Mons. Nosiglia sul referendum Fiat-Mirafiori: né vincitori né vinti
“Non ci sono né vincitori, né vinti”. E’ il commento dell’arcivescovo di Torino, mons.
Cesare Nosiglia, riguardo al referendum che si è svolto nei giorni scorsi nella fabbrica
Fiat di Mirafiori a Torino. Mons. Nosiglia ha seguito la vicenda Fiat “con partecipazione,
sofferenza e preghiera”. Ora - ha detto - si tratta di “gestire bene il futuro con
la massima responsabilità da parte di tutti”. Ascoltiamo mons. Cesare Nosiglia,
al microfono di Luca Collodi:
R. - Credo
che la volontà di investire sia stata detta, ripetuta e riconfermata anche dalla proprietà
e dell’amministratore delegato. Insomma, c’è questa disponibilità. Però credo che
sia i sindacati, sia l’azienda debbano ritrovare la via del dialogo, del dialogo costruttivo,
in un clima di maggiore serenità, di maggiore concordia, perché qui non ci sono vinti
o vincitori. Credo che sostanzialmente tutti i sindacati abbiano svolto un’opera anche
positiva dal loro punto di vista, perché al centro hanno messo comunque il lavoro,
hanno messo le esigenze dei lavoratori. Tutto questo credo che possa rappresentare
un patrimonio che va adesso rivisitato da parte di tutti.
D. - Molta
stampa mette in risalto che il “sì” ha vinto con l’aiuto degli impiegati, dei cosiddetti
“colletti bianchi”, rispetto invece al “no” che ha mantenuto compatto il fronte degli
operai…
R. - L’impiegato fa pur sempre parte dell’azienda: è un lavoratore
anche lui, non è mica un padrone, non è certo colui che gestisce. Quindi, si lavora
tutti insieme. Al di là di queste diatribe, che riguardano una lettura tirata un po’
da una parte e un po’ dall’altra - e che è tipica dopo un referendum che è arrivato
un po’ a dividere - io credo che i lavoratori abbiano espresso con responsabilità,
equilibrio, saggezza alcune indicazioni che vanno accolte e che vanno perseguite:
anzitutto, la garanzia del lavoro, che è diritto primario e che oggi esige anche -
di fronte alla globalizzazione e al mercato - dei sacrifici, che una volta magari
non si facevano; e, l’impegno che chi lavora sia tutelato, nelle proprie necessità
personali, di giustizia, in quelle familiari e sociali. Quindi, hanno dato un messaggio
che preso globalmente - perché io lo prendo globalmente, perché il “sì” e il “no”
mi interessano fino ad un certo punto, perché deve interessare soprattutto la globalità
di ciò che hanno detto insieme i lavoratori - ha espresso aspetti diversi, ma che
hanno tutti un unico fine, che è quello di lavorare e lavorare con quella serenità,
con quella forza di volontà e di sacrificio da parte loro, ma anche di impegno da
parte dell’azienda di costruire le migliori condizioni, perché possano veramente promuovere
la loro persona, le loro famiglie e l’intera società attraverso il loro lavoro. (mg)