Il Papa: di fronte alla crisi morale ritrovare una nuova risolutezza nel compiere
il bene
“Il nostro mondo, con tutte le sue nuove speranze e possibilità, è attraversato …
dall’impressione che il consenso morale venga meno e che, di conseguenza, le strutture
alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno”: è quanto
ha detto stamani il Papa ricevendo in Vaticano dirigenti e agenti della Questura di
Roma. “Si affaccia pertanto in molti – ha proseguito - la tentazione di pensare che
le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso.
Di fronte a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo
la responsabilità di ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel
compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro
gioie e sofferenze, nelle ore felici come in quelle buie dell’esistenza terrena”.
Quindi ha aggiunto: “nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della
coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò
che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue
esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità,
la propria morale. La conseguenza più evidente è che la religione e la morale tendono
ad essere confinate nell’ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori
e i suoi comportamenti, cioè, non ha più diritto ad un posto nella vita pubblica e
civile”. Ecco il testo del discorso:
Illustre Signor Questore, illustri
Dirigenti e Funzionari, cari Agenti e Personale civile della Polizia di
Stato!
Sono veramente lieto di questo incontro con voi e vi do il benvenuto
nella Casa di Pietro, questa volta non per servizio, ma per vederci, parlarci e salutarci
in modo più familiare! Saluto in particolare il Signor Questore, ringraziandolo per
le sue cortesi parole, come pure gli altri Dirigenti e il Cappellano. Un saluto cordiale
ai vostri familiari, specialmente ai bambini!
Desidero anzitutto ringraziarvi
per tutto il lavoro che svolgete a favore della città di Roma, di cui sono il Vescovo,
perché la sua vita si svolga nell’ordine e nella sicurezza. Esprimo la mia riconoscenza
anche per quell’impegno in più che spesso la mia attività richiede da voi! L’epoca
in cui viviamo è percorsa da profondi cambiamenti. Anche Roma, che giustamente è chiamata
“città eterna”, è molto cambiata e si evolve; lo sperimentiamo ogni giorno e voi ne
siete testimoni privilegiati. Questi mutamenti generano talvolta un senso di insicurezza,
dovuto in primo luogo alla precarietà sociale ed economica, acuita però anche da un
certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto
e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza.
Il
nostro mondo, con tutte le sue nuove speranze e possibilità, è attraversato, al tempo
stesso, dall’impressione che il consenso morale venga meno e che, di conseguenza,
le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno.
Si affaccia pertanto in molti la tentazione di pensare che le forze mobilitate per
la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso. Di fronte
a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo la responsabilità
di ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene,
per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze,
nelle ore felici come in quelle buie dell’esistenza terrena.
Ai nostri
giorni, grande importanza è data alla dimensione soggettiva dell’esistenza. Ciò, da
una parte, è un bene, perché permette di porre l’uomo e la sua dignità al centro della
considerazione sia nel pensiero che nell’azione storica. Non si deve mai dimenticare,
però, che l’uomo trova la sua dignità profondissima nello sguardo amorevole di Dio,
nel riferimento a Lui. L’attenzione alla dimensione soggettiva è anche un bene quando
si mette in evidenza il valore della coscienza umana. Ma qui troviamo un grave rischio,
perché nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza,
secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e
ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze,
ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria
morale. La conseguenza più evidente è che la religione e la morale tendono ad essere
confinate nell’ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori e i suoi
comportamenti, cioè, non ha più diritto ad un posto nella vita pubblica e civile.
Pertanto, se, da una parte, nella società si dà grande importanza al pluralismo e
alla tolleranza, dall’altra, la religione tende ad essere progressivamente emarginata
e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi
si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell’uomo.
Al contrario,
per noi cristiani, il vero significato della “coscienza” è la capacità dell’uomo di
riconoscere la verità, e, prima ancora, la possibilità di sentirne il richiamo, di
cercarla e di trovarla. Alla verità e al bene occorre che l’uomo sappia aprirsi, per
poterli accogliere in modo libero e consapevole. La persona umana, del resto, è espressione
di un disegno di amore e di verità: Dio l’ha “progettata”, per così dire, con la sua
interiorità, con la sua coscienza, affinché essa possa trarne gli orientamenti per
custodire e coltivare se stessa e la società umana.
Le nuove sfide che
si affacciano all’orizzonte esigono che Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la
società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro “anima”, le loro radici spirituali
e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e
quindi all’azione pratica. La fede cristiana e la Chiesa non cessano mai di offrire
il proprio contributo alla promozione del bene comune e di un progresso autenticamente
umano. Lo stesso servizio religioso e di assistenza spirituale che, in forza delle
vigenti disposizioni normative, Stato e Chiesa si impegnano a fornire anche al personale
della Polizia di Stato, testimonia la perenne fecondità di questo incontro.
La
singolare vocazione della città di Roma richiede oggi a voi, che siete pubblici ufficiali,
di offrire un buon esempio di positiva e proficua interazione fra sana laicità e fede
cristiana. L’efficacia del vostro servizio, infatti, è il frutto della combinazione
tra la professionalità e la qualità umana, tra l’aggiornamento dei mezzi e dei sistemi
di sicurezza e il bagaglio di doti umane quali la pazienza, la perseveranza nel bene,
il sacrificio e la disponibilità all’ascolto. Tutto questo, ben armonizzato, va a
favore dei cittadini, specialmente delle persone in difficoltà. Sappiate sempre considerare
l’uomo come il fine, perché tutti possano vivere in maniera autenticamente umana.
Come Vescovo di questa nostra città, vorrei invitarvi a leggere e meditare la Parola
di Dio, per trovare in essa la fonte e il criterio di ispirazione per la vostra azione.
Cari
amici! quando siete in servizio per le strade di Roma, o nei vostri uffici, pensate
che il vostro Vescovo, il Papa, prega per voi, che vi vuole bene! Vi ringrazio per
la vostra visita, e vi affido tutti alla protezione di Maria Santissima e dell’Arcangelo
San Michele, vostro protettore celeste, mentre imparto di cuore su di voi e sul vostro
impegno una speciale Benedizione Apostolica.