2011-01-20 15:12:03

“Uno sguardo dal ponte” di Arthur Miller al Teatro dell'Opera di Roma


E’ andato in scena in prima esecuzione europea al Teatro dell’Opera di Roma, dopo la prima assoluta avvenuta a Chicago nel 1999, “Uno sguardo dal ponte”, versione operistica del noto dramma “morale” di Arthur Miller. William Bolcom, musicista raffinato e dalla grandissima esperienza artistica, rievoca, in una partitura densa di echi pucciniani, gli ambienti degli immigrati italiani negli anni Cinquanta in America, con le loro passioni, regole e sofferenze. Repliche fino al 25 gennaio. Il servizio di Luca Pellegrini.RealAudioMP3

"Eddie ha il cuore spezzato. Vivi e lascia vivere Eddie". E' il consiglio pieno di lacrime e paura che Beatrice regala al marito, la cui mente ormai vacilla, sconvolta da insane passioni, che non riesce più a sopire, poi a nascondere. Sullo sfondo, altri drammi: quello dell'immigrazione italiana a New York, della povertà, del sottobosco criminale, delle illusioni facili, condensate nell’aria cantata da Marco, immigrato illegale, che diventerà addirittura un assassino per onore: "In America andai su una barca chiamata Fame...- esclama - Non ti capisco, America!". Frase attinta dal libretto d'opera che Arnold Weinstein ha tratto dal più noto dramma “morale” di Arthur Miller - coadiuvato dallo stesso autore - “Uno sguardo dal ponte”, scritto nel 1955. L’allestimento si avvale prima di tutto di scene imponenti e suggestive di Santo Loquasto, uno spaccato della Brooklyn povera e italiana, con ampie proiezioni grigie a identificare gli spazi della città e una sezione sospesa del famosissimo ponte. E assai accurata la regia di Frank Galati, che afferma: "Scrivere non solo col cuore, ma con la coscienza", esprimendo così perché un dramma di teatro possa acquisire ancora maggiore dignità diventando addirittura un'opera lirica. Come artista americano conosce bene Miller e ne sa interpretare l'alto profilo morale, "perché, appunto, il grande drammaturgo vede una società con una morale: esistono degli imperativi - spiega - dettati dalla coscienza e dal profondo senso di responsabilità, di dovere e di consapevolezza di ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato". E la storia di Eddi Carbone si addensa proprio sul trascolorare della sua morale verso la sponda di sentimenti disastrosi, abbietti, che saranno la sua rovina, anche fisica. Un dramma, spiega ancora il regista, di "passioni immense" e dunque adattabilissime alla musica e al canto. William Bolcom, mettendo appunto in musica il libretto, ha capito come un melodramma vada diritto al nocciolo emozionale, che esplode negli interni di casa Carbone e sui moli newyorkesi. Forse è un realismo di vecchia data, ma tutti vi si adattano magnificamente, a cominciare dai solisti, che interpretano le ampie volute musicali anche quando riecheggiano più gli stili del musical che quelli del melodramma, assecondati dall’Orchestra e dalla direzione agevole e precisa di David Levi. Esempio che non tutto il contemporaneo deve necessariamente abdicare alla comprensibilità della forma, a scapito di una sintonia col pubblico. E testimonianza che l’opera è ancora un genere vivissimo e pieno di aspettative.







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