2011-01-15 15:19:12

Referendum su Mirafiori: vince il sì all'accordo


In Italia con il 54,1% di sì, i lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori hanno approvato l’accordo siglato lo scorso 23 dicembre tra azienda e sindacati metalmeccanici. Ad eccezione della Fiom-Cgil, che rifiuta tuttora qualsiasi firma tecnica, chiede di riaprire la trattativa sulla rappresentanza e si prepara allo sciopero generale. Per l’Amministratore delegato Marchionne la scelta è storica e non intacca i diritti dei lavoratori. Il governo, col ministro Sacconi, parla di una nuova fase nelle relazioni industriali e richiama l’azienda agli impegni presi. Per il Pd il risultato va rispettato ma anche il disagio dei lavoratori. Il servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Lo scrutinio, terminato soltanto all’alba, ha registrato, a lungo, un vero e proprio testa a testa. Decisivo si è rivelato il massiccio consenso degli impiegati, mentre nei reparti del montaggio la maggioranza si è espressa per il “no”. Altro dato significativo è l’altissima affluenza ai seggi. Ha votato infatti il 96 per cento: 5218 lavoratori su 5431 aventi diritto. “Una decisione sofferta: hanno vinto le ragioni del lavoro”, è il primo commento dei leader di Cisl e Uil, che - assicurano - saranno tutelati anche coloro che hanno votato contro. L’accordo per Mirafiori, che compreso l’indotto riguarda 70 mila dipendenti Fiat, ha lacerato i rapporti tra sindacati, con i metalmeccanici della Cgil in prima linea contro il piano Marchionne, piano che prevede dal prossimo anno la produzione Mirafiori di Suv per i marchi Gip e Alfa Romeo. Tra i punti principali dell’accordo: lotta all’assenteismo, aumento dei turni settimanali, riduzione delle pause, incrementi di salari, grazie soprattutto alle maggiorazioni per il turno di notte.

Per un commento sull’esito del referendum, al microfono di Gabriella Ceraso, Michel Martone, ordinario di diritto del lavoro alla Luiss di Roma:RealAudioMP3

R. - Si tratta di un risultato sofferto ma importante, perché l’industria automobilistica adesso ha un futuro nel nostro Paese, un futuro di rilancio, di investimenti. Il sindacato, ora, è di fronte ad una nuova, straordinaria sfida: esigere che la Fiat e Marchionne rispettino gli impegni che hanno preso con quest’accordo per mantenere l’industria automobilistica nel nostro Paese. I lavoratori se lo meritano. Se lo meritano perché sono andati a votare, dando una prova importante di democrazia e perché hanno accettato un regime di lavoro che è particolarmente faticoso e per il quale si impegneranno.

D. - I decenni di lotte sindacali e di conquiste per i diritti dei lavoratori sono compromessi?

R. - Non c’è lesione dei diritti riconosciuti dalle leggi. C’è modifica delle tutele, cioè qual è la disciplina delle pause. Allo stesso modo, rispetto ai turni orari, la modifica dei turni è probabilmente la misura più problematica, perché quando vengono cambiati i turni ad un lavoratore questi deve riorganizzare la propria vita, ma la maggioranza dei lavoratori ha accettato tutto questo. La modifica, quindi, è in ordine alle tutele e non è una riduzione dei diritti. Un punto importante da dire, però, è che questi maggiori sacrifici da parte dei lavoratori sono sacrifici che vengono remunerati e che l’alternativa, se avesse vinto il fronte del “no”, sarebbe stata ben più drammatica.

D. - A livello di rappresentatività, tutele perse o acquisite?

R. - Tutele perse a cominciare dalla Fiom. Marchionne è tornato alla tutela base, che è lo Statuto dei lavoratori. Statuto che la stessa Fiom, non più di qualche mese fa, considerava una legge fondamentale ed intoccabile e che invece, oggi, l’ha portata in questa paradossale situazione: essersi opposta ad un accordo in nome della rappresentanza della classe operaia ed essere però finita fuori dai cancelli, lontana dai lavoratori.

D. - Quali margini di discussione ci sono sotto questo punto di vista?

R. - Oggi la palla torna alle parti sociali. Adesso dobbiamo trovare un nuovo sistema di regole, che non venga imposto dal Parlamento - attraverso una legge che richiederebbe anni e che non è arrivata già nei precedenti 60 anni - ma venga invece trovato tra i sindacati, attraverso un accordo interconfederale. Un primo esempio potrebbe essere, come avevano già concordato Cgil, Cisl e Uil prima del veto della Fiom, dalla bozza del 2008, che prevedeva di importare le regole della democrazia sindacale prevista nel pubblico impiego all’interno dell’impiego privato. Anche alla luce dei risultati sarebbe importante ripartire da quella bozza per indicare un sistema di regole che sia condiviso da tutti e che venga accettato da tutti.

D. - Si è votato secondo lei anche sulla scorta della paura?

R. - Certo. La verità di questa vicenda è che dimostra la situazione nella quale noi ci troviamo. Purtroppo la pressione globale, il nostro grande debito pubblico e le difficoltà economiche nelle quali versa il nostro Paese, sono state scaricate sui lavoratori italiani.

D. - Ci sono dei doveri di responsabilità sociali anche verso il territorio oltre che doveri di responsabilità di rappresentanza cui la Fiat, da oggi in poi, va richiamata?

R. - Assolutamente. Sono doveri di responsabilità, anzitutto fare tutto quello che è necessario per rilanciare quest’azienda. Lo deve in primis ai lavoratori che hanno firmato per il “sì”, poi a quelli che hanno votato per il “no”, lo deve nei confronti del Paese e del territorio.

D. - E’ anche vero che sta solo alla sua coscienza, perché a livello di implicazioni industriali ormai è completamente autonomo…

R. - Sta solo alla sua coscienza, ma allora non avrebbe avuto senso fare tutta questa battaglia. Il punto, ora, è che venga controllata. Sono sicuro che da questo punto di vista anche il governo vigilerà, i sindacati vigileranno. (vv)







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