Tunisia: non si ferma la violenza dopo la fuga del presidente Ben Ali
Resta tesa la situazione in Tunisia dopo i disordini avvenuti nella notte in seguito
alla fuga del presidente Ben Ali in Arabia Saudita. Scontri a Monastir dove è stata
incendiata la prigione e ci sono almeno 42 vittime, mentre a Mahdia le vittime sono
almeno 10. Intanto, cresce la preoccupazione internazionale per una soluzione democratica
della crisi. Il servizio di Stefano Leszczynski:
Il premier
tunisino, Mohammed Ghannouchi, che ha assunto la guida del Paese dopo la fuga all'estero
del presidente Ben Ali, ha avviato le consultazioni con i principali partiti per la
formazione di un nuovo governo di coalizione, capace di indire delle nuove elezioni
presidenziali entro i prossimi 60 giorni. Il Consiglio costituzionale tunisino ha
infatti ufficialmente riconosciuto che la sede presidenziale è vacante. Intanto, l'Unione
Europea ha ribadito per voce dell'Alto rappresentante per la politica estera e di
sicurezza comune, Catherine Ashton, la "disponibilità a contribuire a trovare soluzioni
democratiche durature". Un appello del tutto simile è giunto anche dal Segretario
generale dell’Onu Ban Ki-moon. Al momento la situazione ha riacquistato una relativa
calma e sono stati riaperti gli aeroporti e lo spazio aereo. Per le strade della capitale
presidiate dall’esercito si trovano soprattutto gli stranieri che cercano di lasciare
il Paese. Lo stato di emergenza proclamato dal governo ad interim ieri sera perdura
anche se a Tunisi è stato al momento sospeso il coprifuoco. Più difficile la situazione
nella città di Monastir dove è stata data alle fiamme la prigione e decine di detenuti
sono stati uccisi durante un’evasione di massa, stessa scena anche nella città di
Mahdia, dove i morti sono almeno 10. Disordini e saccheggi si sono verificati anche
a Biserta, 60 km a ovest di Tunisi sulla costa. Secondo fonti vicine all’opposizione
vi sarebbe un coinvolgimento anche di esponenti della forza di sicurezza presidenziale
nei saccheggi in corso negli ultimi giorni in Tunisia, tanto che anche il capo della
Guardia presidenziale, Ali Seriati, sarebbe stato arrestato.
Sull’attuale
situazione dopo la fuga del presidente Ben Ali, ascoltiamo l’inviato speciale del
Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, raggiunto telefonicamente a Tunisi
da Giada Aquilino:
R. - Tutto
è in sviluppo. Bisogna vedere cosa succederà nelle piazze, cosa faranno queste bande
di ragazzini, di gente delle periferie, che hanno assaltato in modo disordinato negozi,
uffici, banche. L’importante è che adesso ritorni la calma e non è affatto detto che
ciò avvenga. C’è poi un grande scontro di potere all’interno degli organismi dirigenziali:
non è detto che la compagine che vediamo oggi duri fino al voto. Bisogna instaurare
tutta una serie di meccanismi, fare in modo che si arrivi davvero alle elezioni.
D.
- Ci sono rischi che frange estreme possano prendere il sopravvento?
R.
- Questo è sempre stato il motivo, per le potenze occidentali - Stati Uniti ed Europa
in testa - per puntellare, in qualche modo, Ben Ali. La Tunisia, come già detto nei
giorni scorsi, è un Paese laico e quella di queste ore è una rivolta laica, però c’è
da chiedersi quali sono i gruppi organizzati veramente in grado, in questa regione,
di gestire delle persone, di avere dei soldi, dei fondi. Innanzi tutto Al Qaeda; poi
i Fratelli musulmani, che in Tunisia non ci sono, ma non dimentichiamo che questo
caos allarga i controlli alle frontiere, le rende più elastiche e permette ad eventuali
“cellule dormienti” di agire, di aggiungere caos al caos. Questa è la paura di tanti.
Bisogna dire inoltre che c’è l’esercito e, forse, il politico che più riuscirà ad
ingraziarselo, a lavorare con esso, sarà quello che gestirà la transizione verso le
elezioni. (vv)