizio
richiesta per il matrimonio con l’auspicata prudenza nella decisione di sposarsi,
confondendo così una questione di capacità con un'altra che non intacca la validità,
poiché concerne il grado di saggezza pratica con cui si è presa una decisione che
è, comunque, veramente matrimoniale. Più grave ancora sarebbe il fraintendimento se
si volesse attribuire efficacia invalidante alle scelte imprudenti compiute durante
la vita matrimoniale”.
Il pericolo - rileva - è “quello di cercare
dei motivi di nullità nei comportamenti che non riguardano la costituzione del vincolo
coniugale bensì la sua realizzazione nella vita. Bisogna resistere alla tentazione
di trasformare le semplici mancanze degli sposi nella loro esistenza coniugale in
difetti di consenso”.
Il Papa conclude le sue riflessioni invitando
a superare l’apparente contrapposizione tra il diritto e la pastorale, perché - come
diceva Giovanni Paolo II - “non è vero che per essere più pastorale il diritto debba
rendersi meno giuridico”. La dimensione giuridica e quella pastorale, infatti, “sono
inseparabilmente unite nella Chiesa pellegrina su questa terra”, in quanto “vi è una
loro armonia derivante dalla comune finalità: la salvezza delle anime”.