Un nuovo carcere o l’udienza in tribunale: seri pericoli e scorta privata per Asia
Bibi
Asia Bibi avrà una scorta privata se dovrà muoversi per essere trasferita in un nuovo
carcere o per l’udienza al processo di appello, presso l’Alta Corte di Lahore: è quanto
riferisce all’agenzia Fides Haroon Barket Masih, leader della “Masihi Foundation”,
unica organizzazione che si sta occupando di fornire assistenza legale alla donna,
condannata a morte per blasfemia, nonchè aiuto materiale alla sua famiglia. Secondo
un rapporto dei Servizi segreti pakistani, date le minacce ricevute, Asia Bibi dovrebbe
essere trasferita in una nuova prigione femminile, probabilmente a Multan, per garantire
la sua sicurezza personale. “Ma anche questo trasferimento implica gravi pericoli
per la sua incolumità”, nota Haroon Masih. “I terroristi si possono annidare a ogni
passo, o perfino infiltrarsi fra le guardie che dovrebbero proteggerla, come è accaduto
al governatore Taseer”. Per questo la Fondazione Masihi, in accordo con le autorità,
intende organizzare un servizio di scorta privato, che sia una ulteriore garanzia
di protezione per la donna: “Oggi, visti gli ultimi eventi, non nutriamo molta fiducia
nel servizio di guardia fornito dallo Stato, composto da uomini musulmani”, rimarca.
Altro rischio per Asia sarebbe quello di comparire in tribunale: come dicono a Fides
gli avvocati difensori della donna, che stanno ultimando il rapporto da sottoporre
alla Corte, la prima udienza dell’appello si avvicina e potrebbe essere fissata entro
la fine del mese di gennaio. Ma la presenza di Asia in aula, a Lahore, è “altamente
sconsigliata, perchè la esporrebbe al tiro dei radicali, come accaduto ai fratelli
Rashid e Sajid Emmanuel, accusati di blasfemia e uccisi durante il processo, davanti
al tribunale di Faisalabad nel luglio 2010”. Gli avvocati, vista la situazione e il
pericolo reale di una esecuzione sommaria (ne sono già avvenute 34 di persone accusate
di blasfemia), chiederanno la celebrazione del processo con udienze speciali da tenersi
fra le mura del carcere. Haroon Barket Masih conclude: “Dobbiamo fare di tutto per
preservare la vita di Asia. Anche la sua famiglia oggi, che vive in un luogo segreto,
è profondamente disorientata di fronte alla piega che ha preso la vicenda e alla violenza
che si è scatenata nella società. Speriamo che, vista la mobilitazione nazionale internazionale,
Asia possa presto riacquistare la sua libertà, vista la sua innocenza”. (R.P.)