Varato il nuovo governo di unità in Tunisia. Sostegno da Stati Uniti e Unione Europea.
Ancora tensioni nella notte
Tunisia ancora una volta in primo piano nel nostro giornale radio. Ad un mese esatto
dall’inizio delle proteste è stato annunciato ieri il nuovo governo di unità nazionale.
Un esecutivo che inaugura l'era post-Ben Ali e che tenta di riportare la calma nel
Paese per condurlo alla elezioni entro sei mesi. Da Tunisi, ci riferisce Stefano
Vergine:
E intanto
inizia ad arrivare il sostegno della comunità internazionale al nuovo esecutivo. L'amministrazione
Obama saluta con favore le riforme annunciate e si aspetta che il governo tenga
presto libere elezioni nel pieno rispetto della legge. I parlamentari europei, invece,
riuniti a Strasburgo in sezione plenaria, hanno ricordato le 78 vittime delle rivolte,
ed hanno dato pieno appoggio al nuovo esecutivo per l’intero periodo pre-elettorale.
Da Bruxelles, il servizio di Laura Serassio:
Manifestazioni
contro il caro-prezzi si sono svolte in contemporanea in Algeria, poi in Sudan, ed
anche in Giordania ed Egitto. Molti economisti hanno l’impressione che anche in questi
Paesi sia arrivata l’onda lunga della crisi economica internazionale, causando, l’aumento
dei prezzi dei generi di prima necessità, a fronte di un non adeguamento dei salari.
Salvatore Sabatino ha intervistato Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia
e Solidarietà:
R. - La crisi
economica non favorisce la capacità di spesa nel momento in cui abbiamo anche un aumento
dei prezzi. Sono state o mantenute o aumentate delle tassazioni locali sui prodotti
alimentari, ma in modo particolare le origini della protesta sono fondamentalmente
delle origini politiche nazionali di forte contestazione a questa sostanziale dittatura,
che era in essere sotto la guida di Ben Ali che ha occupato il Paese in questi vent’anni,
non solo politicamente, ma anche economicamente.
D. - La Tunisia è un Paese
che ha da sempre avuto legami strettissimi con l’Europa. Quanto questa vicinanza e
la conoscenza che il popolo tunisino ha di livelli di vita occidentali, può avere
influito su questa protesta, secondo lei?
R. - Credo che questo abbia certamente
influito. La Tunisia è vicinissima a noi, anche all’Italia e credo che il confronto
con i livelli economici, ma anche con gli standard politici di molti Paesi europei
abbia certamente contato.
D. - Molti osservatori parlano di una comunità internazionale
piuttosto debole nei confronti di questa situazione. Perché secondo lei, perché ci
sono stati molti investimenti in Tunisia da parte dei Paesi occidentali?
R.
- Io credo che da un lato ci siano sicuramente molti coinvolgimenti; per certi aspetti
ha colpito il silenzio nei confronti di Ben Ali, che per molti anni è stato considerato
un amico di molti e che oggi più nessuno ricorda nemmeno di aver conosciuto. Credo,
inoltre, che ci siano difficoltà ad intervenire, anche perché è molto difficile. Si
teme il contagio, ma il contagio che cosa significa? Forse, se c’è un Paese, dove
il contagio può avvenire, questo è la Libia, non l’Algeria. Un elemento, che è certamente
interessante, è che non sembra esservi alcun ruolo dei leader fondamentalisti in questa
protesta, anzi sembra che siano stati messi proprio ai margini; credo che l’Europa
stia un po’ a vedere, sperando che emergano le forze democratiche che esistono.
D.
- Ora gli investitori che siano inglesi, italiani o francesi, chiedono aiuto ai singoli
Stati, che cosa avverrà da questo punto di vista?
R. - Non è estremamente difficile
ripartire con dei colloqui che vedano delle partnership internazionali. Le partnership
internazionali, obbiettivamente, esistevano prima, il difetto fondamentale è che il
beneficio di queste intese dal lato tunisino andava in poche, pochissime mani, nelle
mani di un’elite; nel momento in cui dalla parte tunisina esista un Governo con una
maggior capacità di rappresentanza, io non vedo onestamente significative difficoltà
a riprendere delle cooperazioni che vedano una performance economica tunisina anche
positiva. (ma)